"Non c'è musica, c'è l’Opera"
(Kurt Weill riguardo Mahagonny)
Martedì 29 settembre si è tenuta al Costanzi la conferenza stampa di presentazione di Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny) di Kurt Weill su libretto di Bertolt Brecht, che avrà la sua prima messa in scena martedì 6 ottobre e chiuderà la stagione lirica 2014/2015 del Teatro dell'Opera di Roma.
La regia di questo nuovo allestimento, in coproduzione con il Teatro La Fenice di Venezia e il Palau de les Arts Reina Sofía di Valencia, è di Graham Vick col debutto alla direzione dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma del Maestro John Axelrod, Direttore Principale Ospite della Sinfonica “Giuseppe Verdi” di Milano.
L’opera di Kurt Weill, datata 1930, è la seconda parte di un percorso dedicato ai compositori del Novecento che porterà a The Bassarids di Hans Werner Henze che inaugurerà l'inizio della nuova stagione lirica.
Dopo L’opera da tre soldi, Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny, è il secondo capolavoro del sodalizio che legò Weill a Brecht, di cui il compositore tedesco aveva assimilato a pieno le idee portando nel teatro musicale soggetti a sfondo sociale e temi d'attualità.
Andata in scena già nel 2005, Ascesa e caduta della città di Mahagonny torna dopo dieci anni in un nuovo allestimento che vede le scene e i costumi di Stuart Nunn, i movimenti coreografici di Ron Howell e le luci Giuseppe Di Iorio.
Nel ruolo dei tre fuggiaschi fondatori di Mahagonny, la città dell’oro dove tutto è possibile, vedremo Iris Vermillion (Leokadja Begbick), Dietmar Kerschbaum (Fatty, der “Prokurist”) e Willard White (Dreienigkeitsmoses). Measha Brueggergosman sarà Jenny Hill, una delle ragazze chiamate ad allietare la vita della nuova città. Nei panni delle vittime di questa trappola vedremo Brenden Gunnell (Jim Mahoney), Christopher Lemmings (Jack O’Brien, anche nel ruolo di Tobby Higgins), Eric Greene (Bill, gennant Sparbückenbill) e Neal Davies (Joe, gennant Alaskawolfjoe). Accanto agli interpreti principali, un gruppo di 25 giovani attori sarà parte fondamentale della messa in scena. Maestro del Coro Roberto Gabbiani.
Alla conferenza stampa erano presenti il Sovrintendente Carlo Fuortes, il direttore artistico Alessio Vlad, il regista Graham Vick e il direttore d'orchestra John Axelrod.
In apertura Carlo Fuortes ha fatto presente come “Sono moltissimi i motivi che rendono piacevole per me e per il Teatro dell'Opera questa rappresentazione,innanzitutto la presenza di grandi artisti come il regista Graham Vick e il Maestro John Axelrod e gran parte dei cantanti, e poi perché questa è la seconda volta che il Costanzi allestisce quest'opera, la prima nel 2005, e va a costituire insieme a “I was looking at the ceiling and then i saw the sky” di John Adams, che abbiamo rappresentato a settembre, la seconda parte di questo percorso sugli Autori del '900 che finirà con la messa in scena di the The Bassarids di Henze che aprirà la stagione 2015/2016. Abbiamo già detto che crediamo che il teatro dell'opera sia qualcosa di “Vivo” e quindi che non sia solo tradizione e conservazione ma anche innovazione e sperimentazione. E' molto importante inserire nella programmazione questo tipo di opere, avverrà sempre di più in futuro nel cartellone del Teatro dell'Opera di Roma"
Ha proseguito Alessio Vlad dicendo che “ Carlo Fuortes ha lanciato un po' di tempo fa un motto “Roma Opera aperta” e posso affermare con certezza che non c'è nessun'opera più aperta di Ascesa e caduta della città di Mahagonny e credo che sia stato anche il motivo che ha spinto Graham Vick a tornare a fare questo allestimento a distanza di 25 anni fa a Parigi, Firenze e poi Genova.
Mahagonny è la città dove è permesso fare tutto, quindi è permesso fare tutto anche quando la si mette in scena. Questa che noi facciamo è la “Grande” Mahagonny perché esiste anche la “piccola” Mahagonny che è praticamente quasi uno spettacolo di cabaret.
Anche nella “Grande” Mahagonny i ruoli sono sempre sul bilico, infatti c'è un tenore che è una parte di tenore e le parti delle donne che sono molto “fluttuanti” tra il modo di cantare che è tipico del grande cabaret tedesco e l'opera vera e propria. Io credo che questo cast, con cui abbiamo lavorato molto, sia molto particolare poiché sono cantanti che vengono tutti da esperienze molto diverse per quanto riguarda la loro storia e che hanno dovuto tenere sempre presente questa duplicità d'impostazione di canto da un lato e di recitazione dall'altra. Si sono ovviamente dimostrati dei bravissimi cantanti vocalmente e degli straordinari attori scenicamente.
Ha proseguito John Axelrod che ha spiegato come "In Mahagonny, al di là di quel che può sembrare, non c'è musica popolare; è vero ci sono canzoni come Alabama song che ha molto a che fare con la musica popolare ma in realtà è un opera molto seriosa. Nell'opera di Kurt Weill c'è un vero e proprio manifesto di musica socio-economica nella quale troviamo la rappresentazione della “musica della strada”, “ la musica della città” .
Non è un'opera che parla del Dio, del Re, della Regina o del Generalissimo ma un'opera che rappresenta la gente, la città, la condizione umana. Nella musica del compositore tedesco ci sono tutte le emozioni dell'umanità.”
Ha concluso Graham Vick che ha ricordato come "Mahagonny è una delle opere con cui ho iniziato. La prima volta avevo ventisette anni; ci ho lavorato con studenti dell'università di Warwick, in Inghilterra. Poi a Firenze per il Maggio Musicale nel 1990, portata anche a Parigi e a Genova. Dunque, ora è la terza volta e il mondo è molto cambiato. Se pensiamo, ad esempio, che quando ho fatto Mahagonny a Firenze non esistevano computer né cellulari, né l’euro, non esisteva il problema dell'immigrazione, o del fondamentalismo... Dio mio, il secolo scorso!
Comunque, il mito di Brecht e Weill sarà sempre universale; l'opposizione al capitalismo è un argomento che resta di grande attualità. E nell’Europa che prima sembra orientata a sinistra, poi a destra, in una grande confusione senza più fiducia nel capitalismo né nel socialismo, né verso la politica o la chiesa, perso ogni punto di riferimento morale, con Dio che ci ha portato in questo conflitto planetario che cosa resta da fare? Ecco lo spirito di quest'opera. Non un'opera vera e propria, piuttosto un pezzo di teatro musicale che riprende musica operistica, ma anche quella commerciale e popolare; soprattutto musica “proletaria”: troviamo tante citazioni delle marce del popolo, degli operai, e questa è la voce musicalmente più preponderante.
Ecco quindi una bella sfida, molto stimolante, se pensiamo anche a Roma, a una città che più di tutte conosce l'ascesa e la caduta, circondati come siamo qui dal passato, dall'Impero, dalle meraviglie del Rinascimento, dall’epoca del Fascismo. E in un momento storico che non rappresenta di certo una vetta per Roma, né per l'Europa intera, in profonda crisi. Il centro del mondo, dove si sta spostando? Verso Est? Verso il Pacifico? Chissà! E proprio perché ci troviamo nel momento della caduta dell'Europa, così come della “caduta” della mia vita – perché ormai la vetta è naturalmente passata –, da me sta venendo fuori uno spettacolo del tutto diverso” ed ha aggiunto “ Quando l'ho fatto a Firenze ero più nell'ascesa che nella caduta della mia vita. Eccomi qua ora a sessantuno anni che mi trovo in un'altra epoca e guardo a me stesso anche con grande oggettività e dopo aver messo insieme un gruppo di venticinque bravissimi giovani attori mi rendo conto di come abbiamo bisogno di dare voce ai giovani perché sono loro che devono esprimersi e non noi che ormai dobbiamo sopravvivere. Il futuro che cosa gli sta dando? Quest'interrogativo mi ha molto colpito quest'estate in Grecia dove, in piena Crisi, sulle strade di Atene ho visto solo giovani delusi e senza speranze. Questo tipo di società basata sui Vecchi che si aggrappano al potere e non danno spazio ai giovani trova in Italia secoli di tradizione. Questo è un elemento di confronto non solo reale ma anche allegorico che ho aggiunto in questa mia interpretazione dell'opera di Weill e Brecht. L'opera andrebbe guardata con duplice sguardo: con gli occhi di chi ha troppi soldi e con gli occhi di chi non ha nulla e aspetta qualcosa da noi per creare un futuro per se e per gli altri. Quest'opera non va solo vista in modo naïf contro il Capitalismo ed è importante percepire il messaggio forte che ancora oggi ci trasmette, ovvero guardare a noi stessi e prendersi le responsabilità del presente e non di un futuro che non possiamo sapere come sarà o di una vita dopo la morte che non sappiamo se ci sarà”.
Fabio Montemurro
1 ottobre 2015