Mercoledì, 27 Novembre 2024
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La prova d’amore per Una ragazza lasciata a metà

Recensione dello spettacolo Una ragazza lasciata a metà in scena al Teatro Argot Studio dal 6 al 10 dicembre


Testo frammentato, caotico, dai contenuti devastanti come devastata è l’interiorità della sua protagonista, Una ragazza lasciata a metà è una storia difficile da leggere già solo per il linguaggio con cui la sua autrice, Eimear McBride, ha deciso di scriverne. Portarla in scena, come ha fatto Elena Arvigo al Teatro Argot Studio, è certamente espressione di grande coraggio e una dichiarazione d’amore per questa ragazzina irlandese troppo desidera e così poco amata.

Figlia di una ipercattolica che scambia la fede con le pratiche esteriori ma non possiede un briciolo di umanità e di un padre che lascia la famiglia appena le cose si mettono davvero male, la sua unica stabilità affettiva è rappresentata da quel fratello maggiore così fisicamente vulnerabile a causa di un tumore infantile che gli ha lasciato una vistosa cicatrice in testa e inevitabili danni permanenti.

Lei, invece, è bellissima e apparentemente perfetta: finirà con l’attirare le attenzioni dello zio, che dichiarerà di amarla nel modo più abominevole, e di una sequela infinita di comparse sessuali che prendono quello che lei desidera saccheggino in un disperato tentativo di sentire qualcosa. Per anestetizzarsi da quella realtà da cui pare possibile liberarsi solo con grande sforzo, degradanti umiliazioni e un immenso senso di colpa: perché ogni momento di godimento estremo, dolore inflitto, animalesca carnalità la rende caducamente dimentica di quell’unico legame fondamentale – quello fraterno - che, tragicamente, è avvertito come peso di portata atlantica.

La scelta registica è molto forte e rischiosa: recitare il testo leggendolo dai diversi leggii sparsi per il palco. Nonostante la grande suggestione degli elementi scenici - quei lunghi manufatti creati ad hoc da Alessandro Di Cola o il frusciare delle foglie secche sparse sul pavimento, calpestate come le esistenze di ognuno dei personaggi - il pericolo è quello di un reading involontariamente freddo dove credibilità e immedesimazione si ritrovano a rimbalzare senza soluzione di continuità dagli occhi del pubblico alle parole su carta. Invece, attrice estremamente sensibile qual è, Elena Arvigo riesce a regalare una interpretazione toccante, frastornata, viscerale, consegnando al pubblico una sorta di struggente lettera scritta dal luogo più solitario del mondo: l’anima di questa giovane.


Cristian Pandolfino

13 dicembre 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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