Domenica, 24 Novembre 2024
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Specchi del tempo #4: Brahms, Respighi, Rihm. Particolari rapporti tra composizione e orchestra

Recensione del Quarto concerto della stagione Specchi del tempo, al Teatro Costanzi il 2 aprile 2016

Il quarto concerto della serie Specchi del tempo analizza a fondo il modo di scrivere musica in rapporto al modo d'intendere l'orchestra. Cosa non semplice da far intendere ma compito a cui Markus Stenz e l'Orchestra del Teatro dell'Opera di Roma assolvono senza alcun problema.
Il primo termine di paragone ce lo fornisce "Le Fontane di Roma" del per troppo tempo obliato Ottorino Respighi. Il compositore bolognese, che aveva lavorato sia in Russia sia in Germania dove era entrato in contatto con Strauss, quando nel 1913 arriva a Roma ha ben chiaro come in Europa vengono intese l'orchestra e la musica sinfonica. Il primo e forse più riuscito risultato è questa composizione del 1916 dove fa da padrone il tema dell'acqua. Quattro fontane, la prima e l'ultima, Valle Giulia all'alba e Villa Medici al tramonto, per così dire a "bassa pressione", e le due che vanno a formare il nucleo centrale, Tritone al mattino e Trevi al pomeriggio, ad "alta pressione" con i loro zampilli vittoriosi e trionfanti.

Questa concezione strutturale del poema sinfonico unito alla scansione della giornata da alla composizione un tono generale d'Impressionismo dove però si sente, sopratutto nella parte centrale con i suoi slanci dal sapore post romantico/pre espressionista l'influenza di Strauss nel pieno della sua ascesa artistica e l'influenza degli studi perseguiti da Respighi su Vivaldi, Marcello, Monteverdi e i modi gregoriani.
Si è proseguito poi con un opera molto recente "Karlsruhe" di Wolfgang Rihm, autore e direttore d'orchestra vivente che ha scritto e concepito questo particolarissimo concerto appositamente per la Basilica di San Marco a Venezia.  "Perticolarissimo" sia per il sintomatico titolo che porta (significa" scrivere dentro"), sia per l'assetto che assume l'orchestra che estromessi diversi elementi lascia spazio sulla scena solo a flauti traversi, arpa, violoncelli, contrabassi, ottoni e percussioni. La struttura è quella di un madrigale e il gioco di scatole cinesi che mette in atto Rihm è quello di un continuo "inscriversi" dei suoni nei suoni ponendo ogni volta dei limiti al suono precendete e creando una "musica spezzata" che genera in chi la fruisce una tensione sottile ma sempre costante. Molto concettuale e a tratti astratta ma di sicuro effetto emotivo sull'ascoltatore.
Chiude questo quarto appuntamento la "Sinfonia n. 1" di Johannes Brahms. In questo lavoro della maturità del compositore austriaco assistiamo a qualcosa di estremamente particolare per l'epoca come ancora per oggi: l'orchestra è quella tipica del periodo Romantico ma è il suo modo di porsi nei confronti della partitura che cambia. Pur avendo un tono allegro e giocoso questa sinfonia è pervasa da quella vena di indefinita malinconia che lascia l'animo dell'ascoltatore pieno domande e interrogativi senza risposta che lo riavvicinano alla propria natura che non è altro che parte della misteriosa Natura che è il tutto. Brahms con questa sua prima sinfonia ribadisce (all'epoca come oggi) come non fosse un epigono di Beethoven e sottolinea come il "Grande Maestro" è stato assimilato e superato, ponendo l'attenzione su quelli che allora erano i temi più cari al Romanticismo che come uomo e artista stava vivendo.


Fabio Montemurro

4 aprile 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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