Giuseppe Tantillo, giovane attore già molto apprezzato ma che ha iniziato a farsi notare anche come autore e regista, a grande richiesta è tornato in scena al Teatro Argot Studio con il suo Senza glutine dopo il felice debutto dello scorso aprile. Un’occasione per incontrarlo, conoscerlo meglio e scoprire le sue prossime mosse.
Qual è stato il percorso artistico che ti ha portato da Palermo alla Capitale, diventando attore?
A Roma sono venuto subito dopo la maturità. Come molti, avevo conosciuto il teatro attraverso dei corsi scolastici e me ne ero innamorato. Poi a Roma è successo tutto: l’ingresso in Accademia, i primi lavori, i successi, gli insuccessi, la convinzione di avercela fatta, la certezza che non ce l’avrei mai fatta, la scoperta della scrittura, la scoperta della gastrite e tutto il resto. Potrei elencare passo dopo passo i momenti che ritengo significativi ma non sono sicuro che sarebbe interessante. Una cosa però la voglio raccontare: una volta, mentre camminavo per strada in un quartiere che non era il mio, fui fermato da uno sconosciuto che mi aveva visto in uno spettacolo. Ci teneva a dirmi che il lavoro gli era molto piaciuto ma in particolare lo aveva colpito un piccolo gesto che avevo fatto in scena. Uno di quelli che un attore fa perché gli sembra giustissimo ma nessuno ci fa caso, nemmeno il regista. In quel momento ho capito che la cura dei particolari non è affatto inutile e che il nostro lavoro ha senso solo se non si smette di lavorare sul dettaglio. Ecco sì, più o meno questo. Non so se ho risposto alla domanda ma se devo scegliere un momento per raccontare il mio percorso non riesco a prescindere da questo dettaglio.
Senza glutine è una riflessione intelligente, perché semplice nella sua autenticità eppure non banale, sul rapporto di coppia. La premessa è un assunto scientifico davvero curioso: l’umore è influenzato dalla flora batterica all’interno del nostro organismo. L’intestino, alterando le funzioni cerebrali, è quindi strettamente connesso all’innamoramento. Teoricamente, dunque, la stessa dieta permetterebbe a due persone di non entrare mai in conflitto. Come sei arrivato a un tale spunto?
Negli ultimi anni non si contano le pubblicazioni scientifiche che definiscono l’intestino il nostro secondo cervello. Alcune di esse si sono persino spinte a cercare nella composizione della flora batterica la causa di alcune forme di depressione e di svariate patologie psichiatriche. Considerando che l’amore è la più misteriosa delle patologie psichiatriche, il passo è breve. Detto ciò, questo più che l’assunto dell’intero testo è l’idea che Fran ha dell’amore. Dietro questa insolita teoria c’è infatti la reale questione che è alla base del testo, ovvero l’enorme difficoltà che comporta una separazione.
In questo spettacolo appari nelle vesti di protagonista, ma anche di autore e regista: in quale ruolo ti identifichi di più e come sei arrivato agli altri due?
Sulla mia carta d’identità alla voce professione c’è scritto attore. E come attore sono diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, quindi probabilmente è questa la risposta. Quando scrivo, però, mi sento un drammaturgo al cento per cento. E adoro anche dirigere gli attori. Quindi, in definitiva, l’unico ruolo nel quale mi identifico completamente è quello di tifoso dell’AC Milan.
In scena con te ci sono tre attori molto bravi, che tengono perfettamente il ritmo serrato dei dialoghi e sposano egregiamente i personaggi da te creati: Valentina Carli, Vincenzo De Michele e Orsetta De Rossi. In che modo li hai scelti?
Valentina Carli è l’attrice che conosco di più al mondo. Ho visto tutti i suoi spettacoli, i suoi film, le ho visto preparare provini e so cosa pensa della questione palestinese. Quanti registi hanno la fortuna di conoscere così a fondo la propria protagonista? In più è bravissima, quindi la scelta è stata piuttosto facile.
Orsetta De Rossi è uno di quei misteriosi casi italiani in cui un’attrice bella, brava e sensibile arriva all’età della maturità senza che tutto il mondo del cinema e del teatro faccia la fila per averla. Non le capirò mai certe dinamiche, ma sono felice di averla in squadra.
Vincenzo De Michele invece l’ho visto in scena qualche mese prima di iniziare le prove di Senza glutine e ho pensato che avesse un talento fuori dal comune e che sarebbe stato perfetto per interpretare Paolo.
Cosa ti auguri per Senza glutine e quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Senza glutine mi auguro che vada tanto in giro. La distribuzione è una delle grandi questioni del teatro italiano. I teatri comunicano poco fra loro e spesso in modo autoreferenziale. In più (a parte alcuni festival) non esistono manifestazioni che promuovano i contatti tra produzioni, teatri e distributori. Mi viene in mente il mercato internazionale dei film a Cannes. Non si potrebbe fare la stessa cosa col teatro in Italia?
Per quanto riguarda il futuro sto scrivendo un nuovo testo che mi appassiona molto e poi fra qualche mese metterò in scena una nuova edizione del mio primo testo, Best friend, con il quale nel 2013 ottenni una Segnalazione Speciale al Premio Riccione Teatro. Sarà un’edizione tutta nuova, nella quale al mio fianco in scena non ci sarà più Claudio Gioè ma Francesco Brandi. Un attore/autore che stimo molto e con il quale sono davvero molto felice di collaborare.
Cristian Pandolfino
16 gennaio 2018