Venerdì, 18 Ottobre 2024
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Il viaggio nell'Italia della lirica continua: Roma, Firenze e le altre istituzioni del Centro Sud: fra risultati scontati e luminose sorprese

Proseguiamo la nostra indagine sullo stato dell’opera lirica in Italia.

 

Chiudiamo l’analisi delle fondazioni italiane, ricordando che abbiamo tralasciato La Scala, per le caratteristiche particolari di questa istituzione e che ci soffermiamo solo sugli spettacoli lirici in scena con allestimento.

Quindi niente concerti e niente balletti.

Non perché siano meno importanti. Anzi.

I concerti hanno però caratteristiche particolari, spesso legate alle richieste del direttore d’orchestra e comunque hanno ambiti di specializzazione che possono condizionare la scelta del cast.

Per i corpi di ballo la situazione italiana è particolarmente drammatica, perché sono stati lentamente decapitati da una serie di leggi, a partire dalla Veltroni del 1996 fino alla  Bray del 2013, che hanno pensato che i bilanci si sanino tagliando il personale, non qualificando l’offerta ed allargando il bacino.

Inutile parlare per loro di percentuali  ed agenzie. Sarebbe come voler classificare i dinosauri: interessante, ma poco produttivo visto che si sono estinti, eccezion fatti per qualche raro ed innocuo discendente, ritrovato in alcune isole sperdute.

Riprendiamo quindi i viaggio , ricordando che lo stimolo è stato offerto dalle parole del Ministro Sangiuliano, a proposito di difesa del teatro, di ampliamento delle possibilità di lavoro per gli artisti italiani, di necessità di potenziamento della qualità.

A seguito della prima puntata si è aperta una discussione, interessantissima, sul peso delle agenzie ed anche questo, certamente, è argomento di non poco conto, perché i monopoli culturali sono sempre pericolosi e perché se effettivamente  questo fosse un segnale della debolezza del sistema formativo del nostro paese, la questione andrebbe analizzata da chi di dovere.

Eccoci a Roma.

La stagione lirica del teatro della capitale è decisamente sontuosa: dodici titoli di opera, cui di aggiungono balletti e concerti, senza dimenticare che esiste anche una ulteriore, importantissima, istituzione musicale romana: l’Accademia di Santa Cecilia, che  non abbiamo preso inconsiderazione perché svolge una attività prettamente concertistica .

Gli spettacoli proposti spaziano da Mozart alla musica contemporanea e sul palcoscenico si alternano alcuni fra i nomi più importanti della scena internazionale.

Per quel che riguarda la presenza di artisti italiani, è giusto dire che sono numerosi i titoli stranieri, in edizione originale e quindi non deve meravigliare che in ‘Peter Grimes’ di italiano ci sia solo il direttore, o che in ‘Salome’ undici dei diciassette interpreti siano stranieri.

Fa invece riflettere che metà degli interpreti di ‘Otello’ di Verdi e quasi la metà di quelli di ‘Turandot’ e ‘La Sonnambula’ siano d’oltralpe. Una criticità ricorrente e preoccupante, che speriamo non sia motivata da una carenza di preparazione nostrana o dalla poca  propensione delle nostre istituzioni a puntare sui giovani.

Anche a Roma, come in molti altri teatri analizzati finora, notiamo che in alcuni titoli la maggior parte degli interpreti principali arrivano dalla stessa agenzia .

Una situazione che potrebbe essere legato alla caratteristiche dello spettacolo, che magari potrebbe richiedere degli specialisti particolari, ma deve anche essere un elemento da tenere in considerazione  nella valutazione dei ‘pesi’ delle varie componenti dello spettacolo.  

Se direttore e cantanti provengono dalla stessa ‘scuderia’, per esempio, sarebbe teoricamente possibile di fatto agire per sminuire il peso dell’azione registica, oppure imporre  soluzioni  magari non preventivate.

Insomma snaturare lo spettacolo, a tutto svantaggio del pubblico.

 Un elemento  quindi rilevante, di cui tenere conto nella pianificazione  delle stagioni per evitare criticità quanto mai spiacevoli.

Per quel che riguarda le agenzie, anche in questo teatro la parte del leone viene svolta da Ariosi: il 19 % dei ruoli principali viene interpretato da artisti provenienti dalle sue fila

Seguono  In Art (13%) ed Artist Management (circa il 10%).

I ruoli principali sono interpretati da artisti che fanno capo a 27 agenzie, un ventaglio decisamente ampio.

 

Firenze ha una stagione  di grande prestigio, con pochi titoli d’opera: ‘Don Pasquale’, ‘Turandot’, ‘Jeanne Dark’ e ‘Tosca’, affidati a bacchette eccellenti come Metha ed il direttore principale Daniele Gatti.

Per quel che concerne le agenzie, dopo CAMI music( 14%), che è quella di Gatti, che dirige dieci  recite, risultano al  12% : IN ART e MELOS.

Piuttosto marcata la componente straniera degli interpreti: il 25%  per ‘Don Pasquale’,  il 47% in ‘Turandot’, il 37% in ‘Jeanne Dark’.

Complessivamente nei titoli della stagione,  solo il 64% degli interpreti è italiano, dato decisamente lontano dalle aspettative ministeriali e che fa riflettere in modo rimanente è una prima assoluta, per la quale nessuno poteva accampare esperienza pregressa.

 

Il San Carlo di Napoli presenta una stagione di ben dieci spettacoli lirici, con grandi interpreti internazionali, cui si aggiungono concerti, opere in forma di concerto, balletti.

Per quel che riguarda le agenzie, si nota una evidente predominanza della  GM Artist, con ben 71 ruoli principali su 257 ( circa 28%). Seguono IN ART (18%),  hilbert artist (12%) ed ASKONAS (10%). Tutte le  altre agenzie sono al di sotto del 10%.

Solo il 56 % degli interpreti complessivi  è  di nazionalità italiana, decisamente al di sotto della media degli altri teatri trattati.

Questa certamente è una situazione che merita delle riflessioni ed una serie di domande cui speriamo il Ministero saprà trovare le giuste risposte. Perché, lo ripetiamo per l’ennesima volta, il problema non è che in Italia cantino gli stranieri, ma  che gli italiani per cantare debbano andare all’estero o che debbano rinunciare ai loro sogni per poter sopravvivere.

Nessuna caccia alle streghe, ma caso mai lo stimolo per capire, finalmente, se qualcosa non funziona nel nostro sistema. Oppure prendere atto che è necessario imporre numeri chiusi ai conservatori, preparare i nostri artisti alla carriera da corista, curando una preparazione specifica per quel tipo di attività , privilegiare percorsi formativi votati all’insegnamento  e non al palcoscenico. 

 

Il Petruzzelli di Bari ha presentato una stagione con sei titoli, fra novità e tradizione: ‘Fidelio’, ‘Madama Butterfly’, ‘L’Angelo di fuoco’, ‘Il Labirinto di Creta’, ‘Rigoletto’, ‘Le Fille du Regiment’, ‘Tosca’.

Purtroppo di alcuni titoli sono stati annunciati solo una parte degli interpreti e quindi non ha senso un discorso riguardo la nazionalità degli artisti. Al momento, con i soli dati dichiarati,  gli italiani sono il 69%, ma certamente si tratta di una percentuale destinata a lievitare.

Molto interessante la distribuzione fra le agenzie: nessuna di loro supera, per le parti principali, la soglia del dieci per cento  : PUNTOOPERA è la prima con 9,6%, seguono Ariosi ed AART Music , entrambe attorno all’8%. 

A dimostrazione che , nonostante la supposta impossibilità  di eliminare ‘alcuni monopoli (o vizi del mercato) che, comunque, ci sono sempre stati e che, nonostante gli sforzi, non sarà possibile debellare’ ricordata dal dotto Silvestri, è possibile trovare stagioni   con artisti provenienti da tante agenzie differenti e che le idee proposte dal Ministro Sangiuliano sono il frutto di una disamina attenta ed oggettiva di una situazione intricata , eterogenea e che potrebbe rivelarsi potenzialmente pericolosa dal punto di vista culturale.

 

Palermo presenta una stagione di sette titoli.

Fortissima la componente straniera: solo il 56 % degli interpreti  è italiano, molto meno di quanto auspicato dai propositi del Ministro della Cultura.

Quando analizziamo le agenzie degli artisti principali, ancora una volta emerge fortissimo il peso di Ariosi, agenzia che si assicura il 21% dei contratti, dato quanto mai rilevante se pensiamo che la successiva , IN ART, ottiene una percentuale del 12% , seguita da AART MUSIC ( 11%). Tutte le altre sono  su percentuali inferiori al 10%.

Particolarmente interessante, a questo punto il ruolo di Cagliari, teatro dalla solida tradizione lirica, che può contare su un bacino di abbonati di grande vastità e che propone  pochi spettacoli di opera, scelti fra grandi titoli e recuperi preziosi: ‘Nerone’, ‘Tosca’, ‘Italiana in Algeri’, ‘Madama Butterfly’.

La prima considerazione concerne il coinvolgimento di cantanti nazionali: ci sono naturalmente presenze di voci straniere, ma fa caso  che gli italiani siano complessivamente il 76%, percentuale  che pare in linea con i desiderata ministeriali e che risulta impensabile per altre istituzioni , che magari hanno allestito anche gli stessi titoli, in periodi differenti.

Quando poi entriamo nel dettaglio delle agenzie, scopriamo che l’onnipresente Ariosi non figura  fra quelle coinvolte in questa stagione, nella quale fanno da referenti principali STAGEDOOR(18%), TRUCCO (17%), MELOS (11%), per le quali comunque si notato percentuali  meno che altisonanti che in altri contesti.

I consensi ottenuti dalle proposte cagliaritani dimostrano sia che esistono delle alternative nelle scelte e che è possibile organizzare stagioni  dove trovino posto le voci  di valore che escono dai nostri conservatori.

Insomma la questione rimane ancora aperta. 

La prossima puntata, quella conclusiva, prenderemo in esame alcuni festival estivi, qualche realtà non inserita nel sistema delle fondazioni e cercheremo  di raccogliere i dati di questo complesso mondo, che speriamo non voglia mettere la testa sotto la sabbia davanti ad una criticità  di cui tutti parlano, ma parrebbe solo dietro le quinte.

 

Gianluca Macovez

24 maggio 2024

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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