La scena che si apre sotto gli occhi degli spettatori presenti a una performance di Palyback Theatre è minima. Da un lato due sedie, che ospiteranno il conduttore e i vari narratori che dal pubblico troveranno il coraggio di alzarsi per condividere con tutti la propria storia. Sul fondo cinque o sei cubi, su cui siedono gli attori in un silenzio attento che tra pochi minuti diverrà azione. Quindi un attaccapanni con appese stoffe colorate, aventi la funzione di scenografia, costumi e oggetti. Chiudono la scena uno o più musicisti con vari strumenti a portata di mano. Dopo una breve introduzione, il conduttore invita gli spettatori a sedersi uno alla volta accanto a lui per raccontare un particolare vissuto in tema con l’argomento della serata.
Le parole escono dalle labbra del narratore, entrano nel pubblico e negli artisti, trovano spazio nel cuore, nei pensieri, nei ricordi. Magari risvegliano qualcosa, fanno risuonare eventi di ciascuno, portano in luce cose sepolte e dimenticate. E il loro viaggio è appena cominciato. Ora escono dai corpi in cui hanno trovato casa e si trasformano in musica, rumore, scena, azione drammaturgica, voce sussurrata, voce urlata, caos o armonia, forti sentimenti o leggera delicatezza.
Tutto questo avviene improvvisando, nel qui e ora del teatro. E parla (di nuovo!) a tutti, attori e pubblico. Trasformandoli in un unico corpo che per una sera vive emozioni indimenticabili.
Il Playback Theatre è una forma di teatro sociale aperta al pubblico, nella quale gli spettatori stessi divengono protagonisti condividendo la propria realtà, la propria storia, con i presenti. Il racconto viene messo in scena seguendo modalità ben precise, dagli attori della compagnia. Ogni compagnia di Playback esegue costantemente un profondo training su specifiche tecniche elaborate da Jonathan Fox, così da essere sempre pronta ad accogliere e rappresentare con attenzione, cura e delicatezza, ciò che viene narrato. La presenza di uno o più musicisti in scena è fondamentale a sottolineare l’azione scenica, creare il clima, seguire il ritmo della recitazione.
Lo statunitense Jonathan Fox elabora il Playback Theatre negli anni settanta, dopo aver studiato le tecniche psicodrammatiche di Jacob Levi Moreno.
Dal sito della Scuola Italiana di Playback, scopriamo che Jonathan Fox trascorre due anni in Nepal, osservando il tramandare della cultura attraverso il racconto orale. Tornato negli USA si accorge di quanto le persone, soprattutto nelle grandi città, abbiano perso questa esperienza. Un giorno come tanti, mentre le osserva camminare veloci per le strade di New York, si chiede: chissà cosa accadrebbe se qualcuno le fermasse per chiedere loro come stanno, e una compagnia di improvvisatori mettesse in scena le loro storie? Da quel momento inizia la sperimentazione e nasce il Playback Theatre che oggi è diffuso in tutto il mondo. Jonathan Fox ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo sviluppo del metodo, insieme a sua moglie Jo Salas, utilizzandolo per creare legami nelle comunità e sostenerle dopo eventi drammatici come terremoti, uragani, abusi, violenze… le esperienze nel mondo sono ormai moltissime.
Il Playback viene usato anche semplicemente per raccontare storie.
Dal 2001 è nata in Italia una scuola di Playback, tra l’altro prima in Europa, in costante collegamento con il Centro di New York. È una delle 12 scuole del mondo.
Il network di Playback Theatre Nodionline che riunisce professionisti dell’Emilia Romagna e della Toscana, ha organizzato una serata di Playback Theatre per venerdì 15 gennaio alle ore 21 sulla piattaforma zoom. Per ritrovarsi e condividere le storie. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Fabio Canini (psicologo, psicodrammatista ed esperto di Playback) mi racconta che non è stato facile adattare il Playback alle nuove piattaforme tecnologiche, ma è una sfida che non ha certo fermato il network dal continuare a lavorare sul senso di comunità che il Playback crea con chiunque vi partecipi. Grazie quindi a Fabio Canini e al network.
Per chi volesse partecipare, è sufficiente mandare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Cecilia Moreschi
15 gennaio 2021