Lunedì, 25 Novembre 2024
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Il Gabbiano... non vola proprio altissimo al teatro Vascello

"Scegliamo il nostro mondo successivo in base a ciò che noi apprendiamo in questo.
                             Se non impari nulla, il mondo di poi sarà identico a quello di prima, con le stesse limitazioni."       

                                                 

                                                           (Il gabbiano Jonathan Livingston, 1970, Richard Bach)

                                                                                       

Prendiamo il titolo di quest'opera e ragioniamoci (o se preferite "filosofeggiamoci") un po' su'.

 

Il Gabbiano... sul consueto piano di lettura è un volatile, ma facendo pochissimi passi e spingendoci ai margini e poi oltre la linea di demarcazione del limite di un secondo (ipotetico) piano di lettura il gabbiano diventa anche un simbolo, poi a voler essere lungimiranti e a voler varcare un terzo (possibile) piano di lettura il gabbiano diventa, un parlare di qualcosa ma dire d'altro, quindi un allegoria.

 

Questo volatile è il vero e proprio protagonista del dramma: lo pervade fisicamente anche se non lo vediamo praticamente quasi mai... e si incarna prima in Nina, poi nello stesso Trigorin che rappresenta un nuovo modo di fare arte che fa paura alla "vecchia guardia"  rappresentata dalla madre (Arkàdina) che in ogni sua frese e gesto tradisce la volontà di non voler perdere il posto di preminenza guadagnato con tanta fatica e dispendio di prezioso tempo, sia nell'allegoria di un infatuamento reciproco tra un uomo di 40 anni e una ragazzina di 19 anni. 

Čechov gioca su questi tre piani alternandoli e intersecandoli tra loro, dando al dramma una struttura di concatenazione di triangoli di rapporti interpersonali: "Nina - Trigòrin - Trepliòv",  "Arkàdina - Nina - Trigòrin",  "Mascia- Trepliòv - Mèdvedenko", "Dorn - Polina – Sciamràev".

 

Ogniuno di loro sembra essere indissolubilmente legato agli altri due da un filo emotivo che non fa appena in tempo a spezzarsi che già nella sua dichiarata incertezza del tutto si è andato a risaldare per poi, da lì a poco, spezzarsi nuovamente.

 

La mancanza di uno dei tre sulla scena da vita per gli altri due a un vero e proprio scompenso, e fa talmente accrescere lo stato di sospensione e inquietudine, che i rimasti sono sempre in preda al timore di essere scoperti dall'altro/a col risultato che tutte le coppie si muovono sulla scena come le ombre create da una lampada nabis durante una tempesta.

 

Malinconia, amore, incomprensione, paura, morte... il riadattamente in scena al teatro Vascello rende tutto molto più moderno e accessibile al pubblico ma pur non trascurando nessuno degli aspetti sopra elencati finisce comunque per intaccare la macchiana teatrale messa in piedi da Checov smorzando sia la caratterizzazione di alcuni personaggi (lo zio Sòrin, per esempio) sia privando di una parte del suo primitivo fascino l'intera opera.

 

 

Fabio Montemurro

 

26 gennaio 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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