Recensione dello spettacolo Allontanarsi dalla linea gialla in scena al Teatro Lo Spazio dal 17 al 19 aprile 2018
Vincitrice del Premio Miglior attrice In corto teatrale Artemia 2015 e premio Miglior Attrice/Corto finalista 2017 al Teatro Lo Spazio, Debora Mattiello ha effettuato il suo debutto nazionale proprio a Lo Spazio con lo spettacolo Allontanarsi dalla linea gialla di cui è regista e protagonista. In scena una pièce teatrale molto complessa e interessante che ha portato all’attenzione del pubblico un dei periodi più bui della storia repubblicana: “Gli anni di piombo” che vedono come protagonista il terrorismo.
Una materia così complessa viene rappresentata puntando l’attenzione soprattutto sulla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, evento terroristico in cui tocca il culmine “la strategia della tensione” messa in atto in quegli anni dai movimenti di estrema destra. I piani temporali della narrazione si intrecciano, dal presente si viaggia in quel periodo e poi si ritorna di nuovo ad oggi. Una uomo e una donna a noi contemporanei si incontrano alla stazione di Bologna, dove osservando le crepe nel muro rimaste in memoria della strage del 1980, iniziano a ricordare quel periodo. Nel rievocare quel maledetto giorno, Debora Mattiello ricostruisce pezzi di vite interrotte che si trovavano in stazione quel giorno.
La sola Mattiello, in un caleidoscopio di personaggio, passa da un’interpretazione all’altra, caratterizzando precisamente i singoli ruoli in un andirivieni nel tempo. Ci presenta la fotografia di istanti di vita ordinaria di gente comune che sta per partire, che si trova in sala d’attesa o aspetta di partire o lavora alla stazione. La caratterizzazione di alcuni personaggi avviene in chiave comica, strappando anche numerose risate al pubblico che passa da momenti di ilarità a momenti di angoscia pura quando la tensione cresce ininterrottamente prima delle tragiche ore 10.25, momento in cui la storia collettiva del Paese si è fermata per un istante creando un trauma collettivo ancora da elaborare. La rievocazione è resa ancora più realistica dalla riproposta dei telegiornali e dai giornali dell’epoca, dai dati e dai dettagli precisi con cui avviene la ricostruzione storica di quelle ore drammatiche in cui addirittura un autobus, il 37, si è sostituito alle ambulanze mancanti per trasportare le vittime all’obitorio.
Momenti agghiaccianti e commoventi resi tali sulla scena anche dal valore aggiunto delle musiche di Francesco Verdinelli.
Adeguate e riuscite le scelte registiche della Mattiello. Grazie ad una scarna scenografia composta solo da una panchina, un cappello da capotreno e una divisa appesa, grazie ad un microfono che ha sottolineato gli interventi di riflessione super partes, al disegno luci e alla sua camaleontica interpretazione, il risultato finale è un prodotto veramente originale, intenso e commovente. Sulle cause della strage, invece si accenna da lontano, ma non si indaga. Non c’è la pretesa dell’inchiesta giornalistica, ma di presentare uno spaccato storico del secolo passato. Tuttavia allo spettatore in sala la domanda: “Perché?” non può non sorgere, e uscirà da lì con questo interrogativo in testa. E se anche questo fine non è esplicito, lo è velatamente, visto che ad oggi ancora non risultano chiari i veri mandanti della strage e le 85 vittime e i 200 feriti ancora non hanno avuto giustizia. Il teatro civile, in casi come questi, si mette al servizio della memoria collettiva e diventa un incentivo alla ricerca della verità storica.
Mena Zarrelli
23 aprile 2018