Chi la conosce per i personaggi interpretati dal vivo e in tv come Veronica, l’ingenua e infantile operaia di una fabbrica di borse che non si accorge di quanto il padrone che lei stima profondamente, la sfrutti; come la suocera, sedicente donna di cultura, cinica e meschina, che vive nell’orgoglio esagerato per i figli laureati in legge e nel disprezzo per il marito disoccupato. O anche come Natascia, giovane cantante napoletana neomelodica pronta a dare consigli sull’amore, il sesso e i tradimenti. O ancora la già citata Assundam, donna afgana del Sud, con spiccato accento partenopeo che ironizza sulla “democrazia della guerra”, ritroverà in questa vera e propria commedia tutta la verve comica dell’attrice, oltre ad una capacità drammatica molto intensa.
Si tratta infatti della tragicomica storia di una figlia e di una madre nella fase della terza età quando i ruoli si invertono e le madri diventano figlie e le figlie si assumono il ruolo di madre, quando la memoria di una madre svanisce e con se la propria storia, nasce l’occasione di conoscersi nel profondo, incontrandosi non come madre e figlia, ma semplicemente come persone.
Oltre ai meriti dell’attrice che qui da vita alle varie figure del racconto, servendosi dei dialoghi e di una contro-figura, altri e non meno decisivi meriti, Rosalia Porcaro se li acquista sul terreno specifico della scrittura: la quale è capace di ricorrere persino a stilemi espressivi raffinati come il paradosso surreale e il sillogismo metaforico. Del resto, la sottolineatura per contrasto si annuncia già nel titolo: che cita uno dei classici indiscussi della nostra tradizione canora mettendola in discussione. E qui si determina un altro dei pregi del testo che si riflette nella trama stessa: vedi la Carmela che, mentre traffica con la macchinetta, non riesce a ricordare che deve fare il caffè e, ad un tempo, non riesce a ricordare la relativa celeberrima battuta di “Questi fantasmi!” Farfuglia: a noi altri napoletani toglieteci quel poco di sfizio di farci il caffè fuori dal barcone... no era fuori al bancone... insomma era fuori”. Quel “fuori” significa, in tutta evidenza, fuori della nostra vita di oggi. Ed è una vera stilettata e tanto più feroce perché inferta senza parere. Senza parere è anche, per fare un altro esempio, la tirata in chiave femminista della stessa Carmela: “Io sono la prima di dieci figli... ero piccolina e mia mamma: “Zitta, non rispondere, scostumata, ca sì piccerella” Quando so’ nati gli altri fratelli: “Statte zitta, non rispondere, perché tu sei più grande e devi capire”. Quando me so’ spusata, mio marito: “Statte zitta pecchè si’ femmena”. Mo’: “Statte zitta picchè si’ vecchia” Neh, ma quando viene ‘o turno mio?! (Enrico Fiore).
Redazione
22 febbraio 2019
Informazioni
Rosalia Porcaro in
CORE ‘NGRATO
con Rosanna Pavarini
regia di Carlos Branca