Recensione dello spettacolo Godot, in scena al teatro Stabile di Roma nei giorni 23/24/25 marzo e 25/26/27 maggio 2018
Che fine ha fatto Godot? No, non è un brillante incipit che mondi ed universi immaginari vuole aprire per spiegare, definitivamente ed una volta per tutte, l’enigma beckettiano. Non è neanche un modo per rendere l’analisi di una delle più famose ed apprezzate, quanto mai controverse, opere della seconda metà del Novecento più affascinante, buttandola su un piano investigativo. No, assolutamente: qui la domanda è proprio: “Che fine ha fatto Godot?” “Perché non si è mai presentato al famoso appuntamento con Vladimiro ed Estragone?”.
Bene, se pensate di trovare la risposta in “Godot” la prima nuova produzione della stagione 2017/2018 del Teatro Stabile di Roma in realtà…troverete la stessa identica domanda. Ma allora, cos’è questo Godot?
Maria Beatrice Alonzi, direttore esecutivo nonché una delle protagoniste dello spettacolo, ama parlare di continua sperimentazione improvvisata con gli spettatori. L’improvvisazione è al centro delle serate che La Siti (Scuola e casa di produzione teatrale) regala al suo pubblico: e finalmente ci viene da dire.
Gli spettatori si fanno sceneggiatori ed entrano a far parte dello spettacolo, ammirando la loro creatura in scena.
Lasciate dunque lo scetticismo “oh voi che entrate” e lasciatevi coinvolgere in quello che è un ribaltamento della scena. Non solo comunicazione ed interazione con il pubblico, ma una strategia tutta nuova per includere il pubblico stesso all’interno di questo percorso.
La compagnia, perfetta ed impeccabile nel reagire pronta a qualsiasi stimolo che arriva dalla sala – dai sorrisi agli starnuti, dagli sguardi imbarazzati ai cigolii dei seggiolini – dimostra abilità attoriali invidiabili, frutto di un’eccellente scuola che, si spera, farà scuola.
Ma non finisce qui. Bando a Godot, che lasciamo tra il suo “andare e fermarsi” nel tempo e nello spazio scenico, quasi galleggiasse nel limbo delle interpretazioni più fantasiose (c’è chi lo fa perdere tra gli Atac di Roma e chi, sognator cortese, lo scaraventa nel bosco incantato tra Titania e Puck, di shakesperiana memoria) infatti, il nutrito gruppo di attori, offre un secondo atto che, pur muovendosi su binari più tradizionali, devia il suo percorso congiungendolo di nuovo con quello strumento magico che è ormai diventato il pubblico.
Stiamo parlando di Inmates (prigionieri): una sedia e una luce, prendono il posto del salice di legno sotto il quale Vladimiro ed Estragone attendono tra lo shall we go e il nulla. Ancora una volta sono gli spettatori ad assumersi la responsabilità delle sorti dello spettacolo, ergendosi, ora a giudici del destino di cinque detenuti, ma non solo. Per alcuni di essi, infatti, è sempre il pubblico a tenere in mano il gioco ed i fili, decidendo ed esplicitando a voce alta, questo o quel reato commesso dall’inerme imputato. Inerme sì, ma che, improvvisamente, come attraversato da un vento ispirato, prende vita dando forma alla sua storia.
Ancora una volta ci troviamo di fronte alla bravura degli attori e di Giorgia Mazzucato (Direttore Artistico e Didattico), attrice, autrice e regista allieva, tra gli altri, di Dario Fo e Franca Rame, vincitrice con i suoi spettacoli originali di moltissimi premi nazionali e internazionali, tra i quali ricordiamo, lo scorso luglio, l’ambito Best & Outstanding International Artist al San Diego Fringe Festival 2017, San Diego, California.
L’idea della regia dello spettacolo Godot, per concludere, nasce dalla volontà di non riproporre un’altra messa in scena dell’opera, ma di prendere ispirazione dal capolavoro e guardarci attraverso, lasciandosi trascinare e immaginando nuove storie da vivere e ricordare, grazie all’interazione con il pubblico, che caratterizza molte delle produzioni del nuovo Teatro Stabile di Roma®.
Godot, quindi, non sarà mai uguale a se stesso ed ogni serata a teatro sarà diversa da quella precedente: ma, è forse proprio questa la vera essenza di “Godot”? Non lo sappiamo, d’altronde anche noi, a questo punto, stiamo improvvisando.
Federico Cirillo
26 marzo 2018