Angelo Savelli ci parla de Il principio di Archimede, di Josep Maria Mirò, del quale ha curato la traduzione e la regia. Lo spettacolo sarà in scena al teatro di Rifredi di Firenze dal 31 marzo al 10 aprile 2022
Come sta andando questa ripresa teatrale per il teatro di Rifredi?
Per noi, come per altri, la ripresa non è stata facile. La nostra programmazione punta su spettacoli che sicuramente attirano meno rispetto ad altri nei quali il personaggio “famoso” fa da richiamo per il pubblico. In un momento storico come quello che stiamo vivendo è normale che le persone siano più lontane dal teatro e da spettacoli più introspettivi come quelli che proponiamo noi.
Continuiamo comunque il nostro lavoro, il teatro di Rifredi ha da sempre ha una vocazione per l’innovazione, da tutti i punti di vista e nella ricerca di nuovi autori. Ci fa piacere ad esempio vedere in questi giorni in scena al teatro Grassi di Milano lo spettacolo Zoo di Sergio Blanco, che ha mosso i primi passi proprio da noi. Siamo ancora su questa strada e speriamo che il pubblico, che avevamo conquistato anno dopo anno prima dell’emergenza causata dalla Covid-19, possa tornare a sedere sulle nostre poltrone. Chissà che magari proprio grazie a Il Principio di Archimede si possa riallacciare questo rapporto fra il nostro teatro e quel pubblico che ci ha seguito fino a due anni fa sempre più numeroso.
Prima di entrare nei dettagli dello spettacolo una domanda sull’allestimento scenografico. La platea farà in qualche modo parte della scena e si troverà ai due lati del palcoscenico, in che modo questa scelta valorizza la pièce?
Si tratta di una scelta fondamentale. Ho voluto lasciare l'impianto scenografico così come Josep Maria Mirò l’aveva pensato in origine. Ho scoperto questo spettacolo a Barcellona e fin da subito ho pensato che funzionasse molto bene, è una scelta giusta perchè l’intera scena si svolge all’interno di una piscina, siamo davanti ad una storia intima, che riguarda il privato delle persone in un luogo dove la privacy è fondamentale. Per il pubblico trovarsi così vicino all’azione, poter vedere chi è seduto dall’altra parte del palco, rispecchiarsi nell’altro, ma anche poter vedere o non vedere ciò che viene visto dall’altra parte valorizza lo spettacolo. Palco e platea diventano una vera propria agorà, una piazza pubblica dove progressivamente viene persa l’intimità.
Lo spettacolo ruota intorno ad una notizia da verificare: un istruttore di nuoto sarebbe stato visto baciare un suo allievo. Presto, proprio come avviene quotidianamente nella cronaca nostrana, la notizia diventa di dominio pubblico e si perde il controllo della situazione. Cosa vuole far emergere lo spettacolo: quanto i social possono influenzare negativamente un fatto come quello raccontato?
Il tema della violenza sui minori è forse quello che più di tutti accende le nostre paure, quando questa paura si riversa sui social network allora l’amplificazione mediatica può prendere strade impreviste. Un piccolo fatto diventa subito di tutti. Lo spettatore per tutto lo spettacolo si farà un’opinione sua, personale, data da ciò che viene raccontato dalle parti in causa. L’istruttore passa nel giro di poco da personaggio tremendo a vittima e di nuovo in mostro… la storia non viene raccontata in maniera lineare ma con dei continui flash back che rendono il tutto ancora più intricato e fa prendere alla verità percorsi imprevedibili. Si tratta di una storia che si svolge nell’arco di due, tre ore ma che grazie alla condivisione sui social diventa molto più veloce di quello che è in realtà.
Prima dell’arrivo dei social i tempi erano più dilatati, c’era la possibilità di dare conferma o rettifica su una notizia, oggi invece, come avviene nello spettacolo questa possibilità manca, basta scriverlo su un social e la gogna mediatica comincerà il suo lavoro ben prima che venga chiarito il vero andamento dei fatti. Una macchina che è in grado di produrre senza verifica delle fonti una valanga di insulti, che alimenta un odio che spesso non ha senso di esistere. Questo Josep Maria Mirò lo aveva visto già dieci anni fa, quando lo spettacolo ha debuttato e i social stavo cominciando a produrre questo tipo di meccanismo che oggi è all’ordine del giorno.
È stato fatto un grande lavoro psicologico sui personaggi…
Sì, è stato fondamentale, la ricaduta sociale collettiva di questi movimenti psicologici dei personaggi è il vero fulcro dello spettacolo. Le loro reazioni sono come dei sassi lanciati in uno stagno che producono onde che inevitabilmente vanno a modificare tutta la situazione, comprese le reazioni che la platea ha durante lo spettacolo.
Alla fine della messa in scena cosa rimane del concetto di verità?
Lo spettacolo gioca sempre sull’ambiguità, sulla contraddizione. Si tratta di terreno nebbioso dove i social passano come un carro armato eliminando ogni nuance, appiattendo tutto e lasciando affiorare solo ciò che è eclatante, ciò che prende i sentimenti. Alla fine la verità non sarà svelata ma ogni spettatore costruirà la sua personale verità in base all’idea che si sarà fatto durante lo spettacolo.
Enrico Ferdinandi
1 aprile 2022
Informazioni
IL PRINCIPIO DI ARCHIMEDE
di Josep Maria Miró
traduzione e regia Angelo Savelli
con Giulio Maria Corso, Monica Bauco, Riccardo Naldini, Samuele Picchi
scene di Federico Biancalani | luci Alfredo Piras
spettacolo a posti limitati
Firenze, Teatro di Rifredi
da giovedì 31 marzo a domenica 10 aprile
(feriali ore 21.00; festivi ore 16.30; lunedì 4 aprile riposo)