Tra teatro e letteratura, concertando le molteplici possibilità attorali attorno alla narrazione scenica del capolavoro di Calvino, Il cavaliere inesistente, secondo la visione del giovane talento Tommaso Capodanno, si staglia sul palcoscenico come materia viva, cangiante, inafferrabile, per andare incontro al futuro. La pièce, un successo della passata stagione, si ripropone al pubblico dal 22 novembre all’1 dicembre sul palco del Teatro India, trasponendo il romanzo sul palco per mettere al centro i suoi tre elementi principali: una voce narrante di donna, un cavaliere che non c’è, un gioco fanciullesco di guerra e di amore.
La messa in scena è affidata all’interpretazione di quattro attrici poliedriche che, in veste di monache contadine, alternano narrazione e azione, immagine e canto, dando voce alla musica della prosa calviniana. Le quattro interpreti – Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane – evocano in scena il cavaliere inesistente per mezzo di un grande puppet, costruito per esaltare l’incanto del gioco teatrale. Il resto è affidato all’incontro tra palco e platea: grazie all’antico patto immaginifico tra attori e spettatori, Il cavaliere inesistente apre le porte di una dimensione magica, dove tutto è possibile, l’invisibile appare e ciò che non esiste è più concreto della nostra stessa carne.
«Con Il cavaliere inesistente, Italo Calvino ha dato vita a uno dei personaggi più suggestivi della letteratura novecentesca, capace di segnare la crescita di molte generazioni. Agilulfo è pura forza di volontà; nei modi e negli ideali, è il migliore dei paladini, se non fosse che non esiste. L’avventura di questo eroe impossibile affronta i temi dell’amore e della guerra, ribaltando ironicamente l’immaginario e le gerarchie della chanson de geste – commenta Tommaso Capodanno – L’imperatore Carlomagno, il suo esercito e il conflitto coi Saraceni sono rappresentati come un sistema ormai prevedibile e insensato; i protagonisti delle gesta non sono i gloriosi personaggi dell’epica cavalleresca, ma personaggi marginali, fuori dai canoni e quindi potentemente contemporanei. A coronare questo ribaltamento c’è la cornice narrativa, affidata all’arguta Suor Teodora, che in quanto monaca si dice ignara delle cose di guerra e riferisce le vicende del cavaliere Agilulfo attingendo a fonti indirette e misteriose».
Per Calvino, il terzo e ultimo capitolo della Trilogia degli Antenati rappresenta il romanzo della disillusione, e ci parla di una crisi esistenziale, perché artistica, politica, amorosa. La sua materia narrativa racconta un percorso di scoperta labirintico, in cui crollano convinzioni e convenzioni. Una quête aggraziata e disperata, attraverso cui l’autore prova a comprendere sé stesso, per ridefinire il proprio modo di vivere e creare, per trovare il coraggio di andare incontro al futuro.
redazione
19 novembre 2024