Si immagini di conoscere per caso uno scrittore, dopo pochi veloci secondi lui è l’uomo che ci trasforma perché le parole lette si sono collocate nell’anima e i vaghi subbugli di pensieri sono ormai percettivi e sensoriali: li riconosci, li senti e ne spieghi vagamente l’esistenza.
Ad Antonio Tabucchi è successo questo quando a Parigi, per caso, ha scoperto Fernando Pessoa.
Decide di tradurre i suoi libri e si trasferisce a Lisbona. Da lì ogni opera dello scrittore toscano è una rievocazione del subconscio pessosiano e del modus vivendi portoghese di cui si impregna ogni pagina.
Notturno Indiano ne è un perfetto esempio.
L’opera, pubblicata nel 1984 da Sellerio editore, ambientata per lo più nell’India portoghese (si prenda come punto di riferimento la città di Goa), vede il protagonista in viaggio nel continente lontano per ritrovare il suo amico Xavier, scomparso per cause non note.
Si sposta continuamente, muovendosi in città e hotel diversi. Il lettore portato nel lusso più estremo si trova dopo pochi capitoli nel lercio più marcio.
Tabucchi rende questa contrasto di luoghi e immagini una poesia, una filosofia da adottare in quella quotidianità che sembra non offrire spunti per l’analisi della vita. Solo fuori dal proprio mondo tutto sembra avere una forma e un significato che lontani dal conosciuto si confondono tra il reale e l’immaginario (Roux sta veramente cercando Xavier? Il racconto che modalità di stesura segue?). In scena si susseguono personaggi dalle caratteristiche surreali, per quanto a prima vista, possano essere valutabili con i valori minimi della fragile scala della normalità. Così, una prostituta, un medico, un devoto jainista, il direttore della Theosophical Society, un postino e tanti altri rendono l’opera un raccordo che porta a un punto di riflessione, sconosciuto al principio della lettura. Solo la chiacchierata finale con la fotografa Christine, infatti, rivela il segreto meta letterario di Notturno Indiano, che non sto qui a svelare.
Su un notturno in India, inconsciamente sempre in direzione Portogallo, Tabucchi va oltre alla miseria delle strade che percorre e arriva alla pace dei significati attraverso gli occhi malinconici e profondi di chi gli passa davanti e la confusione e il colore di una realtà che potrebbe non esistere.
Francesca Ielpo
8 giugno 2014