Scritto da Angela Turchini e diretto da Marzia Verdecchi, OscuraMente racconta le difficoltà e le fragilità insite nei rapporti tra genitori e figli all’interno di una famiglia come tante, ma per comprendere meglio l’incipit che ha dato il via alla storia, ci siamo rivolti direttamente a chi questa storia l’ha messa nero su bianco, ovvero alla sua autrice, Angela Turchini.
La storia scava nelle profondità dell’animo umano e presenta una famiglia sull’orlo della crisi più profonda: com’è nata l’idea?
‘Mi sono ispirata osservando la realtà. – ha ammesso Angela - Soprattutto negli ultimi anni veniamo a conoscenza di tante storie familiari diversamente drammatiche che causano stupore negli altri, in particolare in amici o conoscenti delle persone coinvolte, che rimangono allibite da ciò che è accaduto, quasi come se le cose fossero capitate all’improvviso senza un apparente motivo… ma non è così. Ci sono ragioni profonde che portano le persone ad agire in un determinato modo, per cui ho voluto raccontare una di queste storie dall’inizio, da come si sarebbe potuta scatenare la causa che porta al drammatico effetto finale per cercare di spiegare al pubblico la dinamica di certe situazioni. I media ci hanno abituato a conoscere la storia dalla sua amara conclusione, mentre io volevo far capire allo spettatore il percorso che compiono certi avvenimenti e che non capita tutto da un momento all’altro. L’idea era quella di riavvolgere il nastro della storia e raccontarla dall’inizio’.
Questa storia avvincente Angela Turchini l’ha voluta affidare nelle mani di un’altra donna, la regista Marzia Verdecchi, che ha avuto l’onore e l’onere di trasformarla in una pièce teatrale.
‘Ho voluto dare un taglio cinematografico alla messinscena. Ho lavorato sullo spazio scenico utilizzandolo - ci racconta la Verdecchi - come se fosse un set cinematografico in cui ogni inquadratura veniva definita dalle luci di scena. Ho cercato e creato questo gioco di chiaroscuri, di ombre e penombre e volutamente ho piazzato al centro del palco un ambiente più scuro simbolo dell’ ‘altrove’ che rispecchia il subconscio e l’immaginazione del protagonista. Il dramma si svolge in una sola giornata e, anche se non ho voluto che i personaggi si sfiorassero tra loro per dimostrare proprio la lontananza e il distacco che li separava, il lavoro è stato fortemente corale: tutto il cast ha lavorato spinto da una forte sinergia e, in otto giorni di prove, si è formata una squadra affiatata e unita’.
Ogni protagonista, infatti, ha provato la propria parte da solo prima di riunirsi agli altri e forse la sfida più grande è stata proprio questa. Riccardo Rendina, giovane doppiatore che interpreta Leonardo, ha rivelato l’esistenza di una precedente versione con un altro cast di cui lui è l’unico “superstite”...
‘Di fatto non ho dovuto tanto studiare il copione, - afferma Rendina - che conoscevo già proprio perché ho partecipato alla prima versione, ma ho dovuto lavorare sulle atmosfere e sulle intenzioni, ed è stata questa la difficoltà maggiore. Si è creato però un buon gruppo, ci siamo ascoltati e aiutati e ognuno si è adeguato ai ritmi dell’altro senza prevaricarlo. Carlotta e Italo mi hanno aiutato molto’.
Carlotta Mancini e Italo Amerighi, che interpretano Lena e Gerardo, i genitori di Leonardo, sono stati particolarmente brillanti nel mettere in scena l’amore bugiardo di questa coppia.
Quanto è stato difficile lavorare sui personaggi e sul rapporto tra di loro e con il personaggio di Riccardo?
‘È stato molto faticoso – ha ammesso Carlotta – perché Lena è tutto e niente, dentro di sé cova molto malessere e far uscir fuori questa parte di lei attraverso azioni quotidiane e normali per trasmetterla al pubblico in sala è stato molto complicato. Bisognava costruire il personaggio partendo dalla normalità della vita quotidiana’.
‘E’ stato difficile perché in scena dovevo aver ben chiaro cosa provavo per lei – ha continuato Amerighi – quale fosse il vero rapporto che Gerardo ha con Lena, per cui abbiamo dovuto comprendere insieme il background di questa coppia’.
A sottolineare quanto lo sviluppo dei personaggi sia stato il vero motore della storia, la regista ha svelato qualche particolare delle prove: ‘L’ultima scena – ha ammesso la Verdecchi - è stata molto faticosa tanto che hanno sentito la necessità di provarla in piedi perché si tratta di una scena particolarmente scura, infatti i loro corpi si intravedono poco, per cui volevo che la forza espressiva della scena fosse affidata unicamente alla voce. Per me avrebbero potuto recitare completamente al buio perché sono riusciti a trovare delle sfumature vocali intense e interessanti per cui il pubblico è riuscito a percepire emozioni e sentimenti dei personaggi’.
Dopo aver regalato al pubblico dell’Hamlet uno spettacolo così coinvolgente, quale sarà il prossimo passo?
‘Sicuramente continuare a sviluppare e lavorare su questi personaggi per far crescere lo spettacolo ancora di più, perché può ancora dare molto – ha affermato Amerighi, e a lui si sono unite regista e autrice sottolineando come - Lo stesso pubblico in sala, che ha interagito con noi alla fine di ogni serata, ha tenuto a dirci che possiamo portare lo spettacolo a un livello superiore, e approfondire maggiormente i rapporti tra i personaggi’. ‘Abbiamo fatto squadra anche con il pubblico – ha detto la Turchini - e ci è piaciuto metterci in gioco e fare qualcosa che allo spettatore è piaciuto, rispettando quel tacito patto che si instaura nel momento in cui l’attore sale sul palco’.
La squadra più forte è quella che avete formato tra di voi durante le prove:
‘È stata un’esperienza molto positiva – ha rimarcato Amerighi - ogni sera c’era sempre uno sviluppo diverso della storia e dei personaggi che ci ha permesso di portare lo spettacolo a un gradino più alto. Tutti noi abbiamo dovuto affrontare le nostre rigidità durante il percorso, ma non ci siamo mai chiusi dietro i nostri personaggi anzi, ci siamo aiutati l’un l’altro’.
‘Non abbiamo mai pensato a noi stessi – ha aggiunto Carlotta Mancini – ma sempre a come portare sul palco lo spettacolo e a come renderlo migliore per il pubblico’.
Il Teatro Hamlet è stato lungimirante nell’ospitarvi sul proprio palco...
‘Indubbiamente tutto è stato possibile perché la direzione artistica del Teatro Hamlet, nella figura di Gina Merulla, ha creduto nel testo e ci ha accolto calorosamente dandoci l’opportunità di portare in scena lo spettacolo’.
Diana Della Mura
8 ottobre 2019