Recensione de Una tigre del Bengala allo Zoo di Baghdad, in scena al teatro Eliseo dal 29 settembre all’11 ottobre 2015
Per la riapertura del teatro Eliseo Luca Barbareschi non poteva scegliere spettacolo più appropriato. Una tigre del Bengala allo Zoo di Baghdad, di Rajiv Joseph, non è solo, per i temi trattati, una delle opere più attuali e struggenti degli ultimi anni, ma uno spettacolo che richiede un grande lavoro di preparazione. Alla fine il risultato è stato più che ottimo.
Entrare in questo teatro, sotto questa sua nuova veste è emozionante. Le promesse sono state mantenute, tutte. La cura per i dettagli è ciò che più ci lascia soddisfatti. Finalmente Roma può dire di avere un teatro che ambisce ai livelli degli altri grandi teatri europei. Adesso quello che manca è un pubblico in grado di comprendere, digerire e pensare su ciò che verrà proposto sui palchi dell’Eliseo e piccolo Eliseo. Il compito di Barbareschi, come direttore artistico, sarà anche quello di educare il popolo romano alla comprensione di un teatro in grado di far pensare e riflettere su temi profondi e delicati.
In Una tigre del Bengala allo Zoo di Baghdad, c’è molto su cui riflettere.
Ci troviamo a Baghdad nel 2003, l’esercito americano occupa una città appena liberata dal regime di Saddam Hussein.
C’è una tigre, che in prigione, nello zoo di una città devastata dalla guerra, ha semplicemente fame. E ci sono due Marines che le fanno la guardia. Questi, impreparati e impauriti, si ritrovano catapultati in una guerra, della quale non sanno veramente quale sia il significato, lo scopo. Ci sono cimeli di guerra, un water e una pistola d’oro, sottratti da Tom, uno dei due marines, direttamente dalle proprietà del figlio del grande dittatore durante un’incursione nel palazzo di Saddam. E c’è anche Musa, il giardiniere di Uday, il figlio sadico di Saddam Hussein. Musa, che prima modellava gli alberi del giardino di Uday traformandoli in animali, creando un Eden inanimato ma mozzafiato e che ora si ritrova a fare da interprete per gli americani.
Sarà l’istinto degli animali (uomo compreso), in questo vortice di violenza e ignoranza, a portare al tracollo gli eventi. La tigre, affamata, verrà uccisa per aver reciso la mano a Tom, che la stava provocando. Evento questo che porterà prima alla perdita, e poi alla ricerca. Ma perdita e ricerca di cosa? Ognuno cerca qualcosa che sia in grado di rappacificarlo con l’universo, che sia Dio, un oggetto d’oro o un rimedio ai proprio sensi di colpa.
Vivi e morti-fantasmi si ritrovano a vagare in una Baghdad limbo per le anime che ancora non sono pronte per la grande rivelazione post-mortem. E più l’anarchia si diffonde, più sono i fantasmi, a dispetto dei vivi a popolare questa città.
Il fantasma della tigre (interpretato da Barbareschi) si troverà così diviso fra la ricerca di Dio e i dubbi sulla propria natura da predatore. Le sue riflessioni sono toccanti e fanno pensare a quanto sia importante il ruolo dell’essere umano a questo mondo. Uomo, l'animale che su tutti ha il dono di un pensiero libero, per certi versi, dalla morsa feroce di istinti innati come quello che porta la tigre a uccidere atrocemente dei bambini senza nemmeno rendersene conto. Ma la natura è natura, non c’è rimedio a quel che si è, si può solo accettare se stessi. Accettare di uccidere un'altro essere vivente come avviene per Musa, solo perché il "Sole sta tramontando" (decisioni che possono portare alla pazzia). Accettare di morire, solo perché si è inseguito un vano tesoro, come avviene per Tom. O Accettare di essere una Tigre, e fare semplicemente quello che fanno le tigri, in silenzio ricordare le leggi della caccia ed aspettare, immobile, la prossima preda.
Tutti però sembrano convinti che “Quando muori non c'è né inferno né paradiso la morte è pacifica”.
Grande interpretazione di Luca Barbareschi e di tutto il cast capeggiato da Denis Fasolo e Andrea Bosca e composto da Marouane Zotti, Houssein Thaeri, Nadia Kibout, Sabrie Khamiss.
Le scene di Massimiliano Nocente, hanno fatto respirare l’aria densa e insanguinata dell’Iraq. Bella l’idea del palco completamente avvolto da una sabbia, che ad ogni spostamento, va a giocare con le luci prolungando l’idea del movimento dei corpi grazie ai resti della polvere che rimane a danzare nell’aria.
Degna di nota anche la cura nei costumi di Andrea Viotti, il gradevole gioco di luci di Iuraj Saleri, e l’armonia delle musiche di Marco Zurzolo.
La forza di uno spettacolo sta nel far pensare e ripensare allo spettatore quello che ha visto per giorni e giorni. Una Tigre del Bengala allo Zoo di Baghdad lo farà sicuramente.
Enrico Ferdinandi
2 ottobre 2015
informazioni
UNA TIGRE DEL BENGALA ALLO ZOO DI BAGHDAD
di RAJIV JOSEPH
con e regia LUCA BARBARESCHI
con DENIS FASOLO, ANDREA BOSCA, MAROUANE ZOTTI, HOSSEIN TAHERI, SABRIE KHAMISS, NADIA KIBOUT
scene MASSIMILIANO NOCENTE
costumi ANDREA VIOTTI
luci IURAJ SALERI
musiche MARCO ZURZOLO
regista assistente NICOLETTA ROBELLO BRACCIFORTI
Il trucco e parrucco di Tigre è realizzato da ROCCHETTI & ROCCHETTI S.R.L.
PRODUZIONE
CASANOVA TEATRO
ORARI SPETTACOLI
martedì, giovedì, venerdì, ore 20.00
mercoledì e domenica ore 16.00
sabato ore 16.00 e ore 20.00
prima nazionale