Donna non rieducabile in scena al teatro Brancaccino il 13 - 14 e 15 febbraio 2015
Donna non rieducabile parla della storia di una giornalista, Anna Politkovskaja, che ha pagato a caro prezzo il lavoro che ha portato avanti in Russia, e che ha molto a che vedere con la tutela dei diritti umani. Perché hai scelto di raccontare agli italiani di questo spettacolo e cosa credi possa muovere nel pensiero degli spettatori una storia come questa?
La cosa interessante è che lei non si è occupata in maniera diretta dei diritti umani, si è limitata a raccontare i fatti, così come stavano, da vera giornalista. Questo è un modo di lavorare e stare al mondo che fa riflettere e ha valori universali. Anna Politkovskaja è diventata un’eroina inconsapevole; lei diceva sempre che se vedeva torture in pubblico o rapine a uffici postali da parte dei soldati, che mandavano poi i soldi a Mosca, non poteva chiudere gli occhi o scrivere che erano degli eroi. Più che di lotta dei diritti umani il suo è stato un riportare la realtà per quello che è, come a dire “lo vedo, devo fare il mio lavoro da giornalista e rimanere il più integra possibile nel farlo”. Si tratta di vedere le cose come stanno e di non rimanere lì e far finta di niente. Ognuno di noi può fare la differenza compiendo piccoli gesti che nel quotidiano possono cambiare le cose. La storia di Anna Politkovskaja è interessante perché ci fa riflettere in tal senso.
Come hai preparato, quello che è a tutti gli effetti, uno spettacolo di ricerca e allo stesso tempo di inchiesta?
Quello che vedremo è uno spettacolo in progressione. Un punto di partenza. Mi piacerebbe, difatti, una volta andati in scena a Roma, sviluppare questa ricerca su Anna Politkovskaja anche in Russia per far sì che lo spettacolo possa crescere. Questo è un inizio, un viaggio che inizia il 13 febbraio con la prima a Roma e che, si spera, possa continuare a evolversi ulteriormente.
A Roma negli ultimi mesi sono stati molti gli spettacoli di reading teatrale o di ricerca su personaggi che hanno avuto un peso nella storia di una comunità, proprio come quello che ti vedrà debuttare il prossimo venerdì 13, una tendenza, questa, dovuta a cosa secondo te?
Penso che nel teatro puoi trovare un’informazione meno veicolata a differenza di quanto avviene nel piccolo schermo. In fin dei conti il teatro racconta storie, o temi, che fanno riflettere sulla propria situazione o su quella collettiva. In tv invece si raccontano reportage incentrati sulla ricerca dell’orrore, del colpevole a tutti i costi, sembra quasi di assistere ad un film giallo riuscito male, nel teatro invece le persone cercano un contatto diverso con lo spettacolo e con la ricerca di ciò che è altro o diverso.
C’è però da dire una cosa. Ci vorrebbe più coraggio da parte dei produttori. Dico questo perché spettacoli di questo tipo sono frutto di iniziative completamente finanziate dagli attori stessi. I produttori non rischiano più, anche quando i risultati di spettacoli con grandi nomi (questo riguarda in maniera più eclatante il cinema ma anche nel teatro c’è questa realtà), alla fine non danno risultati, nel senso che si chiude il bilancio il rosso, sembra che vada bene così. Meglio fallire in un progetto con un grande nome e uno spettacolo già visto che puntare su qualcosa di nuovo e che faccia riflettere. I produttori sono affamati e felici di avere Ambra Angiolini, Stefano Accorsi o Martina Stella in un film o spettacolo teatrale che andrà male piuttosto che rischiare insieme un attore o un’attrice che cerca di proporre qualcosa di nuovo e che comunque ha un certo seguito. Dico questo perché il pubblico sta cambiando, è sempre più critico e cerca questo tipo di spettacoli a teatro.
Quali sono state le esperienze della tua vita più significative, a livello professionale, che ti hanno portato oggi ad avere la maturità per andare in scena con uno spettacolo come Donna non rieducabile?
Si tratta di semi, sparsi nella mia vita. Un maestro non è solo qualcuno che hai conosciuto, può essere anche Sofocle per intenderci. Sicuramente è stato molto importante l’incontro con Valerio Binasco, che io stimo moltissimo. Mi piace molto il suo modo di fare, parlare di teatro e di stare in scena.
Credo comunque che tutte le cose della vita, alla fine, confluiscano insieme e cambino quello che si vuol fare, io ad esempio volevo fare la psicologa, ma poi la vita mi ha portato comunque a stare su un palco per parlare dell’essere umano nella sua complessità e bellezza.
Una domanda che rivolgiamo sempre a chi intervistiamo, ci dai un buon motivo per venire a vedere il tuo spettacolo?
Questo è uno spettacolo che sicuramente può aprire a molte conoscenze: adesso se ho una cartina geografica davanti a me so dov'è la Cecenia e quale situazione si vive in quelle terre. Questo per far capire che con Donna non rieducabile siamo davanti ad uno spettacolo che può far conoscere una realtà di cui si parla spesso ma che però si conosce solo in maniera superficiale, per sentito dire.
Enrico Ferdinandi
10 febbraio 2015