Il tre volte campiane italiano di Poetry Slam sarà protagonista del Todi Festival 2019 con il suo spettacolo ‘Via!’ e con la presentazione del libro ‘Scriverò finché avrò voce’.
La prima serata del festival che animerà Todi a partire dal 24 agosto sarà inaugurata da colui che si è meritato l’appellativo di ‘rivelazione del 2019’, ovvero Simone Savogin, re della poetry slam.
Direttore di doppiaggio e doppiatore/adattatore di videogiochi, scrittore e amante degli haiku, Simone è prima di tutto uno slammer, ovvero un poeta moderno che ha imparato ad affinare non solo l’arte letteraria ma anche quella vocale per usarle insieme creando un mix vincente e avvincente di ritmo, musicalità e poesia pura. Sebbene in molti tendano a non considerare il Poetry Slam allo stesso livello della più classica arte poetica, lo slammer può definirsi a tutti gli effetti un poeta dei nostri giorni che, seguendo il ritmo della propria voce, si diverte a giocare con quei suoni e quelle allitterazioni propri della poesia. Simone è maestro proprio in quest’arte che è riuscito a far apprezzare anche a un pubblico più vasto grazie alla sua partecipazione a “Italia’s Got Talent”, durante la quale ha presentato un pezzo molto profondo e intimo in cui il pubblico in studio si è rispecchiato e ha mosso a commozione anche la giuria del talent show.
Forte di questa meritata notorietà, Savogin approderà a Todi con uno spettacolo inedito di cui ci ha parlato non senza condividere emozione e preoccupazione:
“‘Via!’ affronta il tema del ‘viaggio’, sia fisico che mentale, costituito da tutte le esperienze che mi porto dietro e che sul palco condividerò con una persona immaginaria e con il pubblico. I pezzi slam scandiscono i miei pensieri e il rapporto che instauro con quest’altra compagna con cui interagisco virtualmente perché sarò di fatto solo sul palco, dato che mi sembrava pleonastica la presenza di qualcuno che se ne stesse muto tutto il tempo. Lo slam rappresenterà un’interazione funzionale alla creazione di un legame con l’altro personaggio e con la platea in sala. È la prima volta che unisco lo slam alla prosa e spero che il pubblico apprezzerà questo ibrido che serve ad attribuire una storia alla poesia e poesia alla storia che racconto”.
Arrivi al festival forte del successo riscosso partecipando a ‘Italia’s Got Talent’. Cosa ti ha convinto a partecipare?
Semplice, mi hanno iscritto i soci della LIPS – la Lega Italiana di Poetry Slam, di cui sono membro direttivo. Mi sono prestato con piacere perché lo scopo era quello di far crescere la notorietà dello slam e così è stato. Dopo la mia partecipazione, la ricerca della parola slam su Google ha evidenziato un picco del 7000 percento in più di visualizzazioni: direi che è andata benissimo! Abbiamo visto aumentare le persone interessate a fare slam e a partecipare agli incontri e soprattutto c’è più consapevolezza di cosa sia lo slam e si prova anche meno paura e ritrosia verso questa forma di espressione. Adesso le persone partecipano alle serate di Poetry Slam con un’aspettativa diversa e un maggiore coinvolgimento che li porta a tifare uno slammer piuttosto che un altro.
Cos’ha lo slam in più rispetto alla poesia tradizionale?
Lo slam ha la forza di avere più voci perché c’è la tua ma anche quella del pubblico che ti ascolta. Inoltre, il pretesto della sfida tra slammers piace perché intriga lo spettatore ma anche chi la affronta in prima persona. Chi sale sul palco a esibirsi, però, è anche consapevole che si tratta di un gioco e forse proprio per questo è disposto a mettersi più facilmente in discussione aprendosi agli altri e declamando le proprie poesie. Lo slam piace proprio perché è semplice, eterogeneo in quanto permette di far conoscere tra loro più persone e consente una libertà intrinseca di espressione.
Come reagisci quando qualcuno afferma che il Poetry Slam non è poesia?
L’unica risposta che puoi dare in questi casi è ok, perché in realtà chi insiste che lo slam non sia poesia è o uno studioso o uno scrittore di poesie e non cambierebbe mai la propria convinzione né il suo modo di definire la poesia. Puoi cercare di ragionarci e di chiarire cosa intendi per Poetry Slam, ma non ammetterà mai che sia arte poetica.
Come ti aspetti che il pubblico del festival accolga il tuo spettacolo?
Bella domanda… mi esibisco sabato e a tutt’oggi non so ancora se inserire o meno dei pezzi… sono in balia di una mixed emotion: da una parte ho paura del teatro, che finora ho affrontato tra alti e bassi ma il cui mondo mi ha sempre affascinato, dall’altra penso che è quello che ho sempre fatto… diciamo che mi piace vivere in questa sorta di incertezza fino all’inizio dello spettacolo. Non so cosa aspettarmi dal pubblico del festival perché non lo conosco: non so se troverò un pubblico aperto alla novità oppure uno di quelli dalle alte aspettative che non accetta di assistere a uno spettacolo banale o inferiore alla perfezione.
Finito lo spettacolo, domenica 25 presenti anche il tuo libro ‘Scriverò finchè avrò voce’: in questo caso quali sono le tue aspettative?
Dopo la declamazione, la pubblicazione dei pezzi slam rappresenta quel passo in più che volevo compiere perché hanno mosso tante critiche allo slam definendolo una spettacolarizzazione della poesia che non reggerebbe su carta. Ora che ho pubblicato i miei versi, vorrei ricevere un parere dal pubblico e dalla critica e capire se lo slam regge bene o meno e perché. Vorrei un confronto costruttivo.
A chi vorrebbe far parte del mondo del Poetry Slam, come consiglieresti di iniziare?
Non è il come, l’importante è iniziare. Non avere paura di scoprirsi in tutti i sensi, perché lo slam consente di conoscere sé stessi in ogni modo possibile, sia dentro che fuori. Non bisogna aver timore di risultare banali o astrusi, ma bisogna assumere un’apertura mentale tale da essere in grado di scoprirsi e farsi scoprire dagli altri. È anche possibile che, dopo aver provato, si capisca che non sia quella la forma di espressione più adatta per sé, basta ammetterlo e non per questo andrebbe a minare la tua autorità o la tua stima.
Diana Della Mura
22 agosto 2019