Dopo aver seguito il suo spettacolo al Brancaccino in chiusura di stagione 2014/2015 e dopo aver vinto il Premio Nazionale alla Drammaturgia del DO.IT abbiamo intervistato l'autore e regista Giancarlo Nicoletti.
Festa della Repubblica, uno degli spettacoli rivelazione della scorsa stagione, inaugura il suo #trattativatour2016 al Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo a Napoli. Dopo aver conquistato il pubblico e la critica romana, è fra i 5 spettacoli finalisti del contest nazionale “Stazioni di Emergenza 2015”. Sul palco accanto all'autore e regista Giancarlo Nicoletti, il 26 e 27 settembre, sono in scena Stefania Fratepietro, Valentina Perrella, Luca Di Capua, Alberto Guarrasi, Davide Sapienza, Alessandro Giova, Cristina Todaro, Silvia Carta, Diego Rifici, Alessandro Solombrino.
Come nasce l’idea di Festa della Repubblica? L’intenzione è quella di rendere omaggio al nostro Paese?
Proprio di omaggio non parlerei; è piuttosto un affresco, realista, a volte cinico, totalmente disincantato. In questo senso, il titolo è assolutamente e volutamente parossistico, perché è chiaro che ci sia poco da “festeggiare”. L’idea era e rimane quella di voler raccontare le esasperazioni, le contraddizioni e le aporie della contemporaneità italiana, soprattutto quella dell’ultimo ventennio, ma in buona sostanza con un richiamo forte a dei leitmotiv della cultura, dello status sociale e dell’attualità che sono ricorrenti dal dopoguerra in poi, e credo, a questo punto, praticamente immutabili.
Quali sono i parametri che ti hanno fatto scegliere gli attori che ti accompagnano in questa avventura? Che caratteristiche ti hanno colpito?
Molti dei ruoli sono stati pensati, scritti e cuciti addosso agli interpreti, e, in alcuni casi, la cosa ci ha molto aiutato in fase di allestimento. Alla fine ci rendiamo conto che la qualità attoriale è uno dei punti di forza del lavoro. Il cast artistico condivide un’idea chiara di fusione fra surrealismo e naturalismo. Cerchiamo, poi di svecchiare le dinamiche, quelle del fare teatro in sé, e questo è facilmente rilevabile vedendo lo spettacolo: utilizzo quadridimensionale dello spazio scenico, cambio di prospettiva al pubblico della visuale sulle scene, eliminazione dell’articolazione pulita e sporcatura voluta delle parole, attori liberi di andare spalle al pubblico, commistione dei linguaggi dei caratteri, eliminazione delle quinte e utilizzo del palco senza sipario e senza “neri”, utilizzo di tutto lo spazio del teatro (non solo del palcoscenico), scene contemporanee e che si accavallano una sull’altra, nessun tempo comico all’italiana, punteggiatura non recitata. Devo dire che il cast ha risposto e continua a rispondere molto bene alla sfida: il pubblico ce ne ha dato atto, e spero continui ad essere così.
Nel comunicato si legge #trattativatour2016. Perché trattativa?
E’ uno dei punti chiave della trama dello spettacolo: la ricerca spasmodica ed esasperata di un presunto fascicolo contenente le prove della trattativa Stato-Mafia, su cui si innestano le vicende e i risvolti della trama e dei singoli personaggi. Si tratta, però, di un espediente drammaturgico e contenutistico allo stesso tempo. Drammaturgico perché serve come motore immobile di ciò che succede in scena (ma potrebbe benissimo trattarsi di altro e non per forza di questo); contenutistico perché richiama fortemente qualcosa che è attuale da sempre, e cioè il torbido, il non rivelato, il nascosto dei giochi del potere; ma anche questo diviene oggetto di un certo scherno cinico. E per questo l’idea del #trattativatour2016.
Si parla, inoltre, di teatro contemporaneo. Cosa dobbiamo aspettarci?
Contemporaneo è una definizione pericolosa, ultimamente, soprattutto perché giustamente declinata nella soggettività artistica. Il teatro contemporaneo, a ben pensarci e a voler andare per significato nudo e crudo, è tutto il teatro che si fa oggi, senza distinzioni, perché si fa in questo momento, e perciò “contemporaneamente” a noi. Per questo siamo tutti contemporanei o non lo è nessuno. Quindi posso dire cosa è contemporaneo per me, e cioè la volontà di rischiare, di fare qualcosa di diverso e di non ripiegarsi sui meccanismi e sulle dinamiche già strutturate e viste. Contemporaneo è la voglia di non stare seduti a guardare, è la responsabilità del rischio, il desiderio di camminare per altre strade. Con tutti i pro e i contro che ne derivano, ovviamente.
Quanta realtà c è nelle situazioni che descrivi nello spettacolo?
Tanta, tantissima. Ed è una realtà descritta in maniera forte, fredda, spesso cattiva. E’ la realtà, soprattutto, di un paese e di una società che ricercano delle verità che poi non vogliono sentire veramente. Uno dei personaggi dice: “…perché la verità non serve a niente, e non ve la meritate nemmeno, bastardi.” Credo sia proprio così, ma non lo dico con cinismo, piuttosto con senso del reale; bisognerebbe liberarsi dalla patina del perbenismo e dei buoni sentimenti: che, in fondo, sono cosa diversa da un’etica corretta e improntata al comportarsi bene. E’ la realizzazione di una verità ineludibile, nulla di più. I personaggi possono sembrare “negativi”, ma sarebbe riduttivo considerarli così: semplicemente, i personaggi non comunicano la propria individualità e i propri obiettivi in maniera chiara, né al mondo, né a sé stessi, ed è per questo che tirano fuori i propri istinti più bassi e infimi. Ma se pensassi che non ci fosse speranza, non avrei messo in scena l’assenza di speranza: è lo stesso meccanismo della catarsi nella tragedia greca, rappresentare l’orrore per educare al disvalore, per cercare la purificazione. Senza moralismi, tuttavia: il pubblico deciderà cosa pensare e quale messaggio ricavare dalla sottile denuncia in maniera assolutamente autonoma.
Dopo Galleria Toledo cosa prevedi? Quali sono le città che avranno modo di ospitare Festa della Repubblica?
Siamo in fase di definizione degli accordi per la prossima stagione, quest’anno tante realtà si stanno muovendo in ritardo rispetto al solito, anche a causa della riforma del FUS, sulla quale non mi pronuncio. Saremo sicuramente in Sicilia, nelle città principali, ed anche in Puglia; torneremo a Roma, dove lo spettacolo a debuttato, a Maggio 2016, nello spazio off del Teatro della Cometa. E poi, chissà, forse una sorpresa internazionale, fuori dal territorio italiano. Ma su questa voglio essere scaramantico.
E' l’unico progetto di questa stagione?
No, anche se “Festa della Repubblica” rimane il lavoro che sarà più rappresentato in giro durante la prossima stagione, abbiamo altri due progetti: “#salvobuonfine”, un lavoro, anch’esso molto attuale, sul tema dell’identità di genere e dell’omofobia, su cui siamo già all’opera dallo scorso anno, e che ha già ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui la selezione dell’XI Edizione del Premio “Dante Cappelletti”, il Premio Nazionale alla Drammaturgia del DO.IT e la finale del Premio “Traiano”. Debutterà a Novembre al Teatro Brancaccino di Roma. E poi, sempre a Roma a Marzo 2016, il secondo capitolo della “Trilogia dei cortocircuiti” inaugurata con “Festa della Repubblica”, il cui titolo è “Kensington Gardens”. Si parlerà di xenofobia, di famiglia, di identità culturale, di frontiere dell’Europa e del mondo globale. Ma in maniera sempre pungente, dissacratoria, e soprattutto con un occhio particolare per il concetto di spettacolo, spettacolo pensato per il pubblico.
redazione
19 settembre 2015