Recensione dello spettacolo Due donne ai raggi X in scena il 7 novembre 2017 al teatro Sala Umberto di Roma
In occasione dei 150 anni dalla nascita della scienziata Marie Curie, il Teatro Sala Umberto di Roma ha reso omaggio a questa straordinaria donna con uno spettacolo andato in scena il 7 novembre 2017. Due donne ai raggi x, di Gabriella Greison e Giampiero Cicciò con la stessa Greison, ripercorre la vita della Curie, una delle personalità più influenti del XX secolo. Marie Sklodowska originaria della Polonia, mostra fin da bambina un ingegno precoce e vivo interesse per la matematica e la fisica. La Greison ce lo racconta in un monologo in cui, nelle vesti di una ricercatrice che sta per ricevere un premio dall'Istituto Curie, entra ed esce continuamente dai panni della Curie immaginando un suo ipotetico dialogo con Dio, con cui la scienziata aveva interrotto ogni "rapporto" dopo la prematura scomparsa della madre e della sorella. E così sviscera i momenti più intensi di una vita fuori dal comune, sempre intensa e mai banale.
Ci parla dell'incontro con il futuro marito, Pierre Curie, da cui prende il cognome ed allora docente universitario alla Sorbonne di Parigi; del loro innamoramento; del loro matrimonio e della condivisione totale della passione per la scienza. La loro felicità sarà poi spezzata dalla morte improvvisa di Pierre investito da un carro che la lascerà con due bambine e con il Nobel per la fisica ricevuto nel 1903. Ma la Curie non si perde d'animo, eredita la cattedra di fisica del marito alla Sorbonne di Parigi. Continua i suoi studi sulla radioattività e isola due elementi fino ad allora sconosciuti al mondo della chimica: il radio e il polonio. Riesce, dopo anni di esperimenti in laboratorio, ad individuare il peso atomico del radio: 225. Il prosieguo dei suoi studi la porta al secondo Nobel, questa volta per la chimica. Ma proprio in prossimità di questo evento straordinario (nessua donna ad oggi, non ha più ricevuto due Nobel per di più in due settori scientifici differenti) la sua vita viene di nuovo messa a dura prova. Viene accusata a di avere una relazione con Paul Langevin, anch'egli docentedi fisica Paul Lsngevin, sposato con 4 figli. Viene invitata non solo a lasciare la cattedra universitaria ma la stessa Francia. Le viene chiesto di non presentarsi a ritirare il Nobel, ma sostenuta dai suoi amici scienziati, tra cui lo stesso Einstein, si presenta ugualmente, sfidando pregiudizi, pettegolezzi e maldicenze di ipocriti benpensanti che non risparminano neanche il mondo accademico...
Ed è in alcuni di questi frangenti che l'interpretazione perde pathos, con il rischio di non rendere appieno la complessità del personaggio narrato. Anche l'accostamento con l'attrice Hedy Lamarr, di cui ad un certo punto la nostra ricercatrice inizia a parlare, sembra un po' forzato. L' attrice viennese, considerata una delle donne più belle del '900, fornì ai servizi segreti americani il secret communication system, probabilmente trafugato al marito a Vienna, che serve a criptare le comunicazioni via radio cambiando di continuo le frequenze. Senza rendersene conto, perfezionando l'idea di base, era giunta alla creazione dell'attuale sistema di telefonia mobile GSM, ma la portata di tali studi verrà riconosciuta solo dopo la seconda guerra mondiale. Ne scaturisce un confronto tra le due donne, una scienziata per vocazione, l'altra per caso. Una trascurata e dedita solo al lavoro e alla famiglia, l'altra ossesionata dalla bellezza e da relazioni amorose tormentate.
L'idea di base è puntare l'attenzione sulla condizione femminile del '900 che penalizzava tanto l'emancipazione della donna. Queste due donne rappresentano due diverse forme di ribellione a destini già segnati al tempo per il genere femminile, anche se il punto di contatto tra le due che dovrebbe essere la scienza appare dubbio. Ma al di là di queste criticità, lo spettacolo risulta ben riuscito per l'intento divulgativo con una drammaturgia intensa e coinvolgente.
Mena Zarelli
15 novembre 2017