Ritorniamo con un nuovo appuntamento della rubrica #checlassico in cui proveremo ad analizzare una delle opere più discusse e controverse della letteratura italiana: Il Principe di Niccolò Machiavelli. Nel 1559 l’opera fu inserita, nel clima del Concilio di Trento, all’interno dell’Indice dei libri proibiti. Per secoli il messaggio machiavelliano è stato tradotto con la riduttiva e, per certi aspetti, banalizzante formula: “Il fine giustifica i mezzi”. Il pensiero che si cela dietro Il Principe, ad un esame accurato risulta molto più complesso, originale, anticonformista di quanto si è creduto nei secoli.
Lo sguardo penetrante, scevro del velo dell’ipocrisia, con cui l’autore ha indagato la politica, è un elemento rivoluzionario nella trattatistica del Cinquecento e di rottura irreparabile col passato. L’orizzonte culturale in cui si muove Machiavelli, non aveva mai osato dubitare dell’immagine ideale di un governante, presentato sempre come l’incarnazione della morale vigente.
Machiavelli è un uomo che ha partecipato da vicino alle vicende politiche della Repubblica di Firenze ed è stato esiliato al ritorno dei Medici. Conosce bene le dinamiche e i meccanismi che si celano dietro al potere e li chiama con il loro nome, senza edulcorare la realtà. Ha la spregiudicatezza e il coraggio di riportare nei capitoli del Principe “la verità effettuale” che ha dedotto dall’osservazione diretta. Il Principe rappresenta l’uomo politico che non deve necessariamente avere solo qualità positive, anzi se realmente si comporta sempre e solo in modo onesto, liberale, umano, rispettoso delle leggi, non manterrà la sua carica. È necessario che lui, all’occorrenza, sappia utilizzare anche gli aspetti ferini della natura umana. Machiavelli utilizza le immagini degli animali per spiegare le numerose sfaccettature dell’animo umano, come nel caso del leone e della volpe, senza propendere in particolare per nessuna, ma ritenendole tutte valide e da integrare per potere gestire al meglio lo Stato.
Emergono quindi due punti fondamentali del suo pensiero: il riconoscimento della parte istintuale dell’uomo e il fine dei comportamenti del principe, ossia mantenere a lungo il controllo e l’esistenza stessa dello Stato. Questi due aspetti dell’ideologia machiavelliana sono stati i più discussi nei secoli e soggetti a molteplici interpretazioni. I critici attualmente sono concordi nel ritenere che lo scopo dell’azione politica, in questo caso, è diretta alla protezione e alla conservazione dello Stato, sottintendendo una tensione etica, troppo spesso misconosciuta. Il riconoscimento della scissione tra politica e morale, nell’osservazione della realtà, non implica mancanza di propositi etici nell’autore. Considerando il contesto storico in cui vive e opera Machiavelli, lo Stato a cui ambisce, è uno Stato che unifica la penisola italiana sotto il controllo di un uomo di valore in grado di creare e mantenere il suo popolo in sicurezza. Per far ciò, Machiavelli, non esita ad invitare il governante a ricorrere anche agli aspetti meno nobili della sua natura, ma è essenziale che si dimostri però sempre perfetto, magnanimo, buono e religioso. Attualissima e pertinente, a questo proposito, è l’analisi dei comportamenti delle masse, che agiscono di pancia e credono, fondamentalmente, alle apparenze non cogliendo la vera essenza del politico e della politica. Per avere il loro consenso, quindi, è necessario apparire integerrimi, inattaccabili, ma compiere poi anche le azioni più violente lontano dai loro occhi.
La religione è uno strumento del potere se utilizzata adeguatamente, permette infatti di avere un consenso indiscusso agli occhi del popolo. Per la stessa mancanza di fiducia nei comportamenti dell’essere umano, auspica il ricorso ad un esercito che non sia costituito da truppe mercenarie, facilmente corruttibili e poco leali. Consigliamo in questi giorni duri e di reclusione imposta di rileggere attentamente questo classico per il realismo, la spregiudicatezza e l’autenticità con cui vengono penetrate e sviscerate le logiche del potere politico, una visione della realtà politica che si traduce in una potente chiave di lettura della realtà contemporanea.
Mena Zarrelli
30 marzo 2020