Sabato, 23 Novembre 2024
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Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola ci parlano di OPEN CALL #43

In occasione di OPEN CALL #43, all'interno di Attraversamenti Multipli 2015, abbiamo incontrato e intervistato Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, al secolo gli Instabili Vaganti, che ci hanno parlato sia di loro e del workshop che hanno tenuto dal 6 all'8 ottobre, sia della loro attività performativa itinerante.


La Platea ha già avuto a che fare la passata stagione con gli Instabili Vaganti, seguendo il loro lavoro Megalopolis #43, ma quando e come nasce il progetto Instabili Vaganti?

Nicola Pianzola: La Compagnia nasce ufficialmente dal nostro sodalizio artistico nel 2004 a Bologna. Instabili Vaganti proprio perché in quel momento non avevamo uno spazio per il nostro lavoro basato sulla ricerca, sull'arte dell'attore, sul training quotidiano e sulla sperimentazione dei linguaggi performativi. Abbiamo bisogno di lavorare quotidianamente al di là dei periodi dedicati alla produzione di uno spettacolo o di un progetto, per cui ci sentivamo un po' itineranti, andavamo a cercare questi spazi anche fuori dall'Italia, in Europa e nel Mondo.

Anche se dal 2009 ci è stata affidata a Bologna la direzione di uno spazio del LIV Performing Art Center abbiamo mantenuto questo nome perché ha tracciato la nostra storia e il nostro destino in quanto siamo rimasti molto instabili e altrettanto vaganti non solo nelle tournée  legate agli spettacoli ma anche nei progetti stessi. La nostra modalità è quella di sviluppare un progetto, una ricerca artistica attraverso più step in diverse parti del Mondo coinvolgendo artisti, perfomer e danzatori di diverse nazionalità.

 

Cosa vi ha spinti a partecipare ad Attraversamenti Multipli e dove vi collocata la suo interno?

Anna Dora Dorno: Quella con Attraversamenti Multipli è ormai una collaborazione consolidata perché abbiamo preso parte al festival sia nell'edizione a Napoli, dove appunto il "lavoro" si svolgeva nelle stazioni della metropolitana, sia a Roma dove avevamo presentato il nostro lavoro Made in Ilva. Ovviamente conoscendoci reciprocamente, loro il nostro lavoro e noi il tipo di idea che c'è dietro un progetto di questo tipo, abbiamo praticamente creato insieme questo nuovo intervento. Quindi non solo una partecipazione con un nostro lavoro, Desaparecidos #43, che comunque è stato adattato agli spazi ma anche questa chiamata pubblica in modo da coinvolgere il più possibile persone interessate a lavorare negli spazi urbani e su tematiche sociali di un certo tipo come quelle che trattiamo all'interno di questa performance.


Quanto è funzionale il teatro performativo in rapporto alla vostre necessità artistico espressive?

Anna Dora Dorno: Rappresenta perfettamente il nostro modo di lavorare ai progetti. Come diceva prima Nicola, noi cerchiamo di prendere diversi input da diversi luoghi e contesti lavorando con persone che provengono anche da discipline diverse (artisti visivi, danzatori, musicisti...) e di conseguenza è ovvio che il linguaggio performativo in qualche modo è quello che si confà di più a questo tipo di lavoro. Ciò che ci contraddistingue maggiormente, venendo io dalle arti visive, quindi non avendo una formazione legata solo strettamente al teatro, e  Nicola anche dal Nuovo Circo, quindi un approccio fisico di un certo tipo, sono il lavoro quotidiano sull'attore e sul performer.


Cosa comunicano di volta in volta gli Instabili Vaganti al loro pubblico?

Nicola Pianzola: Abbiamo un approccio molto viscerale, di pancia si potrebbe dire. E' un approccio molto fisico-emotivo, affidiamo tutto all'empatia ,a un messaggio che non passa solo attraverso il contenuto ma affida molto alla forma, alla relazione che instauriamo con il pubblico. Per questo è importante anche la disposizione del pubblico, ovvero la presenza del pubblico nello spazio scenico. Nel precedente lavoro, Made in Ilva sull'Ilva di Taranto, lo spazio usato dal performer era molto piccolo e il pubblico era messo intorno a una distanza ravvicinata tanto che allungando un braccio lo spettatore poteva quasi toccare il performer che stava attraversando lo spazio su una lastra di metallo. Tutto questo è molto importante anche perché nella nostra storia abbiamo avuto a che fare con diversi pubblici in diversi Paesi, quindi per un po' abbiamo continuato a comunicare il testo in italiano, ultimamente invece abbiamo anche tradotto delle nostre opere in altre lingue, quindi Made in Ilva ha la sua versione in inglese, proprio perché era importante nel lavoro specifico comunicare anche il contenuto del testo; dare una comunicazione stratificata per livelli in modo che lo spettatore può scegliere la via del livello per seguire lo spettacolo e per tracciare la sua storia all'interno dello stesso e trovare un corrispettivo emotivo tracciando una sua drammaturgia personale. E' chiaro che non tutti i Paesi e non tutte le città hanno vissuto una storia come quella di "una sparizione forzata" ma c'è sempre un corrispettivo. Nel nostro modo di fare teatro partiamo dall'universale, scendiamo nel particolare, torniamo all'universale...vogliamo creare uno spunto di riflessione in modo che ognuno trovi la su storia e la storia del suo popolo.

 

Un buon consiglio ai nostri giovani lettori che vogliono avvicinarsi al Teatro come forma espressiva.

Nicola Pianzola: Innanzitutto avere chiaro quali sonno l'obiettivo della propria ricerca e il messaggio che si vuole trasmettere, poi fare una scelta molto precisa, se deve essere il lavoro della vita o no, perché almeno per me non ha mai funzionato stare a metà, avevo le idee chiare fin da piccolo, ho iniziato a fare teatro al liceo e come ho finito la scuola superiore ho cercato di lavorare a livello professionale costruendo la mia formazione per tanti anni in diversi Paesi. Quindi è un po' questo, perché si entra veramente in un universo completamente differente e lì si ritrova un modo differente dal normale di essere e comunicare al pubblico, è veramente un'altra modalità, senti a un certo punto che hai un ruolo e dei doveri, quindi non puoi restare indifferente quando accade qualcosa che ti tocca a livello emotivo, la tua arte e il tuo strumento per reagire.

Anna Dora Dorno: In base alla nostra esperienza e al fatto che noi cominciamo spesso un nuovo progetto con dei laboratori, e quindi abbiamo spesso a che fare con giovani che iniziano che vogliono imparare e andare a vanti, posso dire con certezza che bisogna "crederci", che è una cosa fondamentale perché se non credo in quello che faccio è difficile che riesco a portare avanti qualcosa in modo serio e continuativo e in maniera professionale. Quindi "crederci" e "investire" in qualcosa di preciso, perché la tendenza sbagliata che si ha ultimamente è quella di passare da una cosa all'altra. Ovviamente c'è tanta proposta però, come diceva Nicola, bisogna fare una scelta e se faccio una scelta per qualcosa in cui credo sicuramente riesco a crescere e ad andare avanti.


Fabio Montemurro
15 ottobre 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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