Recensione dello spettacolo Bibbidi Bobbidi Bum andato in scena al Teatro Studio Uno dal 21 al 24 febbraio 2019
...Bum, bum, bum. Bisogna, bisogna, bisogna. Bisogna andare, dormire, svegliarsi, alzarsi...
(Onde, Virginia Wolf)
Prende spunto da un passo delle Onde di Virginia Wolf, il monologo scritto e interpretato da Chiara Capitani e diretto da Stefano Scandaletti.
Alla vigilia del suo matrimonio Ella brinda al suo lieto fine e apre al pubblico le porte della sua camera da letto: il non-luogo all'interno del quale si consuma il dilemma di ogni donna “sto per fare la cosa giusta?”. Sembra, infatti, che la protagonista del monologo non ne sia pienamente convinta.
Chiara Capitani si cala nei panni di una moderna Cenerentola dando vita ad un tragicomico monologo in cui si animano i dubbi che precedono al grande giorno. Tuttavia, i continui cambi di registro da parte dell’attrice, atti ad enfatizzare il drammatico conflitto che sta vivendo la protagonista, suggeriscono una ben più profonda dicotomia che pone le proprie radici nel dubbio esistenziale di matrice shakespeariana: essere o non essere. Si consuma, così, nelle dodici ore che precedono il grande giorno, una ricerca concitata di sé stessa e della sua intima natura. Cosa accadrà dopo che l’ultima pagina della favola verrà voltata?
La protagonista è una giovane donna, figlia degli anni ‘80, esponente di una generazione di passaggio e di trasformazione. Nutrita dal mito del “lieto fine” ma, al tempo stesso, impaurita da questo costante bisogno di concretezza dove, a quanto pare, essere singolo è l'ammissione di un fallimento: quello di non essere riuscito nella realizzazione del proprio epilogo felice.
Nell’anima della protagonista risuona costantemente l’eco della voce della società che le impone di viaggiare su binari preimpostati fatti di aspettative che gli altri hanno su di noi e che non possono e non devono essere disattese. Lo si deduce da alcuni passaggi del monologo in cui Ella, nella faticosa ricerca di portare ordine nel grande caos innescatosi nella sua mente, afferma di aver realizzato esattamente ciò che andava fatto per la società e lo ripete come se fosse una lista da cui spuntare le cose già risolte. Il catechismo fatto. Il liceo fatto. L'università fatta. Il lavoro a tempo indeterminato fatto.
Lo spettacolo si propone, inoltre, come una sperimentazione artistica che solo in ambienti come il Teatro Studio Uno può trovare idilliaca collocazione. Un luogo intimo, dove si è riuscita a creare complicità e partecipazione con il pubblico. Un posto, appunto, dove potersi sperimentare.
La scena si presta ad accogliere oggetti con cui la protagonista interagisce durante tutto il monologo. Ma non solo. Diventa parte stessa dello spettacolo inglobandolo quasi come se quanto narrato possa essere un evento accaduto in un’abitazione del quartiere che ospita la rappresentazione.
La performance si conclude con l’ultima pagina della fiaba che viene voltata e lascia che lo spettatore si interroghi su quello che sarà della protagonista dopo.
Cosa accadrebbe se la fata turchina non riuscisse a realizzare la favola? Probabilmente si cadrebbe come Ella, facendo Bum in un tunnel buio da cui sarebbe difficile uscirne da soli.
Carmen De Sena
25 febbraio 2019