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Intervista ad Antonio Conte, in scena con "Siamo tutti buoni" al Teatro dell'Orologio dall'1 al 13 marzo 2016
Siamo tutti buoni: è davvero possibile, con i tempi che corrono, essere tutti buoni, lasciare da parte i propri interessi personali e aiutare il prossimo?
Essere tutti buoni sarebbe come essere tutti cattivi è impossibile che la massa si riconosca in un modello di vita. E' sempre l'individuo come singolo alla base di grandi scelte. Non tutti sono disposti a rischiare ma se c'è qualcuno che comincia è facile che poi parte della massa lo segua.
Uno dei personaggi è una ragazza romena sprovvista di permesso di soggiorno: il tema dei migranti è quanto di più attuale al momento. In che modo è stato affrontato?
Sottolineando i pregiudizi, i luoghi comuni, l'ignoranza di chi spesso giudica. Evidenziando, come troppo spesso accade, che li dove c'è un vuoto legislativo allo stato si sostituisce una malavita molto più capace e pronta ad adattarsi ai cambiamenti sociali e a trovare risposte a problemi improvvisi. Quello stato che poi comunque a vari livelli finisce con il collaborare con la malavita.
Il suo personaggio, Vincenzo, trova un tetto alla ragazza romena ma solo per tornaconto personale per avere da lei quel tanto che gli serve per sopravvivere. Secondo lei, fino a quando si può continuare solo a sopravvivere senza vivere davvero?
Toccherà tentare di sopravvivere fino a quando avremo governanti che antepongono all'interesse dei popoli i loro interessi privati, come singoli o come gruppi organizzati. Ma il vero problema è il popolo, perché continua a votare pluri indagati, condannati o comunque manifesti incapaci solo perché schiavo eterno di ideologie, smentite clamorosamente dalla storia, e incapace, perché faticoso, di discutere di idee.
Di compromessi la vita di un uomo può essere disseminata: quali sono i più grandi e sofferti compromessi che compie il suo personaggio?
La vita è uguale per tutti. A tutti presenta lo stesso conto. Può andar bene e può andar male. A Vincenzo è andata male. Una famiglia fallita, un figlio incapace, un lavoro che non è un lavoro. E per sopravvivere deve anche lui scendere a compromessi. Colleghi di lavoro con cui non condividerà mai nulla di più , un figlio che non aggiungerà mai nulla alla sua vita, e al di là dei desideri e delle aspettative si deve accontentare di ciò che la vita gli concede.
Ognuno può essere all’occorrenza vittima e carnefice: il suo personaggio come si schiera?
Alla fine rimarrà vittima di se stesso. Per quanto la sua vita migliorerà indiscutibilmente sul piano economico si troverà a fare i conti con uno dei mali più terribili che possa colpire un uomo, la solitudine.
Quanto e come può aiutare il teatro a trasmettere l’importanza di temi quali l’immigrazione, la solidarietà e il sostegno reciproco?
Il teatro storicamente ha sempre svolto il ruolo di censore nei confronti del potere. La possibilità di far dire a personaggi inesistenti cose che in nessun altro luogo potrebbero esser dette continua a renderlo una delle forme più libere di espressione. Il teatro può permettersi di essere politicamente scorretto e quindi di dire la verità. Niente buonismo, pacifismo, moralismo, ma solo dire ciò che moltissimi pensano ma in pochi dicono. Certo non bisogna confondere la serietà con la tristezza. Lascia un segno molto più profondo una bella risata che due ore di tristezza. Il teatro ti può far ridere e pensare allo stesso tempo. Attraverso il grottesco, il comico, il divertimento i problemi spesso evidenziano la loro vera essenza. Tu spettatore li guardi dal di fuori con animo più sereno e così magari ti rendi conto che qualcuno, il potere politico/economico, aveva interesse a farteli apparire per quello che non sono
Diana Della Mura
29 febbraio 2016