Recensione de Tutti i padri vogliono far morire i loro figli, in scena al teatro dell'Orologio dal 12 marzo al 3 aprile 2015 (sala Orfeo)
Tutti i padri vogliono far morire i loro figli, tratto liberamente da Affabulazione di Pier Paolo Pasolini, sonda il misterioso tema del teatro tragico greco della predestinazione dei figli a pagare le colpe dei padri.
Un padre, dopo la diagnosi di una malattia grave, torna dopo anni di lontananza dalla moglie e dal figlio per cercare di riallacciare e recuperare i rapporti interrotti. Lo scontro tra padre e figlio subito si trasforma in scontro generazionale, tra un fiero sostenitore delle proteste del ˊ68 e un ragazzo disilluso, studioso di filosofia che ha scelto di vivere agli antipodi del padre. Luca Mannocci veste i panni del figlio, assumendo una postura ricurva e dismessa che manterrà fino alla fine, dai dialoghi struggenti si evincono la sofferenza dell’assenza e il ripudio per il padre e per tutto quello che rappresenta.
Il sessantottino, interpretato da Mauro Santopietro, cresciuto tra le righe di Jack Kerouac, è solo l’emblema della cultura patriarcale borghese, un padre voyeur che ha protestato, ma non ha cambiato niente, che ha vissuto perseguendo i propri vizi e l’autocompiacimento. L’uomo sembra compiere le peggiori nefandezze, vuole spiare il figlio durante un amplesso con la sua compagna, tenta di sedurre la moglie per farsi sorprendere dal figlio, si congiunge con la sua fidanzata in preda all’estasi di canne e vicende autobiografiche, percuote il figlio. Ormai si avverte solo il presagio della morte, presente sin dall’inizio nel sogno dell’uomo, ma che si materializza prima nel tentato suicidio del padre e poi nel tentativo (forse onirico) del figlio. I ruoli femminili da quello della moglie (Irma Ciaramella) in perfetta tenuta borghese, a quello della fidanzata del figlio (Anna Favella) e della veggente (Chiara Mancuso), sono sicuramente di minore pregnanza, ma del resto è il testo che lo richiede, essendo volutamente focalizzato sull’universo maschile.
La riscrittura di Fabio Morgan e Leonardo Ferrari Carissimi rompe l’assioma della predestinazione, al contrario del finale pasoliniano che si chiude con l’uccisione del figlio per mano del padre, in Tutti i padri vogliono far morire i lori figli, il tormento interiore sembra portare il figlio all’estremo gesto suicida, ma l’ultima scena nega l’evidente e si ritorna al punto di partenza, alla quotidianità di una famiglia borghese.
G. P.
19 marzo 2015
informazioni
Tutti i padri vogliono far morire i loro figli
Compagnia CK Teatro
drammaturgia Fabio Morgan e Leonardo Ferrari Carissimi
regia Leonardo Ferrari Carissimi
con Irma Ciaramella, Anna Favella, Chiara Mancuso, Luca Mannocci, Mauro Santopietro
scene e costumi Alessandra Muschella
disegno luci Antonio Scappatura
tecnico luci Martin Emanuel Palma
aiuto regia Carlo Maria Fabrizi
produzione Progetto Goldstein in collaborazione con il Teatro dell'Orologio