Recensione dello spettacolo Marie Antoinette: Donna, Regina e Mito. In scena a Palazzo Altemps il 29 gennaio 2020
Da secoli la tragica sorte di Maria Antonietta attrae studiosi, pensatori, scrittori, artisti. E non potrebbe essere altrimenti: la figlia della potentissima Maria Teresa D’Austria, sposata al giovane e inesperto Luigi-Augusto, poi Luigi XVI, verrà travolta insieme all’intera nobiltà di Francia da quei moti popolari che diverranno una tra le più importanti e decisive rivoluzioni della Storia.
La Rivoluzione Francese conoscerà un periodo particolarmente buio, quel Regime Del Terrore sotto cui si condannerà a morte l’ex sovrana. Ed è proprio questo processo il fulcro intorno a cui ruota Marie Antoinette: Donna, Regina e Mito. Lo spettacolo - inserito all’interno del festival Ō / Tempo di e andato in scena per la prima volta nella deliziosa e ricercatissima cornice del piccolo teatro custodito in Palazzo Altemps - indaga gli ultimi giorni all’Austriaca, com’era ormai sprezzantemente definita. Ponendo significativamente l’accento sulle accuse che le vennero mosse.
Per una sera una delle sedi del Museo Nazionale Romano diviene una sorta di Versailles. Ma non solo: un suo spazio quasi segreto, grazie alla magia della parola, si trasforma in tutti i luoghi che la Regina evocherà ripercorrendo le fasi salienti della propria vita. Un esclusivo profumo, creato per l’occasione dalla Maison Francis Kurkdjian e ispirato ai fiori della fastosa reggia, aleggia nella sala mentre un’aria lirica intrattiene quelli che sembrano più ospiti che spettatori. Maria Antonietta (Isabella Carloni) non si fa attendere per molto: chi aguzza lo sguardo può riconoscerne la sagoma nell’alta balconata alle proprie spalle. Scesa tra la gente è molto diversa da come la si immagina solitamente: indossa l’abito del lutto e si affretta a liberarsi della classica parrucca settecentesca, rivelando una donna ancora bella ma sfinita dagli accadimenti.
Dal racconto dei mesi di prigionia, costellati dalle angherie gratuite inflitte dai carcerieri a lei e ai propri cari, traspare più un doloroso stupore che una malevola alterigia, quasi non si renda davvero conto di quali siano state le sue colpe. Del resto, è imputata per tante di quelle cose! Ma a una sola accusa si ribella con tutta se stessa, opponendole un ostinato silenzio: quella formulata da Jacques-René Hébert, che insinua intrattenga rapporti incestuosi con il figlio - l’adorato Luigi-Carlo soprannominato “mon chou d'amour” – con la complicità della cognata. Incalzata a difendersi, dirà: «Se non ho risposto, è perché la Natura stessa si rifiuta di rispondere a una simile accusa lanciata contro una madre! Mi appello a tutte le madri che sono presenti!». Una dichiarazione tanto potente da suscitare l’ira dello stesso Maximilien de Robespierre, che rimprovererà a Hébert di averle concesso un’ultima occasione di trionfo.
La regia e la drammaturgia di Cristiano Leone, direttore artistico del festival, risultano pulite ed efficaci. Interessante la selezione musicale di Edoardo Pietrogrande, anche se la contaminazione tra Maria Antonietta e il pop più contemporaneo rimanda un po’ troppo al film di Sofia Coppola. Un peccato veniale - eppure ancor più vistoso perché rischia di rompere l’incanto di uno spettacolo così ben ambientato, allestito e congegnato – è, invece, la poca cura con cui è stata rivestita con del nastro adesivo nero la base di una scala: elemento scenico con cui la protagonista spesso interagisce. Il testo di Filippo Danovi non si muove su registri particolarmente memorabili, ma la semplicità scevra da troppe ricercatezze che lo caratterizza permette a un’ottima attrice come Isabella Carloni di restituire un’immagine di Maria Antonietta inedita ai più e molto verosimile. Quella di colei che morì da Regina addirittura più di quanto visse. La fermezza, la nobiltà e l’umanità mostrate durante i momenti più difficili della sua esistenza – e non la nascita – la resero tale.
Cristian Pandolfino
3 febbraio 2020
Informazioni
Palazzo Altemps
Marie Antoinette: Donna, Regina e Mito
Regia e drammaturgia: Cristiano Leone
Aiuto regia: Silvia Segnalini e Céline Rémont Ospina
Testo: Filippo Danovi
Attrice: Isabella Carloni
Illustrazione olfattiva: Francis Kurkdjian
Costumi: Stefania Cempini
Musiche: Edoardo Pietrogrande
Foto: Sebastiano Luciano Artworks and Interiors Photographer