L’ultimo DPCM vede, nuovamente, la chiusura dei cinema e teatri: luoghi non solo di intrattenimento, ma simbolo di cultura. Film destinati alle sale, approderanno nelle piattaforme streaming: un effetto collaterale che amplifica il vuoto della sala. A tal proposito, un’intervista a Manuele Ilari: esercente del cinema Madison di Roma, presidente UECI (Unione cinematografica esercenti italiani) e firmatario di una lettera, al Ministro Franceschini, sulla necessità di regolamentazione del mercato cinematografico.
Nella lettera viene richiesta una tutela per il mercato cinematografico. Come bisognerebbe intervenire per impedire che lo streaming prenda il sopravvento sulla sala?
Un intervento necessario e doveroso da parte del Ministero è quello di normare, come già fatto nella legge annullata del ‘98, le finestre di sfruttamento del prodotto cinematografico. Fino ad adesso siamo andati avanti con degli accordi quadro, riga dopo riga, e una prassi commerciale che non è mai stata toccata da nessuno. Queste piattaforme hanno avuto l’intelligenza di poter fare a loro piacimento e saltare così tutte le finestre di sfruttamento. Quindi in questo momento il ministero deve decidere quale è la prassi commerciale: prima lo sfruttamento nelle sale cinematografiche, dopo un periodo può andare in noleggio con dvd , o nelle piattaforme a noleggio - ad esempio CHILI – e successivamente il passaggio sui canali in chiaro.
Infatti siamo abituati a guardare i film sullo schermo di casa, ma il cinema vive della sala: solo lì è possibile la condivisione di un’esperienza, unica ed intima, tra sconosciuti. Senza la sala, si può ancora parlare di cinema?
No, diventa un prodotto televisivo e non più cinematografico. L’esperienza di un film vissuto in sala è tutta un’altra cosa: a casa se il prodotto non ti piace cambi canale, non sei quindi attento ad assimilare l’immagine che stai vedendo come in sala.
Sono assolutamente d’accordo… Quali soluzioni per la sopravvivenza – e ridefinizione – della sala in questo scenario?
Viviamo in un mercato che non è regolamentato, non c’è una norma che regolamenta il nostro settore: nel 2020 è agghiacciante. È necessario , come già fatto per altri settori, un regolamento per l’audiovisivo cinematografico in modo da avere delle regole certe a tutela di tutte le categorie.
I festival cinematografici previsti inizialmente in sala – penso al prossimo Torino Film Festival - saranno fruibili esclusivamente online. Quanto incide questa realtà sugli esercenti?
Ci troviamo in un periodo pandemico: con i numeri di oggi è impensabile fare un festival nelle sale anche perché i cinema sono chiusi. Ma ciò che trovo senza senso è fare un festival cinematografico, con i soldi pubblici, per la propaganda dell’esercizio cinematografico quando i film ad oggi possono uscire sulle piattaforme. Non è più un festival cinematografico , ma una sponsorizzazione verso le piattaforme.
Silvia Scarpini
4 novembre 2020