Venerdì, 07 Febbraio 2025
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Erika e Omar: uno spettacolo di Enzo Iacchetti sulle barbarie del nostro tempo

“Non ha paura di scoprire con il lume dell’intelligenza il rosso della vergogna, là, nella bestialità umana, che chiude sempre gli occhi per non vederlo.” – Luigi Pirandello

Atmosfera familiare e il regista ad accogliere il pubblico in sala, questo è l’ impatto che si ha nel teatro “ Lo spazio” di via Locri. Teatro sui generis in quanto  si entra in un ambiente che  sa  di  underground,  che  ricorda  per  essenzialità  un  magazzino  seminterrato,  un centinaio di posti a sedere su sedie di plastica da sala parrocchiale, un basso palco angolare senza  sipario,  niente  distanze  fra  pubblico  e  attori.  Colpiscono, il  nero  alle  pareti, l’atmosfera fumosa e una scenografia minimale, basata sul bianco e il nero e colorata dal gioco di luci, che coinvolge anche la platea  nei momenti più significativi dello spettacolo.

A primo impatto sorge il dubbio  che si tratti di una recita scolastica. Poi si spengono le luci, cala il silenzio e il pubblico inizia un viaggio, che non lo porta, come spesso capita ad estraniarsi dalla realtà ma si trova compartecipe delle vicende narrate e viene coinvolto in pieno con spirito critico.

Jessica  e Cristian, due fidanzati  adolescenti sconvolgono l’esistenza mite  e tranquilla del loro  paesello  dal  nome,  sul  quale  gioca  l’ironia  del  regista,  di  Santa  Serena,  quando decidono con estrema noncuranza di massacrare la famiglia della ragazza. In pochi giorni i media prendono in assedio la cittadina, Jessica diventa una diva dello spettacolo e la città meta di un macabro turismo sui luoghi dell’orrore.

Il Maestro Enzo Iacchetti, regista  e produttore,  ci mostra  che non  c’è finzione, in questo spettacolo c’è più realtà che fantasia.  Il linguaggio è  diretto, semplice e schietto, e questo lo rende vero.  È  come un pugno nello stomaco quando ti fermi  a riflettere  che i mostri siamo noi, che ci accaniamo su queste vicende, smaniosi di sapere cosa può aver spinto la mente  umana  a  tanta  efferatezza.  Ci si  rende  conto  che  non  esagera,  i  personaggi  non diventano  tipi  da  commedia  ma sono  esattamente  quello  che  la  televisione  passa  tutti  i giorni in decine di talkshow. È un epidemia che contagia l’Italia intera e viene resa in scena con l’uso di dialetti che spaziano dal nord al sud. Ma non è solo un problema territoriale è anche  un male generazionale che si insinua in tutte le fasce della società, dai bambini agli adulti. Santa Serena diventa una vetrina di casi umani come si è potuto vedere in questo decennio, clero e istituzioni corrotte, bambini che non conoscono più l’innocenza, ragazzi che  prendono  tutto  con  incoscienza  e  leggerezza  come se  ci  fosse sempre  una seconda opportunità. Nell’affermazione  della protagonista “ Mettiti l’ Ipod e non li senti urlare”, c’è  la denuncia più forte di questo spettacolo. Una generazione assuefatta ai videogiochi, alla realtà spettacolarizzata, dove il male diventa spettacolo, dove non si distingue più tra realtà e finzione e dove le azioni sono anestetizzate quasi come se non fossero importanti… l’inconsistenza  della  realtà  regna  sovrana.  È  davvero  in  questo  modo  che  dovremmo vivere?

Le barbarie del nostro tempo tutta in uno spettacolo che non tralascia nulla e non fa sconti per nessuno.

 

Federica Palombi

17 maggio 2014

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 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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