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Un saltimbanco delle emozioni. Che bussa al cuore, poi fugge. Perché c’è da far vibrare un’altra anima. Limitativo definirlo attore, regista oppure scrittore. Antonio Rezza è un genio. Che non potrebbe però esistere senza la sua altra metà, Flavia Mastrella. Anelante più che uno spettacolo, è una festa. Le acrobazie fisico-verbali del 50enne artista novarese s’incastonano nella scenografia costruita dalla sua musa ispiratrice. A differenza dei precedenti lavori, c’è una novità. Sul palco, con Rezza ci sono cinque attori che parlano. Resta invece immutabile quell’atmosfera magica che avvolge lo spettatore, un marchio di fabbrica rezziano che rende superfluo seguire ogni racconto e carpirne il significato. Ed il vortice delle sensazioni ti avvolge, ineffabile, anche chiacchierando con Rezza che abitualmente ama rilasciare le interviste sempre insieme alla Mastrella, stavolta però assente giustificata perchè costretta ad una fisioterapia per una frattura al braccio.
Anelante è il suo dodicesimo spettacolo insieme a Flavia: 28 anni di una simbiosi, più che di un semplice binomio.
Sì, è il dodicesimo perché poi altri lì abbiamo, non rinnegati perché sempre parte di un percorso, ma non rappresentati più perché avevano un po’ il sapore di quel tempo. Erano sempre cose assurde, sempre cose mai poggiate a terra. Così abbiamo fatto la scelta di portare in giro per adesso solo gli ultimi sette spettacoli.
Anelante, che desidera, participio presente, fa pensare ad un eterno movimento.
Sì, anche di un eterno desiderio, di un eterno combattimento. Noi siamo due combattenti, siamo due guerriglieri e quindi il tempo verbale che più ci rappresenta è quello che simboleggia l’azione. Il participio presente è così, nella sua struttura.
Che cosa racconta Anelante?
Come al solito racconta quello che vuole perché non dipende esclusivamente soltanto dalla nostra volontà dispotica di autori che fanno una supervisione gerarca di quello che fanno. Noi siamo sempre per scipparci l’opera dalle mani. Quindi, quello che racconta non lo so, è sicuramente uno spettacolo differente. E’ sorprendente anche per noi averlo fatto dopo Fratto X. Sta venendo tantissima gente perché ci viene riconosciuta in modo insindacabile una diversità, una voglia di non adagiarci mai. Potevamo andare in pensione dopo Fratto X e consegnare alla storia sei spettacoli memorabili, uno diverso dall’altro. Questo Anelante ci dà la possibilità di concepire un futuro in funzione di più presenze perché stavolta siamo in cinque sul palco e quindi per noi si aprono delle strade nuove. Non per il teatro classico che utilizza tanti attori. Ma per noi sì perché non utilizziamo attori e siamo tanti in scena, cioè sono anche attori quelli che lavorano con noi ma noi non li facciamo recitare. Questo è il merito più grande del lavoro che facciamo. Non recitiamo noi, non recita chi sta con noi.
Rispetto a Fratto X, Anelante è un gioiello a se stante o si raccorda con i vostri spettacoli precedenti?
No, è diverso. Più lo faccio e più penso che sia la cosa più bella che abbiamo realizzato proprio perché c’è questo nuovo coraggio, questa nuova incoscienza di andare da altre parti. Potevamo fare Fratto X2, Fratto X3, potevamo fare 7-14-2, potevamo fare tante cose, adattandoci sul nostro talento. Noi non siamo d’accordo neanche con quello che facciamo, vediamo nelle nostre opere passate dei nemici da abbattere o da eguagliare. Questo è il più bello fatto senza ombra di dubbio perché è ancora più coraggioso andare da altre parti dopo aver fatto delle cose alle quali hanno aderito migliaia di persone.
Ha accennato alla tensione emotiva in Anelante. Il rapporto tra corpi e spazio. C’è una tensione fisica forte. E’ uno spettacolo che può dare scandalo?
Se fossimo così paraculi o in malafede diremmo sì da scandalo, così la gente è attratta. C’è del sesso come c’è sempre stato ma non è una rappresentazione del sesso, è un’idea psicoanalitica del sesso. Se vogliamo attirare gente possiamo dire che può dare scandalo ma a noi la cultura ufficiale non farà mai il regalo della pubblicizzazione dello scandalo istituzionale. Non c’è niente di cui scandalizzarsi, lo spettacolo è sempre forte, ma la forza non crea scandalo, la potenza non crea scandalo. La potenza è una forza fisica.
Immedesimandosi per un istante nel pubblico, cosa vorrebbe provasse e dicesse al termine dello spettacolo?
Soltanto di aver provato una grande emozione fisica oltre che un massaggio violento al cervello. Vorrei che la fine dello spettacolo fosse come la fine di un rapporto amoroso corrisposto. Quindi sfiancante. Tutto l’amore corrisposto è sfiancante, è meglio quello non corrisposto.
Ha detto: dopo Fratto X potevamo andare in pensione, con Anelante si aprono nuovi scenari e allora le chiedo cosa bolle nella pentola di RezzaMastrella?
Flavia realizza spazi nuovi ogni volta, aspettiamo un altro spazio nuovo. Bolle in pentola la nostra ricchezza economica, spero. Se noi diventiamo ricchi facciamo spettacoli con 10, 20, 50, 100 persone, quindi l’umanità deve sperare nella nostra ricchezza. Non solo interiore perché non prendiamo soldi ministeriali. Chi viene a vederci è rispettoso, è il nostro azionista Sa che uno spettacolo brutto noi non lo metteremmo mai in scena, piuttosto non lo facciamo.
E per il futuro è di buon auspicio anche il titolo. Anelante. Il desiderio, il desiderare sono termini onnicomprensivi.
Sì, desiderare non le cose d’altri ma anche quelle. Non è peccato desiderare le cose degli altri. Vorrei che tutti quelli che ci vedono, soprattutto gli addetti ai lavori, desiderassero le nostre cose. Non sarebbe un peccato. Sarebbe una dichiarazione di resa da parte loro.
Genny de Gaetano
14 gennaio 2016