Recensione dello spettacolo “Non ti fissare. Tu chiamale se vuoi ossessioni” in scena al Teatro Trastevere dal 19 al 31 gennaio 2016
I ritmi e i nuovi valori imposti dal continuo mutamento della società mettono a dura prova l’essere umano che, per istinto di sopravvivenza e protezione, tende a costruirsi delle barriere mentali tali da influenzarne poi anche i comportamenti e i modi di fare che col passare del tempo finiscono per trasformarsi in vere e proprie ossessioni. A dare sfoggio e dimostrazione delle ossessioni portate a un livello estremo sono proprio i protagonisti di questa divertente e frizzante commedia che hanno saputo tratteggiare alla perfezione le paranoie più comuni di cui le donne e gli uomini di oggi soffrono: a incontrarsi sulle tavole del Teatro Trastervere sono, infatti, un ipocondriaco, una single addicted, una workaholic, un iperconnesso e un erotomane.
Sono loro a sottolineare, in modo brillante, i lati più nascosti della nuova generazione di trentenni, ossessionati dai mille e uno problemi che la società inculca loro.
Ognuno di questi cinque personaggi si fa conoscere, o meglio, riconoscere dal pubblico grazie a pensieri, parole e opinioni che ha sulla realtà che li circonda: se l’iperconnesso non smette mai un attimo di chattare, navigare in rete e scattare selfie col cellulare, la single addicted non può fare a meno di rimarcare quanto sogna l’arrivo dell’uomo perfetto con cui creerà la propria famiglia, mentre la donna in carriera non fa altro che discutere di ‘dead lines’ e di ‘project’ godendo nel trattare tutti da ‘stagisti’, l’erotomane non smette di vedere e sognare sederi femminili ovunque e l’ipocondriaco di interpretare qualsiasi segnale corporeo come l’inizio di una patologia terminale da cui non avrà scampo. Le situazioni che si creano dunque, sono a dir poco esilaranti e in alcune occasioni quasi al limite di un surreale che si vuole credere tale, ma che troppo attinge alla realtà: in questa prova, Alessandro Di Somma, Maria Antonia Fama, Ermenegildo Marciante, Lidia Miceli e Francesco Bonaccorso hanno saputo dimostrare tutta la loro bravura immedesimandosi alla perfezione con le ossessioni dei loro personaggi, dimostrando di saperle plasmare, di attingere da loro e sguazzarci dentro fino a intepretarle in quel modo diretto e semplice che piace al pubblico moderno.
La loro recitazione diventa, nel clou dello spettacolo, a livello delle migliori commedie americane in cui la risata, in questo caso piena e consapevole, è dietro l’angolo. Lo spettatore è talmente preso e coinvolto dai personaggi che non può fare a meno di ritrovare in ognuno di loro un po’ di se stesso e questa empatia gli permette di ridere, scherzare e sdrammatizzare più facilmente, a mo’ di catarsi, tutte quelle debolezze, le fissazioni, i pensieri e le paronoie che lo attanagliano nella vita quotidiana. Forse proprio perché permette di poter ridere di gusto, lo spettacolo risulta leggero, fresco e rilassante oltre che divertente, quindi tanto di cappello anche ai due sceneggiatori, Maria Antonia Fama e Lorenzo Misuraca, che hanno saputo catturare e descrivere in maniera quasi fotografica pregi, difetti e insicurezze della nuova generazione di 30enni.
Diana Della Mura
30 gennaio 2016
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