Mercoledì, 06 Novembre 2024
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Silvano Toti Globe Theatre: Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer. L’importanza della verità

Recensione dello spettacolo Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer andato in scena il 21, 22 e 23 giugno 2019


“Io non sono uno di quei cattivi scrittori che dicono di scrivere solo per se stessi.
C’è una sola cosa che si scrive per se stesso, ed è la lista della spesa.
E quando hai comperato le cose che dovevi, puoi distruggerla.
Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno.”
Umberto Eco


Per la prima volta la stagione romana del Silvano Toti Globe Theatre diretto da Gigi Proietti si apre con uno spettacolo inconsueto. Abituati a vedere in scena da più di quindici anni le opere del Bardo, questa volta a mettere in discussione la paternità dei capolavori attribuitigli ci pensa un testo scritto e diretto da Stefano Reali: Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer.


Lo spettacolo si basa su una serie di prove, testi e documenti su cui i maggiori studiosi del mondo si sono soffermati ad indagare su quella che è stata probabilmente la più grande frode letteraria degli ultimi quattro secoli: chi è il vero autore delle opere conferite a William Shakespeare? Ebbene, sulla base di questi studi, il regista Stefano Reali ha dato vita a questo spettacolo immaginando un incontro virtuale tra lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes e un pavido poeta anglo – italiano di nome John Florio, circostanza questa che avviene nel 1571 in un nosocomio militare messinese dove sono ricoverati i marinai feriti della Flotta Cristiana che ha sconfitto i turchi nella battaglia di Lepanto. Tra di loro figura Cervantes (interpretato da uno straordinario Giuseppe Zeno), arruolatosi nella marina spagnola per sfuggire alla giustizia dopo aver ferito un nobiluomo in una rissa. Per evitare la pena Miguel pianifica di fuggire dall’ospedale dove a prestargli soccorso e conforto è Ana (Agnese Fallongo) una giovane infermiera, ma un giorno riceve una visita inaspettata da un giovane che dice di essere un poeta e scrittore, tale John Florio (Ruben Rigillo). A differenza di Miguel, passionale, temerario, volitivo, John è timido e garbato; ad accomunarli non è solo l’amore per la stessa donna ma anche la scrittura. Tuttavia, si sa, non tutti gli amori sono uguali: Miguel preferisce metterci la faccia in tutto quello che fa, firma le sue opere col proprio nome, ne raccoglie le sconfitte, le perdite, attira su di sé rancori, disgrazie, miseria, critiche; John al contrario, come suo padre Michelangelo (Mariano Rigillo), un predicatore ricercato dall’Inquisizione, preferisce scrivere per se stesso, non ama la gloria, sceglie di scrivere nascondersi dietro un prestanome – un attore di teatro di nome William Shakespeare – per sfuggire alle persecuzioni (la libertà di espressione poteva costare anche la vita a quei tempi) e di vivere negli agi.
Tra i due, con gli anni, seguiranno degli incontri/scontri sia fisici che verbali. Miguel, pur conoscendo il segreto di John, non arriverà mai a comprendere la sua scelta, John invece, segretamente, lo invidierà per la sua tenacia e il suo coraggio.
Cervantes e Florio si incontreranno per l’ultima volta nel 1616 a Londra. Durante l’ultimo duello verbale, John è costretto ad ammettere quanto gli sia costato aver rinunciato al più grande desiderio a cui uno scrittore possa aspirare: l’immortalità letteraria e la consapevolezza di essersi condannato da solo all’oblìo…

Vera o non vera che sia la storia, Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer è uno spettacolo che appassiona sin dal calar delle luci. A far da prologo è lo stesso Reali che lascia il palcoscenico innescando nello spettatore un’aura di dubbio finalizzato, a parer di chi scrive, a creare quella piccola magia che contraddistingue da sempre il teatro rispetto a tutte le altre forme artistiche ed espressive, magia che è sempre viva nell’aria grazie alla straordinaria bravura degli attori e dalla padronanza scenica che spendono nelle battute e nelle vesti dei personaggi. A far da “complici” alla storia sono soprattutto Mariano Rigillo, Giuseppe Zeno, Ruben Rigillo e Agnese Fallongo (voce da usignolo nelle parti cantate del copione): a colpire è la loro interpretazione veramente sentita e voluta, tanto da far scordare al pubblico che ad avere davanti ai loro occhi non sono gli attori, ma i personaggi in carne ed ossa. Per quanto scarna infatti sia la scenografia – tre lenzuola enormi appesi ad un lungo cordone sul fondale, un piccolo scrittoio al centro del palcoscenico e una simil poltrona un po’ più a destra – il testo è pregno di tanta storia, idealismi, ardori e azioni che si fatica ad annoiarsi. Indimenticabile poi è la scena del duello vero e proprio a suon di spade tra Ruben Rigillo e Giuseppe Zeno, rispettivamente nei panni di Florio e Cervantes, che contribuisce a dare più vigore e forza alle proprie convinzioni e parole e alle scene in toto.

Uno spettacolo dunque che tira fuori mille spunti per diversi argomenti e che aiuta a capire perché sia sempre necessario conoscere la verità.

 

Costanza Carla Iannacone
24 giugno 2019

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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