Recensione dello spettacolo Le tre sorelle, opera delle più rappresentative del ‘900, dal 10 al 22 ottobre 2017 al teatro Lo Spazio
Dal 10 al 22 ottobre 2017 il Teatro Lo Spazio, sito a ridosso della Basilica di San Giovanni in Laterano, ha ospitato la rappresentazione teatrale di una delle più note opere di un autore sacro del teatro del Nocevento: “Le tre sorelle” di Anton Checov. La trama, nota ai più, più che narrare eventi, ci parla di stati d’animo, di insoddisfazioni profonde e radicate di tre sorelle infelici del luogo in cui vivono, del lavoro che fanno e della loro vita di relazione.
Mascia, Olga e Irina vorrebbero essere sempre altrove, a fare altro e a vivere con altri. Purtroppo però questo non sarà possibile e nessuno dei tredici personaggi presenti in scena compirà un’evoluzione e realizzerà il proprio progetto di vita. Dunque il dramma di Checov è la celebrazione dell’incompiutezza delle aspirazioni umane, frustrate e deluse da un destino ineluttabile e, come si evince dal monologo finale tragico, dall’attesa di dare un senso a questa sofferenza.
Checov dà voce a numerosi personaggi che ruotano attorno alle tre sorelle figlie del generale Prozov: si tratta di Andrej, loro fratello sposato con una donna nevrotica e dalla dubbia condotta di nome Natasha, di esponenti anch’essi dell’esercito, dell’anziano medico Cebutykin e del barone Tuzenbach che frequentano la loro casa. Ognuno di loro ha un suo peso, una personalità differente e ben caratterizzata dall’autore, che scandaglia a fondo le complesse pieghe dei loro animi.
Al teatro Lo Spazio, il regista Lorenzo De Liberato sceglie di uscire fuori dal palcoscenico, prolungando la scena tra il pubblico disposto lateralmente alla rappresentazione. I personaggi si muovono in questo spazio in cui a volte avvengono le scene parallelamente. Gli attori ben calati nella parte e ben diretti rendono però poco credibilli i personaggi come nel caso del medico Cebutykin di sessant'anni e di Vershinin, anch’egli uomo attempato, a cui prestano il volto attori giovani con notevole differenza d’età rispetto ai loro personaggi, per cui si avverte qualcosa che stride nella messa in scena, qualcosa di finto.
Manca poi l’angoscia del passare del tempo e della disillusione, caratteristica di quest’opera, che dovrebbe serpeggiare tra il pubblico, anche senza i dialoghi. L’attenzione della regia sembra più rivolta su una recitazione tecnicamente perfetta che sul messaggio checoviano che difficilmente è arrivato l pubblico. Il nostro giudizio, nonostante la’ attesa dell’inizio dello spettacolo di quasi un’ora, che avrebbe potuto scoraggiare anche il critico più motivato, resta però positivo sul prodotto finale, considerando la coraggiosa scelta di mettere in scena Checov e l’impegno mostrata dagli attori Francesca Bellucci, Luisa Belviso, Alessandro De Feo, Ludovica Di Donato, Alessio Esposito, Lorenzo Garufo, Fabrizio Milano, Gioele Rotini, Marco Usai, Irene Vannelli che hanno vestito i panni dei tredici personaggi dimostrando una notevole abilità e preparazione nello studio dei loro ruoli.
Mena Zarrelli
21 ottobre 2017