Come abbiamo più volte detto su queste pagine e su quelle della nostra rivista cartacea, sono sempre più gli spettacoli "pensanti" che invadono le scene teatrali. Quest'oggi Gabriele Pignotta ci racconta di uno di questi spettacoli, si tratta di Contrazioni Pericolose in scena al teatro Manzoni dal aprile 2015.
In questi giorni sarai in scena, insieme a Siddhartha Prestinari e Fabio Avaro, al teatro Manzoni con lo spettacolo Contrazioni Pericolose, cosa rappresenta per te questo spettacolo?
Come tutte le commedie che ho scritto, anche questa rappresenta un momento della mia vita, anche se non tanto nei particolari. Lo dico perché in questa commedia si parla della nascita di una bambina, io non ho figli, quindi non si tratta di un'esperienza personale ma nel cuore rappresenta tutti i pensieri relativi all'argomento che attraversano i miei pensieri e sfiorano la mia sensibilità. In poche parole le arie dell'esistenza che rappresento sono quelle che vivo.
Questa è comunque una commedia che affronta i limiti e anche le caratteristiche di una generazione (quella dei quarantenni) e lo fa attraverso un'idea curiosa: due amici che hanno un particolare scontro/confronto in un particolarissimo momento: lei sta per partorire e durante il travaglio lui scopre che lei sta per avere un figlio.
Si tratta di due personaggi che si sono incontrati per caso al liceo a causa del loro nome, lui, interpretato da me si chiama Massimo Martina, lei (Siddharta Prestinari) Martina Massimo. Questo strano gioco di parole li porterà a diventare nel corso degli anni grandi amici, ma questo inatteso parto cambierà le loro vite.
Contrazioni Pericolose, credo che ora sia chiaro il motivo del titolo, è una commedia che mette in risalto argomenti legati all'ego dell'individuo volti al raggiungimento del soddisfacimento degli obiettivi personali, sia nella vita privata che pubblica. Quando però il tempo passa questa generazione si rende conto che per correre dietro a questi obiettivi ha lasciato qualcosa da parte, di fondamentale importanza.
Puoi fare esempio?
Tutto quello che aveva caratterizzato il perno della generazione precedente: i valori della famiglia, l'avere dei figli, una relazione stabile. Tutte cose che per la generazione di cui dicevo prima è diventato qualcosa da cui fuggire. Questo procrastinare nel tempo ha però creato problemi che noi tutti conosciamo. L'arrivo inaspettato di questa bambina mette i protagonisti della commedia difronte a una serie di problematiche e responsabilità che devono esser affrontate e metabolizzate con grande velocità. La figura dell'Ostetrico (Fabio Avaro) sarà poi fondamentale, tranquillizzerà i due quasi come se fosse un active coach o un arbitro.
Inoltre sono felice perché con questa commedia per la prima volta nella mia carriera mi preoccupo di raccontare qualcosa di più intimo e meno pensato solo per far divertire.
Da una notte Bianca, prima commedia che ti ha portato al successo nei teatri, ad oggi, come è cambiata la tua vita e il tuo approccio al teatro?
Dopo dieci anni di commedie è cambiato l’uomo, Gabriele è cresciuto, ha scoperto di avere corde più ampie, ha perso l’ansia di doversi far apprezzare, riconoscere per quello che è e si può permettere di andare un po’ più in profondità. Necessità che già avevo in passato ma che ora può essere espressa con la giusta maturità.
Ti senti più autore o attore?
Non distinguo le due cose, se tu facessi questa domanda ad un cantautore ti direbbe che canta le canzoni che scrive. Per me è un tutt'uno, nel mio caso regia, scrittura e rappresentazione sono tre ambiti mediante i quali comunico e fanno parte di me.
Posso però dire che sicuramente non mi identifico come autore, spero però in futuro di riuscire a portare avanti insieme tutti e tre questi aspetti.
Secondo te qual è il bello dell'andare a teatro e cosa può dare allo spettatore?
Quello che amo del teatro è la vibrazione che si sente sul proprio corpo e cuore quando vediamo una storia che ci circonda e che stiamo vivendo, che abbiamo vissuto e che vediamo sul palco, dove come uno specchio ci porta a pensare a lati di noi stessi che altrimenti faremo fatica a notare. Nel teatro c'è una capacità di emozionare unica, è l'unico posto dove puoi passare due ore per rilassare l'anima e farla star bene, è un po' come una Spa dell’anima!!
Enrico Ferdinandi
20 aprile 2015