Recensione del recital di Francesco Demuro al 'Giovanni da Udine', del 3 dicembre 2023.
Nella Stagione Musica e Danza 2023-24 del Giovanni da Udine ci sono diversi spettacoli di rilevanza almeno nazionale.
Uno di questi è stato il concerto di Francesco Demuro, tenore dalla luminosissima carriera internazionale, che ad Udine ha tenuto il suo unico concerto in Italia per quest’anno.
Il suo arrivo al ‘teatrone’ è legato essenzialmente alla presenza di Fiorenza Cedolins, direttrice artistica cui non è stato rinnovato il contratto a pochi mesi dall’incarico, che era la protagonista dell’opera d’esordio di Demuro: ‘Luisa Miller’ al Regio di Parma nel 2007.
Certamente un artista che ha proiettato la sua carriera nei grandi teatri mondiali, di casa al Metropolitan ed all’Operà di Parigi, dove da poco ha interpretato ‘Romeo et Juliette’, amatissimo in Spagna dove negli scorsi mesi ha cantato ‘Norma’ a Siviglia e ‘Medèe’ a Madrid, non avrebbe avuto grosso stimoli ad esibirsi in un teatro di provincia, se non ci fosse stato il legame prezioso con il soprano friulano.
Uno di quei ‘valori aggiunti’ che il pubblico e la città rischiano di perdere con la scelta, legalmente corretta ma incomprensibile dal punto di vista artistico e culturale, di rinunciare alle possibilità offerte da una direzione con una esperienza ed uno spessore internazionale di tanto calibro.
Non a caso l’afflusso del pubblico domenica era non solo locale: si riconoscevano melomani provenienti da tutta la regione e diversi appassionati anche da altre città del Nord Italia.
Una apertura sostanzialmente inedita, che avrebbe potuto finalmente far uscire il principale teatro udinese da una subalternità alle altre istituzioni regionali, offrendogli uno spessore ed una identità di cui non ha mai goduto.
De Muro era accompagnato al pianoforte da Roberta Paroletti, musicista attenta, tecnicamente sicura, capace di interpretare con personalità e cifra personale i brani strumentali e di offrire un valido apporto nel accompagnare il tenore in un programma decisamente impegnativo, nel quale venivano ripercorsi alcuni momenti musicali importanti della carriera di una delle voci italiane più presenti nei cartelloni dei grandi teatri internazionali.
Il concerto di apre con un aria di Charles Gounod: ‘L’amour… Ah! Leve-toi, soleil!’ da Roméo et Juliette, opera portata in scena l’estata scora all’Opéra di Parigi.
Da subito appaiono chiare le caratteristiche di questo interprete: una voce dal colore purissimo, che corre sicura in tutto il teatro, acuti adamantini, un centro solito, grande varietà di sfumature, fiati notevolissimi per quel che riguarda lo strumento musicale; un lavoro profondissimo sulla parola, una capacità di fare proprio il testo in ogni sfumatura, senza mai cadere in eccessi o cercando facili effetti, in maniera da riuscire a plasmare la verità dei personaggi consegnati ad una platea che ha da subito in pugno, grazie ad un carisma, che coniuga capacità di strabiliare vocalmente con umiltà, educazione e misura.
Il Romeo di Demuro brilla per musicalità, eleganza e baldanza vocale. Un giovane forte, irruente, ma anche profondamente innamorato, che trova nella voce i colori della passione, ora delicata, ora accesa, in una tavolozza che accarezza le parole, regalando commozione ad un pubblico immediatamente conquistato.
Si passa ad una delle pagine per tenore più temute: ‘Tombe degli avi miei… Fra poco a me ricoverò' dalla Lucia di Lammermoor.
Una esecuzione da manuale, di grande intensità. Ogni parola viene scolpita nel suo significato più profondo, vissuta nella drammatica varietà di tutte le sfumature. Non c’è spazio per l’ostentazione vocale, nonostante fiati iperbolici ed acuti purissimi: la narrazione avvince, trascina la platea tra le tombe dei Ravenswood, fino alla sublimazione del cantabile che chiude con la carezza ‘di chi moria per te’, con una nota finale lunghissima, che dà suono allo strazio interiore di Edgardo.
Demuro ha un momento di riposo mentre viene eseguito con bravura al pianoforte ‘Invito al valzer’ di Donizetti e si ripresenta con una serie di arie dal ‘Rigoletto’: ‘Questa o quella’, ‘ Ella mi fu rapita… parmi vedere le lagrime… Possente amor’.
In sala, peraltro, brilla la presenza della prima Gilda di De Muro: Anna Maria Dell’Oste, che attualmente insegna canto al Conservatorio di Udine.
Magnifico il passaggio di registro interpretativo: se in ‘Questa e quella’ è il donnaiolo che ben conosciamo, che ostenta acuti e prodezze vocali per affermare la propria vacua virilità, in ‘Ella mi fu rapita’ Demuro trova sfumature di autentico strazio. Colora i solidi acuti di preoccupazione, di autentico dolore, commuovendo ancora una volta la sala, che strabilia con l’acuto finale di ‘Possente amor’
Ancora un momento pianistico con due brani verdiani: ‘Romanza senza parole’ e ‘Valzer in Fa maggiore’, entrambi eseguiti con una tecnica inappuntabile, misura ,grande garbo ed eleganza, sfuggendo leziosissimi e stereotipi e consegnandoci pagine di grande piacevolezza.
Verdiana anche l’ultima pagina della prima parte: ‘Lunge da lei….. De’ miei bollenti spiriti….. Oh mio rimorso’ da ‘La Traviata'.
Una voce fresca e credibile, che racconta un Alfredo riuscito. Ancora una volta incanta la capacità di interpretazione, il lavoro sul testo, che piega lo strumento vocale alle esigenze del personaggio.
Nonostante l’opulenza vocale, la sicurezza degli acuti, la capacità di percorrere il pentagramma senza esitazioni, il suono non ha mai il sopravvento, non diventa vuota ostentazione ed anche la frase più scontata assume un suo preciso valore, ogni passaggio trova la giusta sfumatura per descrivere lo stato d’animo del giovane . La tessitura ‘ de’ miei bollenti spiriti’ racconta il carattere di Alfredo, più aggressivo che riflessivo, che esplode in un acuto straripante, che se da un lato entusiasma il pubblico, dall’altro pastella magnificamente le caratteristiche di questo uomo, che si lascia trascinare dall’ira e la gelosia invece che cogliere la poesia del gesto d’amore di Violetta.
Dopo un breve intervallo, ecco ‘Pourquoi me riveiller’ da Werther. Una interpretazione interessantissima, libera da modelli e paragoni. La voce vola in una dimensione intima, con suoni che hanno la purezza della poesia, lo struggimento dell’amore non ricambiato, in un rimando sonoro ad una dimensione metafisica originale e di grande presa.
‘Il lamento di Federico’ è eseguito con bravura. La narrazione è drammatica, straziante, ma senza cercare facili sottolineature ad effetto, preferendo procedere con un crescendo doloroso coinvolgente, costruito piegando una voce ricchissima in una tavolozza amplissima di sfumature.
‘Valse Coquette’ di Ruggero Leoncavallo è l’occasione per apprezzare ancora una volta la sicurezza interpretativa di Roberta Paroletti, che introduce ad una romanza popolarissima del compositore napoletano: ‘Mattinata’, che all’irruenza vocale di tante interpretazioni più atletiche che poetiche, contrappone una costruzione che metta in risalto lo spessore del testo, che apre in ariosi di grande suggestione ed acuti baldanzosi.
Leggera e divertita l’esecuzione dell’aria ‘Avete torto! …. Firenze è come un albero fiorito’ da Gianni Schicchi, che consente a Demuro di esibire note limpidissime e squillanti.
Ancora un brano per pianoforte: ‘Romance’ di Francesco Cilea, che mette in risalto ancora una volta un tocco raffinato ed una interpretazione di grande equilibrio.
Una suggestiva ‘ Che gelida manina’ chiude fra meritati applausi ed acclamazioni il programma ufficiale della serata.
Demuro regala al pubblico tre acclamati bis, decisamente impegnativi: una sgargiante e giustamente esplosiva ‘La donna è mobile’; un ‘Nessun dorma’ che ci regala, finalmente, un Calaf che non punta tutto sull’opulenza dell’acuto finale, ma si sofferma su tutte le sfaccettature del testo di Adami e Simoni, racconto intenso in difesa dell’amore, che il tenore interpreta con bravura e grande sensibilità; a chiudere, ‘O Sole mio’, in una interpretazione luminosissima e libera da manierismi e facili effetti .
Fra applausi abbondantissimi ed una standing ovation della platea, si chiude un concerto che certamente è una delle pagine più gloriose del teatro udinese.
Gianluca Macovez
5 dicembre 2023