Recensione di Per colpa di un coniglio in scena al Teatro Lo Spazio dal 14 al 24 settembre 2017
Prendete un mix di personaggi e situazioni (in)soliti, lasciate che si amalgamino fino a diventare l’uno la diretta conseguenza dell’altro e aspettate che il pregiudizio evapori. Lentamente. Fino a scomparire? Si spera. Perché è proprio questo lo scopo della commedia dal riso amaro in scena fino al prossimo sabato al Teatro Lo Spazio: esasperare i sentimenti di paura e di rigetto della diversità, declinare, in tutte le sue varianti, la tendenza all’omologazione, accentuare l’uso improprio della lingua, dei social network e della tecnologia, per “sbatterci in faccia” il ritratto di una società talmente assuefatta al pregiudizio da non riconoscerlo e combatterlo più.
Il testo di Paolo Camilli e Simone Zafferani, per il secondo anno consecutivo sul palcoscenico del teatro romano, come lo stesso Camilli (anche regista e attore coprotagonista insieme a Moira Angelastri) afferma, è surreale e politicamente scorretto. Dalla forte connotazione sociale, grazie alla versatilità e alla bravura dei due attori in scena, dà vita ad una serie di circostanze e personaggi paradossali, tra fantasia e realtà, che fanno sorridere, a volte ridere (in alcuni casi è davvero impossibile trattenersi) e sempre riflettere.
Così, una finta Alice (il suo nome in scena è Vanda, nella vita è Moira Angelastri) cerca il suo Bianconiglio (Paolo Camilli) per farsi condurre nel Paese delle Meraviglie che, solo alla fine di una serie di peripezie, scopre non esistere. Una madre impegnata a proteggere suo figlio dagli amici “con gli occhi del diavolo”, non vuole vedere la realtà dei fatti, pur di non mettere in discussione le sue assurde convinzioni (che in fondo riconosce essere sbagliate); mentre un’altra, troppo presa ad apparire, sembra quasi essersi dimenticata del suo ruolo di genitore. E ancora, c’è chi affida ad un’app il compito di selezionare le persone giuste e chi ai social network confida anche la più importante delle promesse d’amore.
In un rapido susseguirsi di cambi d’abito, registri e stili linguistici differenti (con tanto di dialetti che nord a sud fanno il giro della Penisola) e grazie ad un sapiente uso degli spazi, la narrazione non perde mai ritmo e si fa via via più divertente fino alla spaventosa rivelazione finale: “sai perché non vogliono che dormiamo? Perché chi dorme sogna e chi sogna immagina e chi immagina può cambiare la realtà”.
Fra tutti, particolarmente efficace nel suo intento di denuncia, oltre che spettacolare (anche grazie ai giochi di luci di Alessio Pascale) il momento televisivo in cui un eccentrico presentatore condivide la ricetta per cucinare il “pregiudizio”; mentre senz’altro forte e riuscita è la scelta di affidare ad un bambino e ai suoi pupazzi il racconto stereotipato dei temi più attuali: dalla questione dei migranti all’omosessualità, dalla xenofobia al razzismo.
Uno spettacolo da vedere, per ridere, ma soprattutto per interrogarsi, perché nessuno in fondo può veramente dirsi libero dal pregiudizio.
Concetta Prencipe
19 settembre 2017