#andiamoateatro
Come nasce il gruppo INDIGENA? Da dove deriva e cosa rappresenta il suo nome?
INDIGENA nasce a Padova nel 2011 da un ristretto gruppo di artisti già formati, legati da esperienze, esigenze ed estetiche simili.
Rispetto alle altre interessanti realtà teatrali indipendenti del territorio Padova-Venezia (Babilonia Teatri, Teatro Bresci, etc.), in termini puramente anagrafici, siamo un po' come i loro fratelli più grandi...
Il nome Indigena fu proposto dal regista Stefano Pagin perché aveva una debolezza per le parole che contenessero "Ind" e aveva chiamato appunto Indigena un suo spettacolo su Marghera, città creata ex novo dove nessuno degli abitanti poteva dirsi "indigeno".
La caratteristica del vostro modo di fare teatro è l’essenzialità: tutto è affidato all’attore e alla sua bravura. Come si preparano ad affrontare il palco i vostri attori?
E' vero, ma questo non vuol dire che prescindiamo dal lavoro registico. Anzi, Stefano Pagin, Stefania Felicioli, Stefano Scandaletti, Anna Cianca e Christian Angeli danno una grande impronta registica agendo proprio sul lavoro degli attori. Ognuno di noi, poi, ha una sua vitalità in teatro, al cinema, in televisione etc. anche al di fuori di Indigena. Questo ci permette di continuare il nostro lavoro stando sempre a contatto con altre realtà e modi di fare spettacolo.
Quanta importanza ricopre la parola e la mimica dell’attore all’interno di una scenografia spoglia come la vostra?
Se abbiamo un carattere distintivo, in effetti, è proprio il culto della parola scritta. Per quanto riguardo le scenografie, invece, esse sono spesso scarne in parte per una scelta estetica, ma anche, diciamola tutta, per una questione di budget. Le piccole produzioni indipendenti non si possono permettere scenografie costose da realizzare e da trasportare. Abbiamo cercato di coinvolgere degli artisti visivi per ideare dei concept scenici agili e interessanti. Tuttavia, purtroppo, il mondo del teatro e quello dell'arte contemporanea continuano a viaggiare su due binari separati. E' estremamente difficile realizzare una intersezione e, anche quando questa avviene, è raro che soddisfi entrambi gli ambiti.
Millennium Bug era stato originariamente concepito con un'idea di interpretazione molto "performativa" del testo di Sergio Gallozzi. Con la regia di Christian Angeli si è arrivati a conciliare la performance con un concetto più teatrale, trasformando il monologo in un'azione dialogica.
I vostri testi sono carichi di significato e di profondità: secondo quale criterio decidete di mettere in scena certi argomenti, anche molto forti, come quello di Millennium Bug? Nello specifico, cosa vi ha spinto a elaborare tale testo e a portare in scena la vicenda di Luca Coscioni?
Intanto sono i temi che si vogliono affrontare a dettare la scelta. Con Indigena operiamo a tutto campo: drammaturgia classica, contemporanea, adattamento di opere letterarie o poetiche. Scandaletti sta per debuttare in questi giorni con Troilo e Cressida nella riscrittura di Mauro Santopietro; nel caso di Millennium Bug è stato Luca Coscioni a dettare legge. Gallozzi si è ispirato al suo libro-diario Il Maratoneta, che di letterario in senso stretto ha ben poco.
Procediamo passo passo, senza darci troppe regole.
Cosa intendete trasmettere al pubblico con questo testo e che reazione vi aspettate dagli spettatori? Come pensate che accoglieranno questo spettacolo? In particolare, pensate che il pubblico italiano sia pronto culturalmente e moralmente ad accogliere testi e recitazione audace come la vostra?
In linea generale, ci piace pensare che il pubblico sia sempre preparato. Il concetto che il pubblico debba essere educato è un concetto falso. Il pubblico sceglie , va a teatro, non ci va, preferisce il cinema o la televisione, in ogni caso sceglie.
Con Millennium Bug, cerchiamo di incitare il pubblico a riattivare l'attenzione sui temi cosiddetti etici e ci auguriamo che gli spettatori lascino il teatro con qualche elemento di giudizio in più sul quel passato prossimo tutto italiano degli anni zero. Dopotutto, sono passati 10 anni dalla morte di Coscioni e i ventenni di oggi non ne hanno mai sentito parlare.
Abbiamo cercato di interessare alcune associazioni attive a livello politico o sociale o in ambito scientifico e ci auguriamo di avere quindi un pubblico eterogeneo fatto anche da persone che vanno a teatro di rado. Ci siamo anche preoccupati che i teatri non avessero barriere architettoniche; cosa purtroppo non scontata soprattutto nella scena OFF romana.
Quant’è sottile il confine tra teatro e realtà e quant’è difficile trasmettere al pubblico sentimenti, sensazioni e pensieri di un uomo costretto a vivere in condizioni di estrema difficoltà come Coscioni?
Il confine è nettissimo. I temi possono essere reali, attuali ed anche i personaggi lo possono essere. La lente d'ingrandimento del teatro serve a leggere in profondità quello che nella realtà non riusciamo a mettere a fuoco. Ci si sofferma un attimo o "un atto" in più su quel concetto che, altrimenti, rimarrebbe superficiale o imprigionato in una sfera solo emotiva. In questo caso, con Christian abbiamo optato per una scelta radicale dove la malattia non è affatto rappresentata sulla scena. Al contrario, abbiamo voluto far emergere il pensiero e l'energia di Coscioni profusa nella sua battaglia per la libertà di ricerca scientifica. Questo messaggio, quello cioè della libertà contrapposta all'irragionevolezza dogmatica, è un messaggio teoricamente facile da trasmettere, in quanto fortunatamente insito nella nostra cultura occidentale.
Una vostra personale riflessione sulla vicenda di Luca Coscioni
Luca Coscioni ci è apparso subito come un eroe moderno. Diceva Brecht: "sventurata è la terra che ha bisogno di eroi". Vero, ma ahimè siamo ancora così sventurati da dover salutare con favore l'affacciarsi di un nuovo eroe. Ci aiuta a capire che dietro alla rivendicazione di diritti ci sono persone, vite, esistenze che spesso non possono attendere i tempi della politica. La vita se ne va in fretta. Resta solo il tempo del rimorso per non aver agito in tempo utile. Comunque, Luca Coscioni, per nostra fortuna, continua ad agire. E' notizia di oggi che l'Associazione da lui voluta ha ottenuto la calendarizzazione alla Camera della proposta di legge di iniziativa popolare per l'eutanasia legale. Non male per un ragazzo che è stato attaccatissimo alla vita fino alla fine come Luca. Non ha mollato mai, da vero maratoneta!
Diana Della Mura
14 gennaio 2016