Recensione de La prova del topo, in scena al Teatro Studio Uno di Roma dal 9 al 19 aprile
Lo spettacolo mette in scena tematiche complesse in una chiave tragicomica efficace e ben congegnata. La trama è stata interamente scritta dal laboratorio di scrittura scenica proposto ai componenti della giovane compagnia INuovi|Teatro delle Viti in occasione della quarta residenza artistica della stagione. La messinscena e la supervisione drammaturgica sono di Michele Galasso e Antonio Careddu, mentre le musiche erano ideate dal vivo da Samovar&Marcusai.
I cinque attori rappresentano una famiglia decisamente bizzarra, composta da un padre molto autoritario, compositore e acerrimo nemico della lavatrice; una figlia adolescente, ad un passo dalla maturità e con una strana passione per il dolore fisico; un figlio che, come tutti i secondogeniti, è geloso delle attenzioni riservate alla sorella maggiore e nella sua solitudine si rifugia in un mondo di pupazzi e balocchi; una zia un po’ svampita e canterina, che si diverte a spiare i vicini con un piccolo binocolo, ed infine il maggiordomo, caratterizzato da un forte accento straniero, che è a conoscenza di tutti i segreti della famiglia e che si diverte a giocare con le loro paure e le loro debolezze.
L’unica persona assente, ma di cui si sente costantemente la presenza in ogni scena, è la madre, fuggita misteriosamente da quell’intrico di problemi e nevrosi. Tutti i personaggi tentano di uscire dalla loro posizione di stasi, dalla loro eterna condizione di topo. Per quanto tempo si può vivere soffrendo, in costante lotta con il prossimo? Proprio da questo interrogativo è nato tutto lo spettacolo, imperniato sulla possibilità di cambiare, di reagire di fronte alle situazioni difficili. Proprio come un topolino qualunque che crede di stare bene all’interno della sua gabbietta, ma un giorno decide invece di uscire, di fuggire da quella piccola prigione e si butta a capofitto in questo mondo caotico e stressante, in lotta continua per la sopravvivenza. Questa fuga da una vita che ci sta stretta è il punto di arrivo che ognuno di noi vorrebbe raggiungere, una catarsi che porta ad una rinascita interiore talmente forte da riuscire a trascinare e travolgere anche chi ci sta vicino.
Svolgere al meglio questa dolce amara commedia non era un’impresa facile, perché si rischiava di cadere nel banale o di rendere il tutto troppo pesante, ma tutti gli attori sono stati credibili, divertenti e commuoventi, in linea con la trama che non risulta per niente artificiosa o troppo caricata. Complimenti vivissimi quindi a tutto il cast di questa giovane compagnia teatrale, formata da: Gabrile Guerra, Caterina Marino, Riccardo Marotta, Maria Chiara Pellitteri, Fabiano Roggio. Anche le musiche spuntano fuori al momento giusto e contribuiscono a rendere più vivo lo spettacolo.
Veronica Mancino
18 aprile 2015