Sabato, 23 Novembre 2024
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Maximilian Nisi: i personaggi che interpreto mi salvano e sono più interessanti della vita reale

Abbiamo intervistato l'attore Maximilian Nisi, impegnato nelle prove dello spettacolo “Un sogno a Istanbul”, di Alberto Bassetti, per la regia di Alessio Pizzech, tratto dal libro: La cotogna di Istanbul di Paolo Rumiz. Debutto a luglio 2023 al Campania Teatro Festival. Insieme a lui saranno presenti in scena: Maddalena Crippa, Mario Incudine (autore anche delle musiche) e Adriano Giraldi. Le scene e costumi sono curate da Andrea Stranisci e le luci da Eva Bruno. 

Una preziosa occasione per cogliere l'anima della persona ancor prima che dell'attore, per parlare dello spettacolo, del suo sottotesto, della necessità di recuperare la corporeità che, oltrepassando la parola verbale, diviene linguaggio espressivo universale anche fuori dal palcoscenico. E sul senso del.. cammino. 

 

 

Come stanno andando le prove e qual'è per te la situazione ideale per provare?

Mi trovo a Trieste e lo spettacolo è co - prodotto dal Teatro della Contada Teatro Stabile di Trieste e Arca Azzurra che invece è toscana. Anche Paolo Rumix, l’ autore del libro, La Cotogna di Istanbul da cui è stato ideato lo spettacolo teatrale, è triestino e con lui ho avuto modo di confrontarmi. Sono molto soddisfatto dell'andamento delle prove, grazie al modo antico, privo di distrazioni, con cui lavoriamo. Trieste non è dispersiva e invita alla concentrazione, è a misura d'uomo e riflette, per questo, la mia situazione ideale. Tendo a cercare contesti privi del superfluo e di dispersione: la mia situazione ideale è la provincia. Mi sto trovando molto bene con il gruppo capitanato dal regista Alessio Pizzech: puro argento vivo, passione, energia e continua ricerca espressiva sfociata nel lavorare non solo con le parole ma anche sulle immagini. Di fatto non ci sono protagonisti in questo spettacolo, siamo all'interno di una ballata poetica dove sarebbe impensabile scegliere un solo verso senza indebolire il tutto.

Il gruppo è qualcosa di più e di diverso rispetto alla somma di tanti singoli. La sensazione che ho è proprio quella d’essere parte di un tutto, insieme ai miei compagni di lavoro, coesi nella stessa intenzionalità di raccontare qualcosa di importante. È davvero raro, nella mia esperienza, trovare un’ armonia simile tra strumenti diversi che, seppur separati, suonano la stessa musica, come una doppia corda di alcuni strumenti, ovvero due corde che suonano la stessa melodia pur rimanendo distinte. 

Leggendo la sinossi de “Un sogno ad Istanbul: " sembra evidente un importante sottotesto 

Si, c'è una storia d’ amore in evidenza che al contempo diviene un pretesto per affrontare tematiche crude legate alla guerra nei Balcani, zone a noi vicine, fotografando un momento storico politico che riguarda attualmente anche noi. Per questo motivo Trieste è il posto più giusto per tanti motivi. Siamo troppo spesso concentrati solo sulla nostra vita, di fatto piccola vita paragonata ai problemi veri, che manchiamo il contatto con le altre esistenze. Il protagonista, di fatto è il luogo stesso in cui si sviluppa la vicenda d’ amore tra un Austriaco, Maximilian von Altenberg, e una donna Turca, Masa. L'orizzonte narrativo è la guerra dei Balcani, presentata da Rumiz come uno scenario in cui l'Europa ha perduto l'anima a causa della frammentazione di etnie e la rinuncia alla integrazione e coesistenza. Il fatto che il mio personaggio si innamori di questa donna non è quindi casuale ma riflesso di una matrice ancestrale. Il luogo di provenienza di Masa riguarda e risuona anche in lui che pensava di essere una persona risolta: gli è stato sufficiente, invece, sentire dei profumi, vedere certi luoghi a lui implicitamente già noti per non poterne più farne a meno. Se non ci fosse il sottotesto da cogliere e trasmettere, il nostro lavoro si ridurrebbe e svilirebbe dentro al solo testo. 

 

Riguardo al tuo personaggio quale elemento senti particolarmente vicino a te e cosa  vorresti che arrivasse al pubblico?

Il modo con cui le esperienze di amore e di morte vengono trattati. Sono personaggi che di fatto rappresentano qualcosa di più grande rispetto a ciò che accade loro. Il fatto che Maximilian si innamori di Masa è una dinamica interessante perchè restituisce la possibilità di raccontare sia il calore dell'amore che la desolazione della perdita. Ma ciò che davvero è peculiare ed oltrepassa la narrazione drammaturgica è il come il personaggio vive ed esorcizza la perdita. La fine della storia di amore, con la morte di Masa, rende il personaggio austriaco migrante. Egli infatti, sente l'impulso al cammino, espressione di uno stato d' animo ben preciso. Lo stesso Rumiz afferma che soltando camminando c'è possibilità di scrivere, è necessario quindi il cammino fisico per poter liberare il pensiero. Il protagonista intraprende il suo cammino verso oriente non solamente all'interno delle tradizioni della sua amata ma anche proprie: la nostra cultura occidentale deriva infatti da quei luoghi. Soltando ad est si ha possibilità di trovare una felicità profonda che ci permette di ristabilire il rapporto con il tempo e con se stessi. Le persone divengono simboli e non personaggi. Quello che vorrei è che le persone si possano immedesimare, come di fatto mi sto immedesimando io, nel personaggio di Maximilian von Altenberg.

 

Che rapporto hai in generale con i personaggi da te interpretati?

I personaggi sono sempre più saggi di noi e rappresentano per me una salvezza: grazie a loro si riesce a capire delle cose di se stessi. Anche la figura più negativa, per il solo fatto di farti prendere le distanze da questa, è superiore. Il vestito che un attore indossa è altamente liberatorio e tutto ciò che si fa in scena molto spesso non si ha la necessità di replicarlo nella vita. I personaggi diventano degli esempi di vita e il sapersi mettere nei panni altrui è altamente formativo. Nella mia vita ci sto bene ma preferisco stare tra di loro. Non necessariamente ho provato i sentimenti estremi di alcuni di loro ma a ben guardare, un germe di una certa rabbia o di certi moti dell'animo è emerso anche in me nella banalità del quotidiano. Mi sto accorgendo che nel teatro la parola verbale è solo una parte, a volte anche piccola, dell'intera recitazione C'è infatti un corpo che a volte smentisce la parola stessa. Un bravo attore deve essere in grado di comunicare anche se il pubblico gli togliesse il volume. Quando Strehler portava i suoi spettacoli in giro per il mondo, questi facevano ridere sempre allo stesso punto: c'è una comunicazione che va oltre la parola. Il teatro ha un potere comunicativo inferiore rispetto alla musica perchè si pensa di risolvere tutto con la parola. È necessario essere  più “fisici". Dante, se non avesse fattivamente camminato, non avrebbe intrapreso il suo viaggio nell'Oltretomba. Nelle pièce i personaggi statici sono i primi a venir tagliati perchè non portano avanti l'azione. Dobbiamo trovare il modo di essere dinamici non solo in scena ma anche nelle nostre vite. Il corpo ha la capacità di trainare tutto.

 

Come sei riuscito a tenere il motore acceso durante il Covid?

Sinceramente non sono stato male durante i due lockdown mentre ho avuto difficoltà a riprendere la vita normale. Mi sono reso conto di essermi abituato a riscoprire un rapporto con me stesso, con i miei libri, con la natura, che mi manca in questo momento. Non mi piace, invece, l'eccesso della gente nel dover recuperare quel tempo. Personalmente ho trascorso quel periodo facendo le stesse cose che facevo normalmente ma con più lentezza: il tempo più dilatato mi ha permesso di scandagliare alcuni testi con più profondità e dedicarmi alle cose che mi piacciono. Da solo sto bene, purtroppo il problema è relazionarmi con determinate persone a causa di alcune dinamiche che non concepisco più e che incidono sul mio equilibrio ed umore .

 

 

Simone Marcari

5 giugno 2023

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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