Recensione del concerto ‘Vox Humana’ di Elsa Martin al teatro Plinio Clabassi di Sedegliano, il 17 dicembre 2023
Plinio Clabassi è stato un grande basso. Nato in Friuli, protagonista di spettacoli entrati nella storia della musica del Novecento, spesso accanto a Maria Callas, il suo paese d’origine gli ha intitolato il teatro comunale. Uno spazio prezioso, che è inserito nella rete dell’Ert, ma che propone anche progetti autonomi.
Fra queste, a chiudere una serie di iniziative di sensibilizzazione contro il tema
della violenza sulle donne, lo spettacolo di una artista dalle notevoli capacità vocali e dalla personalità luminosa, capace di proporre una serata raffinata ma decisamente complessa ad un pubblico sicuramente non avvezzo a simili offerte e suscitare un entusiasmo che commuove: Elsa Martin.
Settanta minuti di sperimentazione musicale dura, vera, alle volte spinosa, con una voce capace d’inerpicarsi su note stratosferiche e sprofondare negli abissi un secondo dopo, sola in scena, accompagnandosi con strumentazioni elettroniche, ma anche tradizionali, in cerca di suoni da plasmare, accarezzare, rincorrere, evocare. La richiesta di nessun applauso, per non interrompere la narrazione rende ancora più forte il coinvolgimento della sala, affollata anche se non completamente occupata.
Il grande tema della serata è la poesia, resa attraverso i versi di alcune poetesse e dalla musica, che ad eccezione di un canto popolare, è firmata dalla stessa Martin.
L’incontro è aperto dai versi di ‘Giuro’, poesia di Mariangela Gualtieri, declamati con grande intensità dalla cantante, che ha alle spalle anche esperienze teatrali.
Ogni parola, come sarà per tutti i brani, è scavata nei suoi significati più intimi, ma anche esaltata nel suono. I silenzi troneggiano parlanti in una recitazione mai scontata e mai compiaciuta.
In continuità con la fine della poesia parte il primo frammento di quella che di fatto si configurerà come una lunga suite: ‘Ceresars’, sui versi omonimi di Novella Cantarutti, poetessa friulana che ha saputo raccontare la sua terra con raffinatezza.
L’atmosfera è onirica, come se fossimo in un paesaggio avvolto dalla nebbia, che il canto rende pian piano più nitido, anche attraverso un gioco di ripetizioni e da capo, che mostrano la solidità della tecnica di questa musicista.
Il passo successivo è dedicato ad Emily Dickinson, con ‘Delight’, giocata sulle suggestioni di allitterazioni, ripetizioni e sovrapposizioni del canto su delle registrazioni realizzate in diretta, che consentono alla voce di stupire in suoni quasi astratti, a cavallo fra la suggestione di uccelli fra saltabeccano fra i rami di un albero e l’aprirsi del giorno, a dare suono alla meraviglia dell’attimo.
‘Diham Piham’ di Antonella Bukovaz, presente in sala, è reso con una composizione musicale dalla struttura libera, verrebbe da dire informale, nella quale il verso pare abbandonare il significato formale per abbracciare una dimensione sonora, esaltata nella chiusura, nella quale assistiamo alla rinuncia all’accompagnamento e la proposta di una nudità vocale e narrativa fortissima.
‘Zora’, sempre della Bukovaz, permetta alla Martin di evocare atmosfere d’oriente, grazie anche all’impiego del tamburello ed ad un gioco di variazioni musicali con una crescita di ottava di grande impatto.
La Martin lamentava nei giorni precedenti al concerto un abbassamento di voce preoccupante, che però non inficia la sua prestazione, che prosegue, fra suoni di conchiglie e variazioni musicali, con altri versi di Novella Cantarutti: ‘Fueis Moti’. Il racconto musicale è dominato da vocalizzi, fiati lunghi e giochi sonori, ma non dimentica la parola, che nitida arriva e descrive ‘nell’ansito delle foglie mosse freschezza e palpito di luce’.
Viene ad inserirsi perfettamente nel racconto musicale un brano popolare carnico, arrangiato con bravura: ‘Lu faset’, accompagnato con sonorità antiche ed interpretato con una mimica fortemente caratterizzata, che trasformano la cantante in una sorta di Madre Dolente, scolpita dai sacrifici della vita in montagna.
Molto intenso il viaggio di un seme, metafora del pensiero, travagliatissimo percorso che nell’intensità sonora di ‘Falling’, nel quale si incatenano i versi di Rebi Rivale ed Antonella Bukovaz, fa entrare il pubblico in un percorso che dalle profondità dell’io lo spinge, non senza fatica, verso la superficie. Il reiterare delle frasi mostra una crescente rinuncia al significato complessivo, che dopo essere stato ben scandito, lascia lo spazio alle singole parole, al loro specifico significato, fino a costruire una struttura di rimandi e riferimenti, anche inconsci, magica ed astratta, quasi un respiro ancestrale che fa aprire lo sguardo ad un giorno nuovo.
La serata è conclusa da una sontuosa visione dei versi di ‘Da Qui’ di Mariangela Gualtieri e dal ritorno ai versi di ‘Giuro’, coniugati a ‘Veni di Losour’ della Cantarutti, questa volta accompagnati da un sottofondo musicale dirompente, che porta la luce dell’arte alla fine di un percorso iniziatico alla scoperta di sé stessi.
Il pubblico rimane in silenzio alcuni secondi, lunghissimi, dopo l’ultima nota. Quasi a digerire una proposta fortissima, impegnativa, per poi esplodere in un applauso convinto e fragoroso. A dimostrazione che nonostante la struttura musicale sia stata complessa, la composizione abbia toccato anche corde dolorose e sicuramente la proposta sia quanto di meno affine al periodo natalizio, la proposta di Elsa Martin ha vinto.
Non solo per la grande capacità narrativa della sua musica e la preziosità della voce, ma per la coerenza e l’onestà di un percorso artistico adamantino, che auguriamo a tutti di poter presto incontrare.
Gianluca Macovez
27 dicembre 2023