Lunedì, 25 Novembre 2024
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FIGLIE D’EGITTO ovvero LE SUPPLICI: a Segesta il tramonto di Oriente e Occidente

Recensione dello spettacolo FIGLIE D’EGITTO ovvero LE SUPPLICI in scena il 3 agosto al Teatro Antico di Segesta

Superato con gli occhi il Tempio Grande di Segesta, uno dei meglio conservati del mondo greco, arrivo finalmente sulla cima del Monte Barbaro dove sorge l’antico teatro. Mi ritrovo a calcare le gradinate della cavea domandandomi quanti, prima di me, han compiuto gli stessi passi per ammirare spettacoli simili: i suggestivi effetti del crepuscolo, lo sfondo naturale di un mare che finisce per risultare indistinguibile dal cielo infinito, la calura estiva che si arrende misericordiosamente al vento. Per presenziare al debutto nazionale di FIGLIE D’EGITTO ovvero LE SUPPLICI - nuovo lavoro della compagnia bologninicosta, insignito del Premio Cendic Segesta 2016, ispirato a Eschilo e inserito all’interno del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2017 – ho percorso 350 chilometri. Ce ne vorranno altrettanti per tornare a casa ma dopo aver assistito alla presentazione del testo presso il Teatro Argentina di Roma, essere stato invitato da Sofia Bolognini e Dario Costa a seguire le prove all’interno del Villino Corsini e aver conosciuto l’intero cast non avrei potuto trovarmi da nessun’altra parte questo 3 agosto: perché l’opera di cui avevo sentito soltanto qualche passaggio a febbraio e che avevo visto iniziare a incarnarsi a metà luglio doveva venire alla luce, quella irripetibile di un angolo ancora intatto di Magna Grecia.

 

L’ingresso della Corifea/Concordia (Luisa Borini), accompagnata dalle voci del coro delle Supplici (Virginia Menendez, Serena Sansoni e Alice Giorgi) presentifica immediatamente tradizioni dimenticate solo in apparenza e una cultura del gesto che è subito poesia: in contrasto con loro si porranno il Principe D’Egitto prima e il Sovrano Di Argo poi - non a caso interpretati da un unico attore (Cesare D’Arco) – quest’ultimo accompagnato da un coro di Cittadini (Giacomo De Rose, Marcello Gravina, Aurora Di Gioia) al guinzaglio delle proprie ossessioni.

“Oriente attacca, Occidente distrugge” non è solo una delle profezie con cui si apre la tragedia, la cui ripetizione verso la fine è minaccia e monito, ma il senso attraverso cui leggere FIGLIE D’EGITTO ovvero LE SUPPLICI: un’opera che prende in prestito alcune parole di Eschilo per attualizzarne i contenuti e costringere lo spettatore a una serie di riflessioni molto spesso evitate. Come l’orrore di una democrazia in cui la maggioranza disumana vince sull’umanità, l’atroce guerra tra i sessi che finisce per contaminare ogni intenzione di pace, l’infinito dramma di chi fugge da una guerra per ritrovarsi in un luogo dove la propria essenza più intima viene temuta, giudicata, stravolta, violentata.

Il vanaglorioso strapotere patriarcale basato sulla grazia divina del Principe D’Egitto è, in fondo, indistinguibile dalle artificiose manovre politiche del Sovrano Di Argo: Cesare D’Arco riesce a donare a entrambi i giusti accenti, mescolando perfettamente brama concupiscente e repulsione verso ciò che è diverso ma di cui non si può comunque fare a meno. L’ambivalente posizione che si troverà a occupare Corifea/Concordia – evocata divinità distruttrice, vittima di tutti i soprusi della Storia, Cavallo Di Troia della civiltà attuale – è superbamente resa da Luisa Borini, specialmente durante il desolante monologo e nonostante la voce quasi le si spezzi durante la potentissima maledizione finale. I due cori, eccellentemente coreografati e tra cui spicca per intonazione canora ed espressività Alice Giorgi, svolgono il loro ruolo in maniera sorprendentemente fluida mentre le musiche originali di Dario Costa riescono a creare uno scenario sonoro in grado di mescolare gli inevitabili canoni classici a una certa contemporaneità. Infine c’è lei: Sofia Bolognini. Che una regista e drammaturga di soli 25 anni sia riuscita a portare in scena la sua prima tragedia in un teatro antico, confrontandosi con un nome come quello di Eschilo e riuscendo nell’impresa di far pronunciare ai suoi personaggi denunce talmente attuali da essere cronaca di domani pare un miracolo: uno di quelli che accadono solo se uomini e dei ti sono propizi. 

 

Cristian Pandolfino

8 agosto 2017

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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