Si è spento all’età di 92 anni (ne avrebbe compiuti 93 ad agosto) Giorgio Albertazzi, maestro di vita e di palcoscenico. Noto a tutti prevalentemente per la sua carriera teatrale a cui vi si dedicò per decenni, oltre ad essere stato uno dei primi divi televisivi, Albertazzi prese parte anche a numerosi film per la regia di Luchino Visconti, Giacomo Vaccari, Giuseppe Amato, Giorgio Moser, Luciano Salce, Eros Puglielli, Giambattista Avellino e altri ancora.
Gli oltre 40 film – e altri 20 sceneggiati e fiction, più un programma radiofonico per la regia di Alberto Casella, Pane vivo andato in onda nel 1956 – ma soprattutto l’ingente repertorio teatrale fanno di Giorgio Albertazzi uno dei più grandi protagonisti, seduttori ed interpreti della nostra scena. A lui dedicammo la nostra prima copertina della neonata La Platea come segno di buon auspicio, lui che più di chiunque altro artista ha saputo rappresentare con la sua arte, il suo estro, il suo umorismo, la sua ironia, il suo sapere, il suo ingegno, il Teatro con la T maiuscola.
Giorgio Albertazzi debutta nel 1949 con Troilo e Cressida di Shakespeare diretto da Luchino Visconti, e nel 1964, in occasione del 400° anniversario della nascita del drammaturgo inglese, recita in Amleto al teatro Old Vic di Londra per la regia di Franco Zeffirelli e con protagoniste femminili Anna Proclemer e Anna Maria Guarnieri. Con la prima nacque anche una storia d’amore a cui fece seguito un lungo sodalizio artistico, a partire da Edipo re di Sofocle alla Scala di Milano nel 1969, fino al 1980 al Teatro La Fenice di Venezia dove, oltre a curare la regia e l’adattamento di Peer Gynt, è voce recitante con la Proclemer, Elisabetta Pozzi e Bianca Toccafondi.
Nel 1994 fonda e dirige il Laboratorio Arti Sceniche Città di Volterra, mentre dal 2003 è direttore del Teatro di Roma, ruolo dismesso pochi anni dopo. A coronamento di una carriera artistica molto intensa, nel 2004 il pubblico italiano lo omaggia del Premio Gassmann; sempre lo stesso anno Albertazzi porta in scena con Dario Fo una serie di spettacoli – lezioni sulla storia del teatro in Italia, successivamente trasmessi da Rai 2, per la quale, nel 2009, registra la Divina Commedia fra le rovine dell’Aquila dopo il terremoto del 6 aprile. Intanto il grande Maestro non smette di portare in giro le tante letture di Dante, come il Canto di Ulisse durante la Cerimonia di apertura dei XX giochi olimpici invernali di Torino nel 2006.
Negli ultimi anni ha calcato spesso il palcoscenico del Teatro Ghione di Roma con Il mercante di Venezia (l’ultima sua apparizione risale nella stagione 2014/2015 al fianco di Franco Castellano) e qualche anno fa fu Prospero in scarpe da ginnastica al Teatro Globe di Roma invitato da Gigi Proietti in La tempesta di Shakespeare con la regia di Daniele Salvo.
La sua perdita è un grande vuoto per la cultura italiana, ci si sente alquanto smarriti e stupiti soprattutto se si pensa che, fino a qualche mese fa, il grande attore, poeta e regista era ancora tra noi e con noi sulle scene. Fu presente infatti per la stagione teatrale 2015/2016 al Teatro Quirino per omaggiare, con lo spettacolo Borges Piazzolla (insieme a Mariangela D’Abbraccio), uno dei più noti scrittori argentini e il più grande musicista d’avanguardia (qui la nostra recensione: http://laplatea.it/index.php/teatro/recensioni/1061-borges-piazzolla-l-estro-senza-tempo-di-due-grandi-artisti-al-teatro-quirino.html). Non solo, sempre per la stagione 2015/2016 Albertazzi tornò al Teatro Ghione con La tempesta di William Shakespeare e Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar.
Si definiva un anarchico, ateo e nemmeno un uomo di destra. Aderì alla Repubblica di Salò e nel 1945, dopo la sconfitta, fu arrestato per aver comandato, nei giorni che precedettero la Liberazione, un plotone di esecuzione. A detta accusa si unì quella per collaborazionismo e trascorse due anni in carcere da cui venne liberato nel 1947 a seguito dell'amnistia varata da Togliatti.
In un’intervista a Il Fatto Quotidiano disse: «La fama di fascista non me la sono mai scrollata di dosso. Andai a Salò come tanti raga
zzi, convinto che lì si combattesse per l’Italia, ma con altro spirito, e soprattutto consapevole che in quel momento stavo dalla parte di chi già aveva perso
. […]. Nella sentenza del Tribunale militare che mi ha assolto in istruttoria dopo due anni di carcere preventivo, c’è scritto che ho messo in salvo 19 ebrei. Ma non l’ho mai raccontata questa cosa. Non mi andava. Le mie responsabilità, seppur di ventenne, me le prendo tutte. Senza vittimismo o pentitismo».
Suo grande desiderio era fare Romeo e Giulietta con Valeria Valeri, la sua visione del mondo era una visione reale, concreta, e allo stess
o tempo dolce, romantica, malinconica, come s’addice ai poeti. Diceva che la salvezza va cercata nella leggerezza e nel sorriso citando Calvino, ma che lui l’aveva trovata nella poesia, nell’amore e nel teatro. Delle donne invece diceva che la vita, senza di loro, sarebbe come una stanza chiusa e senza finestre, «Noi uomini siamo molto più grezzi, ecco la donna è una finestra che si apre» (cit. da La Repubblica).
E, sempre a proposito di donne, Pino Strabioli lo ricorda così: «L’ho intervistato molte volte, l’ultima per Colpo di scena, un ciclo di trasmissioni di Rai 3 dedicate ai grandi protagonisti del palcoscenico… molte volte ho cenato con lui e con i suoi attori dopo gli spettacoli. Rapito dai suoi racconti, mi facevo sempre ripetere di quando aveva portato in dono alla sua amata Anna (Proclemer, n.d.r.) non un mazzo di fiori o un gioiello, ma un asino. Indimenticabile coppia in scena e nella vita. Bello e spudorato fino alla fine. Un altro grande vuoto».
Nessun funerale, così voleva il Maestro, solo un saluto agli amici domani alle 17,00 presso la tenuta di famiglia a Pescaia di Grosseto.
Addio Giorgio, ci mancherai.
Costanza Carla Iannacone
28 maggio 2016