Recensione dello Spettacolo I Manoscritti non bruciano in scena al Teatro Tor Bella Monaca di Roma il 10 e 11 gennaio 2023
Teatro Tor Bella Monaca di Roma. Sala Grande.
Alessandra Chieli, già attrice e musicista, dopo un primo debutto come regista al Teatro Verdi di Monte San Savino ha replicato il suo spettacolo d’esordio “I Manoscritti non bruciano”, tratto da uno dei più importanti e interessanti romanzi del Novecento “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov, raccogliendo il pubblico in un duplice appuntamento serale il 10 e 11 gennaio scorsi.
Qual è la verità (degli uomini) e che cos’è il potere? L’uomo, Ponzio Pilato, può essere redento?
Chi è Dio? È realmente esistito Gesù?
Woland, l’esperto di magia nera, il Diavolo di Bulgakov, giurerebbe di sì.
E se lo scrittore Berlioz, presidente del circolo letterario Massolit, sotto gli occhi increduli del poeta suo amico e discepolo Ivan, muore di una morte preannunciata da Satana a causa della sua incredulità (“A ciascuno sarà dato secondo la propria fede: lei se ne andrà nel non essere”), diversa è la sorte di Margherita (una strepitosa e credibile Alessandra Chieli) che vendendo l’anima al Diavolo ritrova paradossalmente la felicità, ricongiungendosi con l’amato Maestro, salvati entrambi da quella forza demoniaca che “vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene” (Faust di Goethe).
Queste due storie, che si intrecciano e si intersecano lungo tutto il corso della narrazione, rappresentano in estrema sintesi il momento di apertura e la scena finale della piece teatrale, frutto di un ambizioso progetto di studio, ricerca e analisi del testo e della trama che la regista, lungi dal voler portare in scena un semplice riadattamento dell’originale, si propone di superare e trascendere, puntando su una attenta e curata scelta registica delle scene, delle musiche e dell’illuminazione.
E in effetti Alessandra Chieli è precisa come un metronomo nell’utilizzo dello spazio e del tempo scenico: senza lasciare nulla al caso, catalizza l’attenzione del pubblico per l’intera durata dello spettacolo, favorito da un ritmo che non presenta vuoti e che incalza rimbalzando da una battuta a un’altra, da una scena a un’altra, da una sonorità a un’altra, da un’ambientazione a un’altra con fluidità e con una suspence tipica del mondo cinematografico.
Superato l’espediente letterario dell’incontro tra Satana (Francesco Petti, vestito - in maniera solo apparentemente anacronistica ed evidentemente evocativa e sarcastica- in abito bianco), Berlioz (Emilio Barone, nella duplice veste di intellettuale e del Maestro) e Ivan del Massolit (Anton de Guglielmo, che interpreta anche il personaggio di Azazello, certamente più calzante e riuscito), dove la prevalenza di luci fredde psichedeliche e di suoni striduli e amplificati riproducono il contesto caotico e chiassoso della città, ci si ritrova all’interno di un manicomio, silenzioso e avvolto da un’illuminazione per lo più fissa, soffusa, nera, a occhio di bue sugli attori. È il momento della catarsi e della redenzione: il poeta si libera della sua poesia, della finzione artistica, per elevarsi al vero; il Maestro, condannato alla clausura del manicomio per aver scritto un’apologia di Gesù Cristo e la storia di Ponzio Pilato, potrà tornare alla luce. Innamorato di Margherita, sposata con un altro uomo, ma incapace di vivere quell’amore verrà salvato proprio grazie al patto che la donna farà con il Diavolo.
Scenografia, luci, costumi, tecnica, regia, tutto si muove in maniera congiunta: ogni ombra, ogni voce fuori campo, ogni musica proposta, concorrono per rendere chiaro il complesso, per raccontare la pietà, la compassione e la paura che si insinuano nelle fessure della vita e costringono gli uomini, la finzione dell’arte dietro cui si proteggono, la distorsione del potere che è violenza sull’uomo, la realtà che perde la sua nitidezza divenendo solamente un ricordo sbiadito.
L’interpretazione degli attori, quattro per sei personaggi (Berlioz, Ivan, Satana, Margherita, Azazello, il Maestro), a volte meno potente soprattutto nella vocalità, quasi da rendere alcuni personaggi più deboli di altri, viene quindi sostenuta e fortificata dallo stile firmato Chieli che marca appunto sul suono e sulle luci come parte integrante della scrittura scenica.
In questa narrazione tutto è capovolto ed ogni verità è controvertibile. La cortina trasparente che velava la voce degli attori e la loro figura cade letteralmente a terra e sulle note di Simpathy for the Devil, la famosissima canzone dei Rolling Stones ispirata al personaggio di Satana di Bulgakov, su una lavagna luminosa scorre un capoverso del suo romanzo: “La spada sparirà, le stelle invece resteranno, le stelle, anche quando dalla terra saranno scomparse le ombre perfino dei nostri corpi e delle nostre opere. Non c’è uomo che non lo sappia. Ma perché allora non vogliamo rivolgere lo sguardo alle stelle?”.
In Sala Grande, il plauso a questa artista è arrivato da un pubblico per lo più giovane e probabilmente già fedele che, alla fine della messa in scena si è riunito all’esterno in un’atmosfera effervescente ed entusiasta, per confrontarsi e promettersi una rilettura del romanzo.
Il Teatro di Tor Bella Monaca si conferma uno spazio culturale di riferimento, vivo e attivo e che alimenta l’arte e lo spirito critico-letterario in un’atmosfera di convivialità.
Francesca Sposaro
18 gennaio 2023
informazioni
I MANOSCRITTI NON BRUCIANO
Testo e regia – Alessandra Chieli
Supervisione drammaturgica – Francesco Petti
con Emilio Barone – Berlioz, Il Maestro, Intellettuale Massolit, dottore
Alessandra Chieli – Cantante, Stëpa, Margherita
Anton de Guglielmo – Ivan, Azazello, Intellettuale Massolit
Francesco Petti – Woland, Intellettuale Massolit
Scena Ponzio Pilato
Voci: Filippo Pagotto – Ponzio Pilato – Michele Guidi – Gesù –
Roberto Nisivoccia – Caifa
Direttore tecnico e luci – Emilio Barone
Supervisione tecnica generale – Stefan Schweitzer
Musiche originali – Francesco Petti e Emilio Barone
Sonorizzazione, immagini e montaggio – Alessandra Chieli