Questa settimana, il 29 gennaio, si è spenta a 90 anni Sandra Milo, una delle più storiche e spumeggianti interpreti del Cinema Italiano del secolo scorso. Diretta da personalità come Steno, Rossellini, Pietrangeli, Bolognini, Salce, Risi e Salvatores; recitò accanto a Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Vittorio De Sica, Totò, Eduardo de Filippo, Vittorio Gassman, Enrico Maria Salerno, Fernandel e – tra più recenti – Vincenzo Salemme, Diego Abatantuono, Sergio Castellitto. Sandra Milo è però ricordata per la sua collaborazione con uno dei più grandi registi italiani, cioè Federico Fellini. Tra questi uno dei più noti è Giulietta degli spiriti del 1965.
Giulietta Boldrini (Masina) è una benestante signora che passa le sue vacanze nella sua villa a Fregene, intenta a preparare i festeggiamenti del suo anniversario di matrimonio con suo marito Giorgio (Pisu). Questi però ha una relazione e la cosa turba molto Giulietta. Tra traumi passati e sogni, mischiati alle ansie, Giulietta partecipa anche ad una seduta spiritica, mentre una sua vicina, l’avvenente Susy (Milo) cerca di convincerla a cambiare ambiente, passando ad ideali più viziosi e promiscui…
Come tutti i film di Fellini, la pellicola ha subìto mille e mille interpretazioni. L’onirico e le apparizioni che si mescolano nella quotidianità di tutti i giorni diventano sempre più la firma e lo stile del regista romagnolo. C’era già stato 8 ½, che aveva sconvolto tutti i canoni cinematografici, facendo vincere a Fellini il 3° Oscar. In questa pellicola, sempre dedicata alla ricerca – nel primo d’ispirazione, in questo della forza di volontà – Fellini usa per la prima il colore (le precedenti erano tutte bianco e nero) per giocare ancora di più con le sperimentazioni, togliendo qualsiasi freno alla sua immaginazione. Il gusto liberty e l’infinità degli spazi, interni ed esterni, rende tutto fiabesco, fuori dal reale, in un non tempo che esiste senza la necessità di definizioni: pensiamo alla pineta che ricorda un labirinto, se non un bosco shakespeariano o un luogo ariostesco.
In questo infinito, si unisce Susy. Questa, nei suoi ambienti altrettanto privi di confini, morali e fisici, esiste come una ninfa, un essere magico e dotato di fascino, capace di incarnare divinità degne di Eros. Non per niente, mentre Giulietta sogna quell’universo circense, una delle figure che arrivano è proprio quella Susy – che nel sogno diventa Iris – che desiderando “Amore per tutti”, diviene il Simbolo per eccellenza della lotta tra fobia e desiderio. Questa lotta, anzi altalenare (gesto che nei sogni compie proprio Iris), è ben realizzato anche dalle musiche del Maestro Nino Rota: nel tema principale del film infatti si nota un’irritante e perforante cambio tra tonalità minori e maggiori.
Il film è una discesa nell’inconscio, nella presa di coscienza di se stessi, della volontà di spezzare con le tradizioni, sia per il regista che per il personaggio.
Francesco Fario
5 febbraio 2024