Sabato, 23 Novembre 2024
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Intervista a Giancarlo Fares, regista e interprete di Emigranti di Sławomir Mrożek

Intervista a Giancarlo Fares regista e interprete di Emigranti di Sławomir Mrożek che andrà in scena il 28 e 29 agosto al Todi Festival

Dietro una regia e messa in scena teatrale c'è sempre il bisogno di comunicare a quello che sarà il pubblico qualcosa; cosa ti ha spinto, a 41 anni dalla sua scrittura, a portare in scena questa “commedia” di Sławomir Mrożek?

L’attualità del tema e la bellezza del testo. Peccato che in Italia Mrożeknon venga apprezzato come merita, i suoi testi sono bellissimi, nel resto d’Europa sono rappresentatissimi.


Tematiche molto attuali, se pur appartenenti a un altro periodo della nostra storia più o meno recente; cosa si rispecchia di Emigranti, della condizione che descrive della società polacca costretta a vivere in uno Stato satellite dell'Unione Sovietica, nell'Italia del III millennio?

E’ dalla fine della seconda guerra mondiale che l’Italia è una nazione satellite. Oggi, oltre che degli Stati Uniti lo siamo anche dell’Europa e dell’Euro. Quindi la situazione è peggiorata. Stiamo tornando ad essere Emigranti. Siamo una terra di passaggio e non più un punto di arrivo.


Negli anni '70 del secolo scorso Sławomir Mrożek come tutti gli intellettuali della sua generazione è costretto ad assistere e subire, anche se suo malgrado resistendo, al disfacimento culturale della sua Nazione...Portare in scena una sua opera come Emigranti credi che possa essere un atto di resistenza al disfacimento culturale che stiamo vivendo (e in molti subendo) in Italia da ormai troppo tempo?

 

Forse si. Sicuramente è un modo per non omologarsi alle scelte obbligate di mercato. Io confido nel pubblico. Quando uno spettacolo ha la capacità di comunicare, di essere leggibile e saper trasmettere emozioni, divertimento, riflessione, allora viene apprezzato dalle persone. Non ho voglia di essere complicato. Ho voglia di condividere. La cultura per rialzarsi ha bisogno non solo di esponenti, di quelli ne abbiamo forse fin troppi, ma ha bisogno di interlocutori. E l’interlocutore principale è il pubblico. Per me si può essere culturali e allo stesso tempo popolari senza abbassare il livello.


Sono quasi trent'anni che a Roma ti dedichi al Teatro. Da questo punto di vista la Città Eterna come si è obiettivamente evoluta (o involuta)?

A Roma oggi c’è tanto teatro. Ci sono più di 100 teatri ufficiali e non. Grandi e piccolissimi. Ovunque. Io stesso dirigo una sala da 40 posti che si chiama DoppioTeatro. Il  problema è il cambiamento della figura dell’attore. Oggi l’attore viene dai Talent, dal Grande Fratello, da tutto. E questo non va bene. Sono dell’idea che “Tutti possono fare gli attori, ma pochi sanno fare gli attori”. L’attore è un mestiere. Come un altro. Si studia, si impara e si tramanda. Invece oggi molti si svegliano e dicono “Io sono un attore”. Fanno un corso o una scuoletta e poi te li ritrovi nei teatri, accanto ai professionisti preparati. Questo genera una confusione inaudita. E abbassa il livello.

Concludendo, per i nostri lettori, uno o più buoni motivi per venire al Festival di Todi il 28 e 29 agosto a vedere “Emigranti”.

Un testo bellissimo, con una tematica attuale. Si ride, ci si commuove e si riflette. Vi aspettiamo.



Fabio Montemurro

23 agosto 2015

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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