Recensione dello spettacolo: Coppia aperta, quasi spalancata. Libero adattamento dell’omonima opera di Dario Fo e Franca Rame. Con Virginia Risso e Matteo Maria Dragoni. Produzione TEATRO AL FEMMINILE. In scena al Teatro Due Dal 14 Giugno 2019 al 16 giugno 2019
Storia di asimmetrie passate che passate non lo sono mai realmente, e sopravvivendo al tempo sono riproponibili anche oggi, ora, in questo momento, senza snaturare o modernizzare il testo originario, modificando solamente la disposizione di qualche mobile o la stoffa di quel divano. Perchè quando è l’arredamento ad essere datato, e non il testo, qualcosa è accaduta, oppure semplicemente...non è successo niente.
Una giovane coppia trascina da tempo il loro stanco rapporto, caratterizzato da incomprensioni e inutili attese per quella parola o quel gesto d’amore che, di fatto, non sono mai arrivati. Ognuno dei due cerca di risolvere, in proprio, la sofferenza del fallimento matrimoniale, mancando quindi il confronto con l’altro che sembra esistere solo come oggetto su cui riversare e attribuire colpe.
I tentativi di suicidio di Antonia, molto più plateali che reali, sono divenuti però talmente numerosi da aver perso credibilità, nonostante fossero metafora di una disperata richiesta di attenzioni e visibilitá rivolta al marito, l’ingegnere Michele Mambretti. Questi, invece, forse per incapacità o per paura, preferisce non guardarsi troppo dentro ed evita il confronto con la moglie (e con se stesso ), distraendosi con le sue amanti di turno, sulla scorta di un rapporto matrimoniale che egli ha imposto secondo i canoni della coppia aperta, quindi libera e moderna. Ma si sa, è facile essere aperti e moderni quando siamo noi gli unici fruitori di tali diritti, salvo poi ridimensionarci e diventare piccini e capricciosi quando anche chi ci ama usufruisce della stessa libertà che, con troppa disinvoltura e noncuranza, ci siamo presi. Nella gabbia della coppia aperta convivono una persona che vuol scappare e un’altra innamorata che vuol rimanere e non avrebbe necessità di modernizzare la relazione, perchè gli sarebbe bastata la semplicità dell’ amore da dare e ricevere dal proprio marito. Antonia, infatti, è costretta ad adeguarsi all’idea di coppia moderna, e conosce un’altra persona, Aldo, un giovane professore di fisica atomica plurilaureato in grado di rispettarla e valorizzarla come altro diverso da sè.
La nuova vita di Antonia mina le certezze che il marito pensava acquisite, quelle di poter mantenere il dominio sulla vita della moglie e di esercitarne il controllo: solo lui poteva avere il diritto di rifarsi una vita e di relegare la moglie in un angolo. Ma anche in quell’angolo guai al figlio di puttana che avesse raccolto la moglie! È questa la reale emozione che alberga nello stomaco del “modernissimo” Michele, una emozione ed una rabbia che la facciata esteriore non riesce a contenere: il suo ripetere alla moglie l’assoluto diritto di rifarsi anche lei una vita, appare come un affannato e sgrammaticato tentativo di autoconvincersi di un concetto che in realtà non sente. Egli ora è costretto a fare i conti con la ferita narcisistica di essere stato declassato per un altro uomo più giovane e, soprattutto, più valido di lui. “ Ci manca solo che suoni la chitarra e canti il Rock!” è l’esclamazione del marito umiliato e frustrato da un paragone che lo vede perdente.
La drammaturgia di Dario Fo e Franca Rame, datata 1982, appare drammaticamente attuale e moderna perchè coglie l’essenzialità dell’animo umano. Tale peculiarità nel caso maschile si risolve in una prepotente volontà di esclusiva sulla donna e l’illusione di poterla controllare e tenere a sè, mentre si continua a tradirla con le amanti: il proprio agito verrà giustificato con il facile concetto di coppia aperta. Il “beneficio” del tradimento, però, può avere luogo solo quando si è certi della permanenza della moglie come oggetto stabile, e immutabile capace di restituire sicurezza perchè presenza permanente. Quando tale certezza, che si pensava acquisita, inizia a non essere più scontata, comincia a mancare nell’uomo la base di appoggio. Cambiano così le priorità , e dal brivido per le avventure extra coniugali si passa alla urgente necessità di sapere di esistere ancora, che soltanto l’unicità dello sguardo della moglie può restituire. L’immaturità dell’uomo disperato emerge nel momento in cui pensa di poter recuperare il rapporto esternando alla moglie, all’improvviso, in un solo attimo, le frasi d’amore mai espresse: ma le parole dette con i tempi sbagliati oltre ad essere inefficaci, riverberano l’enorme vuoto interiore del maschio umiliato e privo di identità. La donna dal canto suo, madre anche quando è moglie, cerca di proteggere fino all’ultimo il marito dalla frantumazione, e proprio come farebbe con un figlio, lo tranquillizza con bugie protettrici, ben sapendo che : “ La coppia aperta va bene solo quando è aperta da una parte solamente”
La performance di Virginia Risso nei panni di Antonia è risultata immediatamente convincente in termini di spontaneità ed espressività. Pur discostandosi dal taglio impartito da Franca Rame alla sua Antonia, la Risso è riuscita a modellare un personaggio ben caratterizzato e perfettamente integrato con la drammaturgia. Su quest’ultima sono stati aggiunti, con delicatezza, dei brevi inserti attinenti all’attualità, senza denaturare l’essenza della scrittura originale. Matteo Maria Dragoni, nei panni di Michele, il marito di Antonia, si è dimostrato particolarmente a proprio agio nell’uso del corpo come strumento di comunicazione, attraverso il quale ha veicolato diverse gradazioni emotive spesso cariche di accenti, mentre non altrettanto convincente nel verbo recitato risultante di una troppo intermittente immedesimazione con il personaggio. Molto appropriata da parte della regia, curata dalla stessa Compagnia Teatro Al Femminile, l’idea di mantenere i momenti di meta teatro, già presenti nella versione originale televisiva del 1987 con Franca Rame e Giorgio Biavati, ulteriormente estremizzati in modo appropriato e ben calibrato. Le vicende passate di coppia raccontate dai due attori, infatti, vengono riproposte e recitate contemporaneamente dagli stessi che non rinunciano a scambiarsi commenti su come recitare una determimata scena e da dove riprenderla.
Pubblico divertito e appagato per una commedia di spessore.
Simone Marcari
17 giugno 2019