Dopo oltre un anno di chiusura a causa della pandemia il Teatro Ambra Jovinelli riapre le porte proponendo un cartellone audace e di ampio respiro. Anche in questa fase di difficoltà abbiamo scelto di rilanciare proponendo un programma pieno di sorprese, attento alla drammaturgia contemporanea con una particolare attenzione per la commedia brillante, che ospiterà grandi nomi del teatro e del cinema. Stiamo mettendo tutto il nostro impegno per restituire al pubblico la possibilità di godere della magia del teatro e per consentire alle maestranze e agli artisti di tornare a lavorare con continuità. I protocolli attuali ci vincolano ancora al distanziamento di un metro e dunque a una capienza ridotta. Un grave ostacolo a un ritorno alla normalità che speriamo sia presto superato da nuove normative e dal miglioramento della situazione pandemica anche grazie ai buoni esiti che sembra stia portando la campagna vaccinale.
L’autunno inizia con un evento speciale: il 6 ottobre Ferzan Ozpetek, regista internazionale amatissimo del nostro cinema, che si racconta in Ferzaneide – Sono ia!, un viaggio sentimentale attraverso la narrazione dei suoi ricordi, delle suggestioni e delle figure umane che hanno ispirato molti dei suoi film.
Parte dell’incasso delle serate sarà devoluto ad Emergency per ricordare con l’occasione l’impegno straordinario e impareggiabile del suo fondatore Gino Strada.
Il 19 ottobre Emilio Solfrizzi porta in scena “Roger”, spassosa commedia interamente ambientata su un campo da tennis scritta e diretta da Umberto Marino, cronaca di un’immaginaria e tragicomica partita tra un generico numero due e l’inarrivabile numero uno del tennis di tutti i tempi. Dal 26 ottobre un’intensa e magnetica Valeria Solarino affronta il monologo, scritto e diretto da Luana Rondinelli, “Gerico Innocenza Rosa” che racconta con grazia ed ironia una storia come tante di transizione, con il passaggio da Vincenzo a Innocenza Rosa, segnato da incomprensioni, pregiudizi, persecuzioni, rabbia e infine maturazione. Dal 16 novembre Laura Morante sarà interprete di “Io Sarah, io Tosca”, spettacolo da lei scritto e diretto da Daniele Costantini che narra la vita della celebre attrice Sarah Bernhard nei giorni precedenti il debutto de “La Tosca” di Victorien Sardou, in un flusso continuo di recitazione, azione e musica avvincente, emozionante e divertente. Il 30 novembre Maria Amelia Monti e Marina Massironi porteranno in scena “Il Marito Invisibile” di Edoardo Erba, un'esilarante commedia sulla scomparsa della nostra vita di relazione. Le due protagoniste ci accompagnano con la loro personalissima comicità in un viaggio che dà i brividi per quanto è scottante e attuale. Dal 17 al 19 novembre ospiterà un altro evento speciale con il grande ritorno dell’amatissima Drusilla Foer che si esibirà nel suo celebre recital “Eleganzissima” in una nuova versione aggiornata, uno spettacolo tanto ricco di humour quanto commovente: con la direzione artistica di Franco Godi, Madame Foer racconta episodi della sua vita avventurosa e canta le canzoni ad essi collegate, accompagnata da Loris Di Leo al pianoforte e Nico Gori al sax e clarinetto.
Dopo il successo straordinario di critica e di pubblico registrato nella stagione 2019/2020, il Teatro Ambra Jovinelli è lieto di tornare ad ospitare dal 26 dicembre al 2 gennaio “Mine Vaganti”, la prima regia teatrale firmata da Ferzan Ozpetek, adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici che vedrà in scena un cast stellare. Dal 4 al 9 gennaio Arturo Cirillo dirige e interpreta “Orgoglio e Pregiudizio”, prima riduzione teatrale italiana del capolavoro di Jane Austen firmata da Antonio Piccolo, in una messinscena che ha convinto pubblico e critica per l’efficacia dell’adattamento, la puntualità degli interpreti e le belle suggestioni di scene e costumi. Dopo il successo di “Le prénom” e “Le regole per vivere”, dall’11 al 23 gennaio Alessia Giuliani e Alberto Giusta portano in scena per la regia di Antonio Zavatteri “Alla stessa ora, il prossimo anno”, una commedia d’amore capace di fare ridere sino alle lacrime, scritta da Bernard Slade, brillante autore canadese. Dal 25 al 30 gennaio, a grande richiesta, Isa Danieli e Giuliana De Sio, due grandi signore del teatro, tornano a interpretare, dirette da Pierpaolo Sepe, Rosaria e Addolorata, le due sorelle protagoniste dello spettacolo Le Signorine di Gianni Clementi: un testo confezionato per una grande prova d’attrici che ne esaltino l’incalzante comicità. Dall’8 al 13 febbraio Il Teatro Ambra Jovinelli ospiterà uno degli eventi teatrali più attesi della stagione: Elio Germano e Teho Teardo portano in scena, tra parola e musica, “Paradiso XXXIII”, cimentandosi nell’impresa di condurci in un viaggio attraverso il trentatreesimo canto del Paradiso di Dante Alighieri, condividendo con il sommo poeta la condizione dell'essere umano che prova a descrivere l'immenso, l'indicibile, prova a raccontare l'irraccontabile. Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità anche grazie alle immagini e agli effetti speciali firmati da Simone Ferrari e Lulu Helbæk, artisti di fama internazionale.
Dal 17 al 27 febbraio Ambra Angiolini e Arianna Scommegna dirette da Serena Sinigaglia sono le protagoniste de “Il nodo”, scritto della talentuosa drammaturga statunitense Johnna Adams: un racconto intenso e commovente che affronta temi e problemi legati al mondo della scuola nei suoi risvolti più complessi. Dall’1 al 13 marzo Stefano Accorsi sarà il protagonista di “Storia di 1”, il nuovo spettacolo scritto da Lucia Calamaro e Daniele Finzi Pasca. La regia dello spettacolo sarà affidata all’artista di fama mondiale Daniele Finzi Pasca che da anni si muove contemporaneamente in tre mondi: quello della regia teatrale, delle arti della scena e della clowneria. Dal 15 al 27 marzo Alessio Boni veste i panni dell’epico personaggio di Cervantes “Don Chisciotte” accompagnato da un peculiare Sancho Panza: l’attrice turca musa di Ferzan Ozpetek, Serra Yılmaz. Lo spettacolo, adattato da Francesco Niccolini e liberamente ispirato all’opera dello scrittore spagnolo, è diretto da Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e dallo stesso Boni che è anche autore della drammaturgia insieme a Roberto Aldorasi, Marcello Prayer e Francesco Niccolini. “Don Chisciotte” è un’opera immensa che celebra gli eroi incompresi, coloro che nel corso dei secoli hanno osato avvalersi del sogno e dell’immaginazione ponendosi controcorrente rispetto alle convenzioni sociali e per questo sono stati etichettati come pazzi. Dal 29 marzo al 10 aprile Sergio Rubini porta in scena, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo da Musica da Ripostiglio, “Ristrutturazione”, scritto dallo stesso Rubini insieme a Carla Cavalluzzi, il racconto esilarante, in forma confidenziale, della ristrutturazione di un appartamento, un viavai di architetti e ingegneri, allarmisti e idraulici, operai e condòmini. Una pletora di personaggi competenti e incapaci, leali e truffaldini, scansafatiche ed operosi fino all’esaltazione che si avvicendano nella vita dello sfortunato padrone di casa stravolgendola senza pietà. Dal 21 al 24 aprile Lodo Guenzi debutta in “Uno spettacolo divertentissimo che non finisce assolutamente con un suicidio”, di Nicola Borghesi e Lodo Guenzi, per la regia di Nicola Borghesi: un tentativo di messa in scena che parte dalla stand up e si perde in una storia vera. In più storie, vere. L’attore è davanti al pubblico, deve fare il suo show, tocca a lui, è chiamato a portare a termine qualcosa da cui vorrebbe istintivamente fuggire, che è quello che di solito fa, che ha sempre fatto. Una riflessione sul perché si continui a stare sulla scena oggi. Il 29 e 30 aprile il teatro ospiterà Giovanni Vernia, comico e showman completo, che spazia con disinvoltura dal racconto alla parodia, dal canto al ballo, creando un rapporto col pubblico unico e coinvolgente. Il 6 e il 7 maggio arriva sul palco dell’Ambra Jiovinelli il Pojana, il celebre personaggio/imprenditore inventato da Andrea Pennacchi e portato alle luci della ribalta a Propaganda Live, nell’irresistibile spettacolo “Pojana e i suoi fratelli”. Infine dal 13 al 15 maggio un altro grande ritorno: Geppi Cucciari, comica eclettica e vivacissima, porta in scena “Perfetta” scritto e diretto da Mattia Torre, autore televisivo e cinematografico di grande successo e drammaturgo tra i più amati in Italia prematuramente scomparso. Perfetta racconta con leggerezza e umorismo un mese di vita di una donna attraverso le quattro fasi del ciclo femminile.
Fabrizia Pompilio
direttore artistico
del Teatro Ambra Jovinelli
Abbonamenti
Anche per la stagione teatrale 2021 | 2022, avremo diverse formule di abbonamento che saranno sviluppate solo su una settimana di repliche per venire incontro alle nuove esigenze del teatro e delle compagnie.
Fino al 5 di Ottobre si potrà acquistare un abbonamento speciale dedicato al mese della riapertura.
Novità di questa stagione: abbiamo inserito alcune repliche alle ore 19.30 per venire incontro alle nuove esigenze di chi preferisce andare a teatro prima di cena.
Biglietti:
Prezzi per il venerdì, sabato e domenica
Poltronissima € 35 - Poltrona € 28 – I galleria A € 24 – I galleria laterale € 20 – II galleria € 19
Prezzi per martedì, mercoledì, giovedì e sabato pomeriggio
Poltronissima € 33 - Poltrona € 26 – I galleria A € 22 – I galleria laterale € 18 – II galleria € 17
Contatti
Botteghino 06 83082620 – 06 83082884
Orari
fino al 16 ottobre: dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 19.00- domenica chiuso
dal 18 ottobre a fine stagione:
dal martedì al sabato ore 10.00 - 19.00 e la domenica ore 14.00-16.00 - lunedì chiuso
redazione
23 settembre 2021
LA PROGRAMMAZIONE
6 | 9 ottobre 2021
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
presenta
Ferzaneide
Sono ia!
uno spettacolo di e con
Ferzan Ozpetek
Parte dell’incasso delle serate sarà devoluto ad Emergency
di cui vogliamo ricordare con l’occasione
l’impegno straordinario e impareggiabile del suo fondatore Gino Strada
Ferzaneide è un viaggio sentimentale attraverso il racconto dei miei ricordi, delle suggestioni e delle figure umane che hanno ispirato molti dei miei film. Vorrei parlare alle persone che hanno incontrato il mio cinema, ai molti che hanno letto le pagine dei miei tre romanzi, agli altri ancora che hanno ascoltato l’opera lirica delle mie dame straziate d’amore, Aida Traviata Butterfly. Oltre un anno fa ho trasferito dal cinema al teatro le Mine Vaganti a me sempre care. E proprio su Mine Vaganti il sipario all’improvviso è calato dolorosamente. Adesso riapriamo con le adeguate attenzioni il sipario su quella bizzarra commedia della quotidianità così da riaccendere i riflettori sulla professionalità e il bisogno di lavoro di tanti nostri collaboratori.
In un periodo di sconcerto e sospensione, come è stato l’anno trascorso, continuo a pensare ai tanti operatori e protagonisti del panorama teatrale, del palcoscenico in generale ma pure del comparto musicale, che vivono più di altri se possibile la sorte avversa dei tempi, il disagio delle loro famiglie, la condizione critica della precarietà materiale di un lavoro a cui si sono sempre prestati con passione ed entusiasmo. Anche per questo insieme al produttore Marco Balsamo ho pensato di impegnarmi in prima persona per lanciare un segnale di ripresa di un settore che ha bisogno di sostegno, solidarietà e soprattutto di fiducia. Così come ho pensato alla necessità di sostegno e solidarietà verso Emergency del compianto Gino Strada. Nei prossimi mesi spero di portare questo spettacolo Ferzaneide, che al momento sarà per alcuni giorni all’Ambra Jovinelli di Roma, in date sparse qua e là in Italia, in teatri grandi così come in altri meno conosciuti.
Questa volta sul palco ci sarò io, io solo, ad incontrare il pubblico con il racconto della mia carriera artistica e del mio sentimento per la vita, la mia e quella degli altri. Nell’amore, nell’amicizia, nello stupore, in tutti quei gesti e luoghi illuminati dalla passione.
Negli anni ho sposato molte cause all’insegna del coraggio. Coraggio. Forse in questa parola è racchiuso il senso di quello che dirò sera dopo sera. Il coraggio di inseguire i propri sogni. Il coraggio di sfidare i pregiudizi. Il coraggio di essere felici. E sperare di tornare, finalmente, ad esserlo di nuovo. A teatro, al cinema, ai concerti, ai musei. Ovunque.
Ferzan Ozpetek
19 | 24 ottobre 2021
Compagnia Moliére
presenta
Emilio Solfrizzi
Roger
scritto e diretto da Umberto Marino
musiche Paolo Vivaldi
luci Giuseppe Filipponio
regista assistente Maria Stella Taccone
consulenza tecnica m° Leonardo de Carmine
L’azione si svolge interamente su un campo da tennis e rappresenta un’immaginaria e tragicomica partita tra un generico numero due e l’inarrivabile numero uno del tennis di tutti i tempi, un fuoriclasse di nome Roger. Chi si trovasse a dare un’occhiata al testo letterario e poi al monologo teatrale che ne ho tratto, troverebbe una grande differenza con lo spettacolo che vedrà: tutto l’apparato realistico, compresi oggetti di scena ed effetti sonori, sulla scena non c’è. Man mano che insieme a Emilio Solfrizzi mettevamo in scena il testo ci siamo resi conto che potevamo elevare la posta della nostra scommessa puntando a una rappresentazione completamente affidata alla centralità della parola e dell’attore. Mi sono ricordato del “cuntastorie”, una arcaica forma di attore totale siciliano di cui racconta Pitrè, un attore di strada provvisto di tre panche per il pubblico e di due spade, unici supporti per raccontare e rappresentare al suo pubblico l’intero ciclo della tavola rotonda. Così, forte dell’interprete che avevo, ho cominciato a togliere e a semplificare, fino a che in scena sono rimaste solo le poche righe bianche che disegnano un campo da tennis e due sedie, quelle sulle quali, nei cambi campo, i tennisti si riposano. Appena siamo stati in grado, da molto presto, abbiamo cominciato a ospitare degli spettatori. Prima due, poi quattro, dodici, trenta, per mettere a punto e verificare gli effetti comici e quelli drammatici. Gli spettatori ci hanno detto che avevano visto il campo, l’arbitro, la palla, la racchetta, i colpi e, fidandoci di loro, affrontiamo una verifica più vasta e impegnativa, sperando che la metafora, prima nascosta e poi svelata, che il testo contiene trovi in questo modo la strada per arrivare al cervello e al cuore del pubblico che vorrà condividere con noi questa esperienza.
Umberto Marino
26 | 31 ottobre 2021
Teatro Stabile d’Abruzzo, SAVÀ Produzioni Creative e Stefano Francioni Produzioni
presentano
Valerio Solarino
Gerico Innocenzo Rosa
scritto e diretto da Luana Rondinelli
scene Ortiche Spazi in Scena
costumi Alessandro Lai
musiche Massimiliano Pace
luci Daniele Savi
Lo spettacolo teatrale racconta la storia di Vincenzo. Nella casa di campagna che lo ha visto crescere e dove trova sempre conforto e libertà, Vincenzo narra il suo percorso di “transizione” alla madre e alla nonna attraverso un dialogo alla ricerca dell’amore e dell’affermazione della propria identità lontano da qualsiasi pregiudizio, per sentirsi finalmente amato e compreso.
Intensa e magnetica Valeria Solarino affronta questo monologo con classe, ironia e grande capacità interpretativa.
Uno spettacolo che è un viaggio tra i ricordi di Vincenzo, un testo che Valeria Solarino ha amato sin da subito, fagocitando ogni singola parola, trasportando sulla scena la molteplicità dei personaggi che costellano il mondo del protagonista, dalla nonna che lo ha sempre sostenuto e protetto alla madre fredda e distaccata, dai cugini ai vicini di casa.
Uno spettacolo che parla di identità di genere ma che vuole affrontate ogni tipo di discriminazione, una tematica quanto mai attuale trattata con delicatezza attraverso i racconti di Vincenzo che grazie alla nonna troverà la forza di fare il suo percorso di transizione per essere Innocenza Rosa.
Ognuno può rispecchiarsi in questo spettacolo – afferma l’autrice e regista Luana Rondinelli – e trovare il proprio modo per essere sé stesso fino in fondo, senza pregiudizi che costringono ad essere altro, senza paure, con la consapevolezza che se l’accettazione parte dal nucleo familiare e dagli affetti autentici il percorso dell’affermazione della propria identità sarà più semplice.
Attraverso le parole e la direzione di Luana – dichiara Valeria Solarino - voglio dar vita alla lotta per l’affermazione della propria identità. Come un flusso di coscienza, il racconto tocca i momenti più dolorosi di questo percorso ma anche i ricordi più dolci e tutto questo ogni volta mi conquista e mi emoziona.
16 | 28 novembre 2021
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
presenta
Laura Morante
Io Sarah, io Tosca
di Laura Morante
regia Daniele Costantini
musiche eseguite dal vivo
scene Luigi Ferrigno
costumi Agata Cannizzaro
luci Tommaso Toscano
NOTE DELL’AUTORE
Poco più di un anno fa Mimosa Campironi mi propose un’opera melologo ispirata a Sarah Bernhardt e al suo rapporto con Victorien Sardou e con il personaggio di Tosca, che il drammaturgo aveva scritto per lei. Si era in piena pandemia, si diceva che i teatri avrebbero riaperto senza tuttavia la possibilità di riempire la sala. Ero quindi alla ricerca di un testo per uno spettacolo produttivamente agile, con non più di due attori sulla scena. Quella breve lettura lasciava intravedere una personalità insolita e suggestiva. Avendo vissuto molti anni in Francia, avevo naturalmente sentito molto parlare di Sarah Bernhardt, adorata da Oscar Wilde, ammirata da un giovanissimo Sigmund Freud, che le dedica una pagina del suo diario, prediletta da Victor Hugo, e detestata da Anton Cechov. Della Bernhardt si è scritto che era l’ultima attrice del diciannovesimo secolo (Eleonora Duse veniva invece designata come la prima attrice del secolo scorso), nell’ambiente del teatro francese si raccontano aneddoti, si citano alcune sue battute particolarmente caustiche, si parla della sua vocazione assoluta, di come si fosse ostinata a recitare anche dopo che, all’età di settantuno anni, le venne amputata una gamba: portata sulla scena su una lettiga dorata, affrontò perfino un’ultima avventurosa e faticosissima tournée americana. Ma della persona che si cela dietro l’apparenza, la storia e la leggenda di quella che fu forse la prima vera diva, capace di far parlare di sé più o meno quotidianamente i giornali di mezzo mondo, della donna che fu Sarah Bernhardt non sapevo quasi nulla. Forse valeva la pena di cominciare a conoscerla. Ho dunque intrapreso un lungo percorso, attraverso la vasta mole di libri a lei dedicati, partendo dalla sua autobiografia, tanto rivelatrice del suo carattere, quanto imprecisa, sfuggente e lacunosa per quanto riguarda le vicende non sempre edificanti che hanno contribuito a farne un’attrice e una donna famosissima - osannata e aspramente criticata, ma costantemente al centro della scena - e soprattutto per quel che concerne i fatti della sua vita privata e sentimentale - basti pensare che il figlio Maurice compare per la prima volta nelle memorie della Bernhardt quando ha ormai quattro anni e che nulla ci viene detto su chi potesse esserne il padre. L’indagine doveva dunque continuare: la bella biografia di Arthur Gold e Robert Fizdale, il libro di Claudette Joannis, quello di Guy Pierrefeux, fino alla documentazione relativa alla causa per diffamazione che Sarah intentò, dopo averle devastato la casa, contro la ex collega e ex amica Marie Colombier, autrice di un best seller dell’epoca che svelava i segreti della Diva. Più andavo avanti nella mia esplorazione, più mi convincevo che il confronto fra Sarah e Tosca, attraverso la dialettica in gran parte misteriosa e inconscia che sempre si crea fra un personaggio e l’attore che lo interpreta, poteva operare un progressivo e affascinante disvelamento della personalità di Sarah stessa, che gelosia, passione, rabbia, devozione, ribellione non appartenevano solo alla finzione del dramma di Sardou, ma anche alla sua prima magistrale interprete.
Alla fine del percorso, mi è parso di essere finalmente autorizzata a cercare di raccontare Sarah, la sua personalità straordinariamente complessa e contraddittoria: cinica e sentimentale, spregiudicata e sognatrice, superstiziosa e impavida, vulnerabile e battagliera, tanto gelosa della propria privacy quanto insaziabilmente avida di celebrità, e, soprattutto forse, di amore. È nato così questo testo, suddiviso in tre quadri, che sono anche tre tappe fondamentali del suo rapporto con il personaggio di Tosca: nel primo quadro è il 3 novembre 1887 e Sarah ha appena cominciato le prove dello spettacolo, nel secondo sono passate due settimane e le prove sono in corso. L’ultimo quadro, infine, la rappresenta all’alba del giorno stesso del contestato ma trionfale debutto del dramma di Sardou, il 24 novembre, al Théatre de la Porte St. Martin.
Laura Morante
NOTE DI REGIA
“La Tosca” di Victorien Sardou venne rappresentata per la prima volta il 24 novembre 1887 a Parigi nel Théâtre de la Porte Saint-Martin. Il dramma era stato scritto da Sardou per la più importante attrice di quegli anni, la celebre Sarah Bernhardt. Al terzo spettacolo insieme, dopo “Fedora” e “Théodora”, l’autore e la grande attrice erano le due “star” della scena francese. Qualcuno potrebbe chiedersi chi fosse il regista, la risposta sarebbe che il suo nome non era in locandina. La figura del regista, come l’abbiamo conosciuta nel corso del ‘900, ancora non esisteva. La regia fungeva da anello di congiunzione e di mediazione tra le esigenze degli autori e quelle degli attori. Questa funzione, priva di riconoscimento ufficiale, veniva svolta dagli stessi autori, oppure dai direttori dei teatri, a volte da uno degli attori. Il compito e la fisionomia della regia teatrale cominciarono ad essere posti in evidenza negli ultimi anni dell’800 grazie alle idee e al lavoro di alcuni nuovi attori/registi al punto da dare vita ad una decisiva riforma teatrale.
È curioso notare che in quello stesso anno, il 1887, Andrè Antoine, un attore/regista francese di 29 anni, fondasse a Parigi il “Théâtre Libre”, e a Mosca Konstantin Stanislavskij debuttasse, a soli 24 anni, come attore/regista nel teatro del Circolo Moscovita di Arte e Letteratura. In quel 1887, dunque, mentre la Bernhardt trionfava con “La Tosca” di Sardou, nella stessa Parigi e a Mosca debuttavano i due primi grandi registi anticipatori del teatro moderno.
La compagnia di Antoine si sciolse nel 1896, mentre nel 1898 Stanislavkij fondò con Vladimir Nemirović Danćenko il “Teatro d’Arte” di Mosca, che diverrà celebre per le messe in scena de “Il Gabbiano”, “Zio Vania” e “Le Tre Sorelle” di Anton Cechov.
È in questo contesto che Sarah Bernhardt e Victorien Sardou rappresentarono “La Tosca”. Un contesto vivissimo, che annunciava grandi cambiamenti, straordinarie innovazioni nell’arte teatrale.
“Io Sarah, io Tosca” di Laura Morante racconta Sarah Bernhard nei giorni precedenti il debutto de “La Tosca”. Il testo è costruito in tre quadri: il primo, il 3 novembre 1887, all’inizio delle prove; il secondo due settimane dopo; il terzo all’alba del 24 novembre, il giorno della prima rappresentazione.
Nel nostro spettacolo, in scena ci sono Sarah e una musicista, che interagisce, commenta e dialoga soltanto con il suono del suo pianoforte e con il canto, in un flusso continuo di recitazione, azione e musica spero avvincente, emozionante, e a tratti anche divertente.
Daniele Costantini
30 novembre| 12 dicembre 2021
Gli Ipocriti Melina Balsamo
presenta
Maria Amelia Monti Marina Massironi
Il marito invisibile
scritto e diretto da Edoardo Erba
scene Luigi Ferrigno
musiche Massimiliano Gagliardi
Una videochat fra due amiche cinquantenni, Fiamma e Lorella, che non si vedono da tempo. I saluti di rito, qualche chiacchiera, finché Lorella annuncia a sorpresa: mi sono sposata! La cosa sarebbe già straordinaria di per sé, vista la sua proverbiale sfortuna con gli uomini. Ma diventa ancora più incredibile quando lei rivela che il nuovo marito ha ... non proprio un difetto, una particolarità: è invisibile.
Fiamma teme che l'isolamento abbia prodotto danni irreparabili nella mente dell'amica. Si propone di aiutarla, ma non ha fatto i conti con la fatale, sconcertante, attrazione di noi tutti per l'invisibilità.
Il Marito Invisibile di Edoardo Erba è un'esilarante commedia sulla scomparsa della nostra vita di relazione. Le due protagoniste ci accompagnano con la loro personalissima comicità in un viaggio che dà i brividi per quanto è scottante e attuale.
17|19 dicembre 2021
Best Sound
presenta
Drusilla Foer
Eleganzissima
il recital
di e con Drusilla Foer
e con
Loris di Leo – pianoforte
Nico Gori – clarinetto e sax
direzione Artistica Franco Godi
distribuzione Savà
Il recital scritto e interpretato da Drusilla Foer, in una nuova versione aggiornata, prosegue il suo viaggio raccontando gli aneddoti tratti dalla vita straordinaria di Madame Foer, vissuta fra l’Italia, Cuba, l’America e l’Europa, e costellata di incontri e grandi amicizie con persone fuori dal comune e personaggi famosi, fra il reale e il verosimile. In “Eleganzissima”, essenziali al racconto biografico sono le canzoni, che Drusilla interpreta dal vivo accompagnata dai suoi musicisti.
Il recital, ricco di musica, svela un po' di lei: familiare per i suoi racconti così confidenziali e unica, per quanto quei ricordi sono eccezionali e solo suoi. Il pubblico si trova coinvolto in un viaggio nella realtà così poco ordinaria di un personaggio realmente straordinario, in un'alternanza di momenti che strappano la risata e altri dall'intensità commovente.
La produzione è della Best Sound di Franco Godi, compositore per la pubblicità, per la tv e per il cinema fin dagli anni '60, nonchè scopritore e artefice dell'hip hop di successo in Italia dagli anni 90 a oggi.
Drusilla Foer, cantante, attrice e autrice, è da tempo un'icona di stile. Personaggio irriverente e antiborghese, si presta spesso a sostegno di cause sociali importanti. Posa per fotografi, stilisti e artisti di prestigio internazionale. Frequenta con successo televisione e cinema, diventando in breve una star di culto anche sul web.
26 dicembre| 2 gennaio 2022
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro Della Toscana
presentano
Mine Vaganti
uno spettacolo di Ferzan Ozpetek
Ferzan Ozpetek firma la sua prima regia teatrale mettendo in scena l’adattamento di uno dei suoi capolavori cinematografici Mine Vaganti
**2 David di Donatello **5 Nastri d’argento **4 Globi d’oro
**premio speciale della giuria al Tribeca film festival di New York **Ciak d’oro come miglior film
scene Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Pasquale Mari
Come trasporto i sentimenti, i momenti malinconici, le risate sul palcoscenico? Questa è stata la prima domanda che mi sono posto, e che mi ha portato un po’ di ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine vaganti. La prima volta che raccontai la storia al produttore cinematografico Domenico Procacci, lui rimase molto colpito aggiungendo entusiasta che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale. Poco dopo avviammo il progetto del film e chiamammo Ivan Cotroneo a collaborare alla sceneggiatura. Oggi, dietro invito di Marco Balsamo, quella prospettiva si realizza con un cast corale e un impianto che lascia intatto lo spirito della pellicola. Certo, ho dovuto lavorare per sottrazioni, lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma quello che il cinema mostra, il teatro nasconde, e così ho sacrificato scene e ne ho inventate altre, anche per dare nuova linfa all’allestimento. L’ambientazione pure cambia. Ora una vicenda del genere non potrebbe reggere nel Salento, perciò l’ho ambientata in una cittadina tipo Gragnano o lì vicino. In un posto dove un coming out ancora susciterebbe scandalo. Rimane la famiglia Cantone, proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre desideroso di lasciare in eredità la direzione dell’azienda ai due figli. Tutto precipita quando uno dei due si dichiara omosessuale, battendo sul tempo il minore tornato da Roma proprio per aprirsi ai suoi cari e vivere nella verità. Racconto storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi ad un cambiamento sociale ormai irreversibile. Qui la parte del pater familias è emblematica, oltre che drammatica e ironica allo stesso tempo. Le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole; i tre amici gay sono diventati due e ho integrato le parti con uno spettacolino per poter marcare, facendone perfino una caricatura, quelle loro caratteristiche che prima arrivavano alla gente secondo le modalità mediate dallo schermo. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione forte, travolgente. A questo proposito, ho tratto spunto da personali esperienze. A teatro non ci si dovrebbe mai annoiare. Sono partito da questo per evitare che lo spettacolo fosse lento. Ho optato per un ritmo continuo, che non si ferma, anche durante il cambio delle scene. Qui c’è il merito di Luigi Ferrigno che si è inventato un gioco di movimenti con i tendaggi; anche le luci di Pasquale Mari fanno la loro parte, lo stesso per i costumi di Alessandro Lai, colorati e sgargianti. Ho realizzato una commedia che mi farebbe piacere andare a vedere a teatro, dove lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori, che spesso recitano in platea come se fossero nella piazza del paese e verso cui guardano quando parlano. La piazza/pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti della pièce.
Ferzan Ozpetek
4 | 9 gennaio 2022
MARCHE TEATRO / Teatro di Napoli-Teatro Nazionale
Presentano
Orgoglio e pregiudizio
di Jane Austen
adattamento teatrale di Antonio Piccolo
regia Arturo Cirillo
con
Arturo Cirillo, Valentina Picello, Francesco Petruzzelli, Sabrina Scuccimarra, Rosario Giglio, Eleonora Pace, Giacomo Vigentini, Giulia Trippetta
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Camilla Piccioni
musiche Francesco De Melis
Perché portare a teatro “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen? Perché penso che sia una scrittrice con un dono folgorante per i dialoghi. Perché sono affascinato dall’ottocento, e dal rapporto fra i grandi romanzi di quell’epoca e la scena. Infatti provai un raro piacere, svariati anni fa, ad affrontare uno strano testo di Annibale Ruccello (strano perché al confine tra il musical e la commedia, tra la parodia e la ri-scrittura) ispirato a “Washington Square” di Henry James. Perché l’ironia di questa scrittrice, il suo sguardo acuto ma anche distaccato sui suoi personaggi l’amo molto. Perché il mondo della Austen dove apparentemente non accade mai nulla di eclatante, abitato per la maggior parte da creature che stanno abbandonando la fanciullezza per diventare ragazze da marito o giovani scapoli da sposare, mi affascina; con tutto il pudore, i turbamenti, le insicurezze, e anche l’orgoglio e i pregiudizi che la giovinezza porta con sé. Perché questo mondo sociale dove ci si conosce danzando, ci si innamora conversando, ci si confida con la propria sorella perché i genitori sono, ognuno a suo modo, prigionieri del proprio narcisismo, non mi sembra così lontano da noi. Soprattutto pensando a queste giovani eroine spinte a sposarsi anche per avere finalmente un sostegno economico, sottraendosi allo stesso tempo all’indecorosa condizione di zitelle, e allontanandosi dalle proprie famiglie d’origine. Anche se poi la povera e zitella Jane Austen (che mai riuscì invece ad abbandonare la propria famiglia) si divertì a sottrarsi a tutto questo mettendolo in scena nei suoi romanzi, che sono una spietata critica e allo stesso tempo un’amorosa dichiarazione d’appartenenza alla propria epoca. Per fare questo si cala nei suoi personaggi/alter ego amandoli e prendendoli un po’ in giro, magari standosene nascosta dietro una tenda ad osservarli, ridacchiando tra sé. Da dietro quella tenda, come nel buio di una quinta, celata agli sguardi altrui ma attenta a non farsi sfuggire nulla di ciò che accade, Jane Austen reinventa la realtà attraverso la sua rappresentazione, ma mai smettendo di essere vera. Come avviene in teatro.
Arturo Cirillo
11| 23 gennaio 2022
Teatro stabile di Verona - Centro di Produzione Teatrale
Presenta
Alberto Giusta Alessia Giuliani
Alla stessa ora, il prossimo anno
di Bernard Slade
regia Antonio Zavatteri
Può una storia d’amore andare avanti indisturbata per ventiquattro anni? “Certo!” direbbe Bernard Slade. Precisando che “il segreto è incontrarsi solo quel giorno alla stessa ora. Ogni anno”. Alla stessa ora, il prossimo anno è una commedia del 1975 di Bernard Slade, brillante autore canadese. È una commedia sentimentale di rara comicità. George e Doris, entrambi sposati, s’incontrano per caso in un motel a nord di San Franciscoe tra loro scatta subito la scintilla, complice una bistecca, specialità del ristorante del motel. La commedia raccontala loro storia d’amore, le loro peripezie sentimentali nell’arco di ventiquattro anni. Una commedia d’amore capace
di fare ridere sino alle lacrime. “Alla stessa ora, il prossimo anno è sicuramente – dice il regista Antonio Zavatteri – una commedia molto divertente su amore e adulterio, ma ancor di più è un “viaggio nel tempo” che noi spettatori facciamo seguendo le vicende dei due amanti che ogni anno si ritagliano una pausa dalla consuetudine delle loro vite, incontrandosi clandestinamente in una stanza d’albergo per trascorrere una notte di passione, e per guardare l’altro e immaginarsi una vita diversa. Noi, con loro, attraversiamo un periodo di venticinque anni e vediamo, attraverso le loro storie, il passaggio del nostro tempo provando quel brivido e quella vertigine che si prova nel fare un bilancio della propria vita. La commedia di Bernard Slade ha una storia di messe in scena molto ampia, da Broadway alle nostre sale, spesso con interpreti illustri e brillantezza da vendere, una comicità che è necessaria
e contenuta meravigliosamente nella scrittura, ma come pure è necessaria l’emozione – conclude Zavatteri – che
ci deve suscitare il riconoscerci nei protagonisti.”
25 | 30 gennaio 2021
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
presenta
Isa Danieli Giuliana De Sio
Le Signorine
di Gianni Clementi
regia Pierpaolo Sepe
la voce del mago è di Sergio Rubini
scene Carmelo Giammello
costumi Chiara Aversano
luci Luigi Biondi
Due sorelle zitelle, offese da una natura ingenerosa, trascorrono la propria esistenza in un continuo e scoppiettante scambio di accuse reciproche. È in una piccola storica merceria in un vicolo di Napoli, ormai circondata da empori cinesi e fast food mediorientali, che Addolorata e Rosaria passano gran parte della loro giornata, per poi tornare nel loro modesto, ma dignitoso appartamento poco lontano. Una vita scandita dalla monotona, ma rassicurante ripetizione degli avvenimenti. Addolorata, dopo una vita condotta all’insegna del sacrificio e del risparmio, cui è stata obbligata dalla sorella, vuole finalmente godersi la vita. Rosaria, che ha fatto dell’avarizia e dell’accumulo il fine della propria esistenza, non ha nessuna intenzione di intaccare il cospicuo conto bancario, cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni. Anche l’uso del televisore, con conseguente consumo di energia elettrica, può generare un diverbio.
Costrette a una faticosa convivenza, le due ‘signorine’, ormai ben oltre l’età da matrimonio, non possono neanche contare su una vita privata a distrarle da quella familiare. Le poche notizie che gli giungono dal mondo provengono dai pettegolezzi dei parenti o dai reality in televisione. L’unico vero sfogo per Rosaria e Addolorata sembra essere il loro continuo provocarsi a vicenda, a suon di esilaranti battibecchi senza esclusione di colpi.
Rosaria domina e Addolorata, a malincuore, subisce. Ma proprio quando le due sorelle sembrano destinate a questo gioco delle parti, un inaspettato incidente capovolgerà le loro sorti, offrendo finalmente ad Addolorata l’occasione di mettere in atto una vendetta covata da troppi anni …
Le Signorine è una commedia che sa sfruttare abilmente la comicità che si cela dietro al tragico quotidiano, soprattutto grazie a due formidabili attrici del nostro teatro, che trasformano i litigi e le miserie delle due sorelle, in occasioni continue di gag e di risate.
Nella loro veracità napoletana, Rosaria e Addolorata sanno farci divertire e commuovere, raccontando con grande ironia, gioie e dolori della vita familiare. Un testo irriverente e poetico che ci ricorda come la famiglia sia il luogo dove ci è permesso dare il peggio di noi, senza il rischio di perdere i legami più importanti.
8 | 13 febbraio 2022
Pierfrancesco Pisani per Infinito Produzioni
in coproduzione con
Ravenna Festival, Fondazione Teatro della Toscana, Teatro Franco Parenti, Teatro Abbado di Ferrara, Teatro Galli di Rimini
presentano
Elio Germano Teho Teardo
Paradiso XXXIII
di e con Elio Germano e Teho Teardo
drammaturgia Elio Germano
drammaturgia sonora Teho Teardo
con Laura Bisceglia (violoncello) e Ambra Chiara Michelangeli (viola)
regia Simone Ferrari & Lulu Helbaek
disegno luci Pasquale Mari
video artists Sergio Pappalettera e Marino Capitanio
scene design Matteo Oioli
Uno spettacolo divulgativo senza che niente sia spiegato.
Dante Alighieri, nel trentatreesimo canto del Paradiso, si trova nell'impaccio dell'essere umano che prova a descrivere l'immenso, l'indicibile, prova a raccontare l'irraccontabile.
Questo scarto rispetto alla “somma meraviglia” sarà messo in scena creando un’esperienza unica, quasi fisica per lo spettatore al cospetto dell’immensità.
Elio Germano e Teho Teardo sono la voce e la musica per dire la bellezza e avvicinarsi al mistero, mostrando quello che non si potrà mai descrivere logicamente. Il trentatreesimo canto verrà attraversato parola per parola, accompagnato dalla musica dal vivo con strumenti di tutte le epoche e giochi sonori.
Ogni parola del testo è accompagnata a sua volta dalle immagini e dagli effetti speciali di Simone Ferrari e Lulu Helbæk. Grazie alla loro esperienza, accadrà qualcosa di magico e meraviglioso, qualcosa di inspiegabile, fatto di riflessi e di luci, trascendendo qualsiasi concetto di teatro, concerto o rappresentazione dantesca.
17 | 27 febbraio 2022
Società per attori – Goldenart production
presentano
Ambra Angiolini Arianna Scommegna
Il nodo
di Johnna Adams
traduzione di Vincenzo Manna e Edward Fortes
musiche Mauro Di Maggio e Federica Luna Vincenti
scene Maria Spazzi
costumi Erika Carretta
light designer Roberta Faiolo
aiuto alla regia Gabriele Scotti
regia Serena Sinigaglia
Il nodo è ambientato in una classe di prima media della scuola pubblica di Lake Forest, piccolo centro abitato nei dintorni di Chicago. Ma attenzione: il “dove” non è importante, importante è il “quando” e soprattutto il “perché”.
Quali sono le responsabilità educative dei genitori e quali quelle delle istituzioni nei confronti dei figli? Di chi è la colpa se i nostri figli si trasformano in vittime o carnefici? Com’è possibile che si possa scatenare una violenza tale da indurre un ragazzo o una ragazza ad uccidersi? Dove sbagliamo? Chi sbaglia? Di chi è la responsabilità?
Il nodo non è semplicemente un testo teatrale sul bullismo (il che, comunque, basterebbe a renderlo assolutamente attuale e necessario), è soprattutto un confronto senza veli sulle ragioni intime che lo generano. Osa porsi le domande assolute come accade nelle tragedie greche, cerca le cause e non gli effetti. Ed è questo aspetto ad attrarmi di più. Oggi abbiamo le piattaforme digitali per raccontare storie, per denunciare fatti e azioni rilevanti. Dunque a cosa serve nello specifico il teatro? Serve a mettere a nudo, nella sintesi e nell’intensità che lo contraddistinguono, le più profonde contraddizioni dell'uomo, le ragioni ultime del suo agire.
Heather Clark e Corryn Fell non sono solo l’insegnante e la madre di Gidion. Il loro conflitto, come quello tra Medea e Giasone, tra Dioniso e Penteo, tra Eteocle e Polinice, racchiude in sé tutti noi come singoli individui e tutti noi come società. E ci pone di fronte alle nostre responsabilità: per ogni ragazzo ferito, umiliato, ma anche per chi umilia e ferisce, siamo noi ad essere sconfitti, come individui e come società, nostra è la responsabilità, nostra è la pena e il dolore. La madre e l’insegnante di Gidion combattono per salvare se stesse dal baratro della colpa e forse per cercare un senso ad una morte tanto orribile. Nel frastuono e nel clamore della loro battaglia non si accorgono che solo una voce resta muta e lontana: quella del figlio. Il nodo gordiano è un nodo che non puoi districare se non tagliandolo di netto. La metafora del titolo è dunque molto chiara: esistono conflitti che non possono più essere sciolti, ma solo recisi. E dunque: non bisognerebbe mai trovarsi in circostanze tanto estreme da risultare irrecuperabili. Educare la generazione di domani è la più sacra, la più alta responsabilità umana. Trascurarla è un atto gravissimo che porta ineluttabilmente ad altrettante gravissime conseguenze. Eppure viviamo in una società dove i genitori troppo spesso difendono ad oltranza i loro figli, difendendo in realtà nient’altro che se stessi. Una società dove gli insegnanti sono sottopagati e poco, pochissimo considerati. Una società dove un qualsiasi ragazzo ha il diritto di sentenziare sulla validità dell’insegnamento. Una società dove a volte fare l’insegnante è un ripiego, non il più nobile degli incarichi. Una società che ha rovesciato il principio cardine non solo dell’educazione ma anche del buon vivere sociale: il rispetto dei ruoli. Spesso si dice che non esistono più maestri. Il punto è, a mio avviso, che non esistono più allievi. Su Facebook, su Twitter, su Instagram, tutti possono dire la loro su qualsiasi argomento, senza averne le competenze e addirittura la benché minima esperienza. Un caos brutale nel quale facilmente restano impigliati i più fragili. Haether e Corryn sono due figure tragiche che si fronteggiano, il campo di battaglia è la classe, il tempo è quello dell’ora dei colloqui e per l’esattezza dalle 14.45 alle 16.15. Un’ora e mezza di attacchi, difese, strategie, accordi sperati e immediatamente traditi, senza sosta. Le attrici si cimenteranno in una grande prova attoriale e combatteranno per noi, sul palco, questa battaglia nella speranza che si possa tornare a parlarsi con senso di responsabilità e di rispetto. Perché parlarsi è meglio che combattersi, sempre.
Serena Sinigaglia
1 | 13 marzo 2022
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo in coproduzione con Fondazione Teatro Della Toscana
presentano
Stefano Accorsi
STORIA DI1
scritto da Lucia Calamaro – Daniele Finzi Pasca
regia Daniele Finzi Pasca
15 |27 marzo 2022
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
presenta
Alessio Boni Serra Ylmaz
Don Chisciotte
adattamento di Francesco Niccolini
liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
drammaturgia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer e Francesco Niccolini
con
Marcello Prayer e
Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico
ronzinante Nicolò Diana
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Davide Scognamiglio
musiche Francesco Forni
regia Alessio Boni - Roberto Aldorasi - Marcello Prayer
Chisciotti e cavalieri erranti, sparpagliati per il mondo o chiusi dentro le mura, sono sempre gli stessi, quelli di un tempo, quelli di oggi e quelli di domani, savi e pazzi, eroi e insensati. Non sono venuti al mondo per vivere meglio o peggio. Quando l'universo nella solitudine si abbandona alle proprie miserie, loro pronunciano parole di giustizia, d'amore, di bellezza e di scienza. Chi si rende volontariamente schiavo non maledice l'esistenza.
Fernando Arrabal, Uno schiavo chiamato Cervantes
Chi è pazzo? Chi è normale?
Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici.
La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani.
L'animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L'uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l'ha reso immortale.
È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete - avvalendosi del sogno, della fantasia, dell'immaginazione - sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte.
Alessio Boni
E io dico che Don Chisciotte e Sancho vennero al mondo affinché Cervantes potesse narrare la loro storia e io spiegarla e commentarla, o meglio, affinché Cervantes la raccontasse e la spiegasse e io la commentassi.
Può raccontare, spiegare e commentare la tua vita, mio caro Don Chisciotte, soltanto chi è stato contagiato dalla tua stessa follia di non morire.
Allora, intercedi in mio favore, o mio signore e padrone, affinché la tua Dulcinea del Toboso, ormai disincantata dalle frustate di Sancho, mi conduca mano nella mano all’immortalità del nome e della fama. E se la vita è sogno, lasciami sognare per sempre!
Miguel de Unamuno, Vita di Don Chisciotte e Sancho
29 marzo |10 aprile 2022
NUOVO TEATRO diretta da Marco Balsamo
presenta
Sergio Rubini
Ristrutturazione
ovvero disavventure casalinghe raccontate da Sergio Rubini
scritto da Sergio Rubini e Carla Cavalluzzi
musiche eseguite dal vivo da Musica da Ripostiglio
Luca Pirozzi chitarra e voce
Luca Giacomelli chitarra
Raffaele Toninelli contrabbasso
Emanuele Pellegrini batteria
regia Sergio Rubini
Dopo anni passati a pagare l’affitto, metti che un bel giorno ti svegli e decidi di starla a sentire quella vocina che da anni ti dice di fare quel passo che non hai mai avuto il coraggio di fare: metterti sulle spalle un mutuo e comprare finalmente una casa tutta tua. I benefici di essere proprietario di un immobile li conoscono tutti. Ciò che nessuno dice sono i sicuri disastri a cui andrai incontro il giorno in cui deciderai di mettere quell’unico bene che possiedi nelle mani di una ristrutturazione. Ristrutturazione è il racconto appunto, in forma confidenziale, della ristrutturazione di un appartamento, un viavai di architetti e ingegneri, allarmisti e idraulici, operai e condòmini. Una pletora di personaggi competenti e incapaci, leali e truffaldini, scansafatiche ed operosi fino all’esaltazione che si avvicendano nella vita dello sfortunato padrone di casa stravolgendola senza pietà. E questa vita sconvolta lo è ancor di più se i padroni di casa sono due, un Lui e una Lei, con i loro diversi punti di vista, la loro diversa capacità di resistere all’attacco quotidiano delle truppe corazzate che trasformano il loro “nido” in una casa occupata. E quando il tubo di scarico si intasa allagando la camera da letto, sembrerebbe che anche le fondamenta che reggono la stabilità della coppia stiano per cedere... Accompagnato e intervallato dai motivi e dalle atmosfere di una band musicale, il racconto prende il via da molto lontano: una prima casetta a Roma, un seminterrato con un problema idraulico per il quale si offre di dare una mano un maldestro autista di cinema che finirà per trasformare il seminterrato in una piscina; e poi il bell’attico tra i tetti della capitale dall’affitto galattico dove però non funziona niente, dal citofono all’acqua calda. Per finire con l’acquisto tanto desiderato di una casa propria, la prima casa, ed è allora che il fenomeno della ristrutturazione si abbatte sui due sventurati inesorabilmente. Una vasca da bagno da costruire in loco, delle tende frangisole automatizzate, l’installazione dell’allarme e delle relative telecamere, l’azzeramento di un vergognoso odore di fogna che non molla la presa per ben trenta giorni, sono le stazioni attraverso le quali si snodano le vicissitudini del protagonista e della sua compagna che a loro volta vengono fuori da quel turbinio di eventi, stressati ma ristrutturati... se non che l’arrivo della pandemia azzera tutto, imponendo nuove regole e nuovi codici: un nuovo mondo che necessita a sua volta di una ristrutturazione profonda e collettiva per poter ricominciare a girare.
21 |24 aprile 2022
Argot Produzioni e Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito Produzioni
presentano
Lodo Guenzi
Uno spettacolo divertentissimo che non finisce assolutamente con un suicidio
di Nicola Borghesi e Lodo Guenzi
consulenza drammaturgica Daniele Parisi e Gioia Salvatori
regia di Nicola Borghesi
Uno spettacolo che nasce da un’amicizia lunga venticinque anni su trentacinque, quella tra Lodo Guenzi e il regista Nicola Borghesi.
Partendo da nessuna idea precisa né un piano, i due hanno lavorato sull’autobiografia di una persona abbastanza famosa, Lodo, il che la rende da una parte potenziale oggetto di interesse per un numero maggiore di persone, dall’altra aumenta la diffidenza per il genere, dall’altra ancora permette di vedere dall’interno posti, come Sanremo o X-Factor, che di solito si vedono nella loro versione confezionata per il pubblico. Dall’unione di questi tre dubbi nasce “Uno spettacolo divertentissimo che non finisce assolutamente con un suicidio”.
Il percorso di una persona attraverso la fama, parola quanto mai controversa, può diventare una parabola nella quale più persone possono riconoscersi: la vita delle persone, generalmente, consiste nel sopravvivere lasciandosi dietro macerie. Tutto questo è terribile, ma fa anche ridere. La parte che fa ridere è quella non ancora del tutto compromessa con un sistema tarato per appiattire tutto, per rendere tutto omogeneo e inoffensivo. Mentre il successo, che da fuori sembra spensierato e piacevole, da dentro è terribile come tutto il resto, anche se in modo diverso.
E poi, infine, c’è il teatro. Quello spazio e quel tempo in cui tutto quello che generalmente nel mondo dello spettacolo deve essere compresso e semplificato, può trovare spazio. Quel luogo in cui non si va solo avanti, ma si sta anche volentieri fermi o addirittura, si torna indietro a cercare qualcosa di prezioso che abbiamo smarrito. Quella cosa per cui, alla fine, di vivere, ne vale la pena.
29 |30 aprile 2022
SAVÀ produzioni creative presenta
in accordo di distribuzione con BALLANDI.
Giovanni Vernia
Vernia o non Vernia
Vernia o non Vernia è la vera novità teatrale.
Chiunque conosca Giovanni Vernia, associa il suo nome alle irresistibili maschere con cui ha conquistato tv e web, ed è in questo spettacolo che l’artista racconta da dove nasce la sua “follia comica”.
È un demone interiore il suo, che comincia ad apparire da bambino, stimolato dalla Genova in cui è cresciuto e dagli stravaganti parenti pugliesi e siciliani.
Ed è una sorta di spiritello dispettoso, che si manifesta in modo sempre più invadente durante la sua carriera da ingegnere, costringendolo a diventare comico di professione.
Questo nuovo spettacolo è un esercizio di leggerezza intelligente, dove la storia personale dell'artista, si sovrappone ad un divertentissimo ma acuto viaggio attraverso i luoghi comuni di questi strani tempi moderni. Ne emerge uno showman completo, che spazia con disinvoltura dal racconto alla parodia, dal canto al ballo, creando un rapporto col pubblico unico e coinvolgente.
E dopo una serata irresistibile vi chiederete: “ma era Vernia o non era Vernia?”.
6 |7 maggio 2022
Andrea Pennacchi
Pojana e i suoi fratelli
di e con Andrea Pennacchi
musiche dal vivo di Giorgio Gobbo e Gianluca Segato
produzione Teatro Boxer
in collaborazione con People
distribuzione Terry Chegia e SAVA’ Produzioni Creative
I fratelli maggiori di Pojana: Edo il security, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero e altri, videro la luce all’indomani del primo aprile 2014.
Mentre Franco Ford detto “Pojana” era già nato. Era il ricco padroncino di un adattamento delle “Allegre comari di Windsor” ambientato in Veneto, con tutte le sue fisse: le armi, i schei e le tasse, i neri, il nero.
In seguito, la banda di cx noi. Il personaggio nasce dalla necessità di raccontare alla nazione le storie del nordest che fuori dai confini della neonata Padania nessuno conosceva. È significativo e terribile che i veneti siano diventati, oggi, i cattivi: evasori, razzisti, ottusi. Di colpo.
Da provinciali buoni, gran lavoratori, un po’ mona, che per miseria migravano a Roma a fare le servette o i carabinieri (cliché di molti film in bianco e nero), a avidi padroncini, così, di colpo, con l’ignoranza a fare da denominatore comune agli stereotipi.
Un enigma, che si risolve in racconto: passando da maschere più o meno goldoniane a specchio di una società intera. Una promozione praticamente.
Ed eccolo qui, Franco Ford detto il Pojana, con tutti i suoi fratelli a raccontare storie con un po’ di verità e un po’ di falsità mescolate, per guardarsi allo specchio.
13 |15 maggio 2022
ITC 2000
presenta
Geppi Cucciari
Perfetta
di
Mattia Torre
Perfetta è un monologo teatrale che racconta un mese di vita di una donna attraverso le quattro fasi del ciclo femminile. Una donna che conduce una vita regolare, scandita da abitudini che si ripetono ogni giorno, e che come tutti noi lotta nel mondo. Ma è una donna, e il suo corpo è una macchina faticosa e perfetta che la costringe a dei cicli, di cui gli uomini sanno pochissimo e di cui persino molte donne non sono così consapevoli. Perfetta è la radiografia sociale ed emotiva, fisica, di 28 comici e disperati giorni della sua vita.