Lunedì, 25 Novembre 2024
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Totò, Peppino e la malefemmena al Teatro Flaiano: Antonello Avallone ripropone con sensibilità e passione le atmosfere di un film eterno

Recensione dello spettacolo Totò, Peppino e la malafemmena, di Manzari, Anton, Continenza, Avallone. Con Antonello Avallone e Francesco Tuppo, con la partecipazione di Loredana Martinez. E con Mario Rosati, Ariela La Stella, Manuela Athena, Ambra Cianfoni, Giuseppe Tradico. Adattamento e regia: Antonello Avallone. In scena al Teatro Flaiano dal 26 dicembre 2019 al 19 gennaio 2020

 

Amante della bella vita alla quale vorrebbe concedersi senza averne dimestichezza, “sperperone” e prevaricatore nei confronti del fratello rispetto al quale si sente più saggio e pratico del mondo, l’uno, vittima del fratello, più avaro, diffidente e decisamente meno interessato alla mondanità, l’altro. Ma sì, sono proprio loro, i fratelli Antonio e Peppino Caponi, così differenti caratterialmente ma tragicamente rassomiglianti nella goffagine, nell’ immaturità bambina e nell'ingenuità disarmante, da sembrare provenienti da un altro pianeta. Sostanzialmente uomini di campagna, possessori di appezzamenti di terra che affittano ai contadini per poi riscuotere il contributo a fine mese, hanno il loro nemico giurato nel confinante Mezzacapa che subisce le loro angherie perchè, a loro dire, il confinante è nemico per definizione.

Il loro nipote Gianni, “studente che studia”, laureando in medicina, si è trasferito a Napoli centro, dove però ha conosciuto, secondo una lettera anonima recapitata a Lucia, la madre di Gianni, una donna di malaffare. In realtà Marisa è una graziosa prima ballerina di rivista, della quale Gianni si è invaghito ed intende seguirla nelle sue tourneè milanesi. Lucia (Loredana Martinez), sorella di Antonio e Peppino, preoccupatasi per le frequentazioni sbagliate del figlio, avvertiti i suoi due fratelli, dispone per andare a Milano. Lo scopo è,  infatti, quello di riportare il figlio sulla retta via, non senza una cospicua quantità di denaro “anticipata” da Peppino e destinata a Marisa, come incentivo a desistere da Gianni, supportata da una lettera di “accompagnamento” redatta dai due zii finalizzata a spiegare le motivazioni di tale “intimazione”. Ma come spesso accade, le persone conosciute dal vivo sono ben diverse da come vengono raccontate, ed una volta arrivati a Milano ci sarà occasione di ricredersi, non senza aver districato diversi equivoci che hanno avuto come involontari artefici i due fratelli Caponi “medesimi.. in persona”.

La proposta di Antonello Avallone nell’adattamento teatrale di una delle più note pellicole di Totò e Peppino, datata 1956, diviene espressione di un’iniziativa coraggiosa. Si è reso necessario, infatti, fronteggiare gli inevitabili riecheggi, nella memoria collettiva, della versione cinematografica originale e della recitazione di Totò e Peppino nel film che più ha esaltato la loro comicità. Avallone regista e attore (proprio nei panni di Antonio Caponi) riesce ad intercettare il perfetto punto di equilibrio tra il rispetto della versione cinematografica, evincibile soprattutto dal sostanziale mantenimento della drammaturgia originale, e la recitazione. Quest’ultima, in particolare, si distoglie sin da subito dalla tentazione di replicare, rischiando di scimmiottare, il registro recitativo dei due attori napoletani: Antonello Avallone e Francesco Tuppo (Peppino) danno invece vita a due personaggi che, seppur mantenendo gli stessi tratti e alcune movenze originali, risultano comunque inediti. Apprezzabile, inoltre, la riproposizione fedele di alcune scene iconiche che hanno caratterizzato la trama cinematografica: una su tutte la famosa lettera alla soubrette, entrata nella storia della comicità.

Il commento musicale tratto direttamente dal film diviene ulteriore testimone dell’ intenzione di preservare e custodire il sapore del nucleo narrativo originale. Curati dallo stesso Avallone, gli inserti drammaturgici inediti sono apparsi ben dosati ed integrati con il tono complessivo della vicenda. Efficacemente risolte in chiave teatrale alcune sequenze comiche difficilmente replicabili sul palcoscenico. L’improbabile spiegazione di Antonio a Peppino della componentistica meccanica del trattore appena comprato, che nella pellicola avvenivano davanti al mezzo vero, sul palcoscenico hanno infatti avuto luogo al cospetto di un depliant raffigurante il trattore stesso. Inoltre alcune scene avvenute in origine all’arrivo a Milano, vengono “anticipate” nella casa di famiglia, nella campagna napoletana, assecondando presumibilmente esigenze scenografiche. Rivedibili, invece, sono apparse alcune scelte coreografiche dal sapore lievemente improvvisato. Decisamente di livello i costumi e le scene, curate da Red Bodò, che hanno restituito efficacemente e sensorialmente le atmosfere originali anni ’50, inspessendo di credibilità la pièce. 

Corposo apporto di un pubblico decisamente divertito e convinto dalla bontà del progetto di Avallone, testimonianza della possibilità di approcciarsi anche ai mostri sacri della comicità senza sfruttarne facili scie, ma riuscendo a creare uno spettacolo originale e credibile. 

 

Simone Marcari 

13 gennaio 2020

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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