Recensione dello spettacolo, Il più bel secolo della mia vita, in scena al Teatro della Cometa dal 10 al 29 marzo 2015
Lo spettacolo è iniziato? Sì ma gli attori dove sono? Eccoli, sono proprio qui, in platea. Così comincia lo spettacolo, con i due attori protagonisti, Francesco Montanari e Giorgio Colangeli, che interpretano le prime battute stando fra la gente.
Una scelta che non ci aspettavamo e che ci fa dimenticare della separazione pubblico - palcoscenico. L’effetto è dirompente, la gente è divertita e le battute arrivano con maggior efficacia.
Francesco Montanari è Giovanni, un trentenne molto riflessivo, introverso e riservato che vuole far qualcosa per tutte quelle persone che hanno il suo stesso “mistero da risolvere”, ovvero tutti i figli adottivi non riconosciuti alla nascita che chiedono di poter conoscere le proprie origini.
Proprio Montanari/Giovanni apre la scena distribuendo tra la platea un foglio con su scritta la sua richiesta.
L'articolo 28 della legge n. 184/1983 (che in Italia impedisce ai figli adottivi non riconosciuti di venire a conoscenza del nome della loro madre naturale fino al compimento del centesimo anno di età), nega due diritti dell’uomo: quello della conoscenza della propria identità personale e quello alla salute non potendo prevenire le possibili patologie familiari.
Nello spettacolo diventiamo i componenti della FAEGN, la prima associazione di figli adottivi adulti e genitori naturali, a cui appunto si rivolge Giovanni con grande impeto e fermezza. Giorgio Colangeli è Gustavo, un ospite invitato da Giovanni perché pochi mesi lo dividono dalla possibilità di conoscere la sua storia preadottiva e quindi l’identità della sua madre naturale. Ma questa possibilità per lui non rappresenta un bisogno necessario e indispensabile. La sua vita è fatta di "cose leggere" come andare al McDonald's, pubblicare foto su Instangram o chattare con lo smartphone e non ammette l'idea di preoccuparsi di tutte quelle cose che si affrontano negli incontri dell'associazione. Così Gustavo appare in tutta la sua diversità da Giovanni sin dal loro primo incontro-scontro in occasione della riunione della FAEGN, ma questa diversità non li divide bensì li unisce in un legame fatto di battute, quelle del quasi centenario signore, e di profondi spunti di riflessione, quelli introdotti da un ragazzo sensibile e ponderato come Giovanni. Quest’ultimo al suo fianco ha una donna molto precisa e metodica, interpretata da Maria Gorini, che non sempre lo capisce ma che allo stesso tempo lo aiuta con la sua durezza.
Lo spettacolo affronta con leggerezza dei temi difficili e impegnativi come la condizione psicologica di chi è figlio adottivo e non può conoscere la sua madre biologica: una grande solitudine colpisce Gustavo. La presa di coscienza di questa solitudine mostrerà come in realtà i due siano vicini e camminino nella stessa direzione, quella che porta alla conoscenza e non quella che copre l'ignorare di vane leggerezze.
Alessandra Cetronio
11 marzo 2015