Domenica, 24 Novembre 2024
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Emmanuel Pahud: atmosfere impressioniste a Roma

#recensione

Report del concerto di Emmanuel Pahud ed Éric Le Sage all'Aula Magna de La Sapienza il 15 marzo 2016

Arriva a Roma il flautista svizzero-francese Emmanuel Pahud in duo con il pianista francese Éric Le Sage in un concerto improntanto all'eclettismo e all'impressionismo emotivo.

Apre la serata la Sonata FP 164 di Francis Poulenc. E' la cronologicamente più avanzata del programma in quanto viene composta dal pianista francese tra la fine del 1956 e l'inizio del 1957 durante il soggiorno a Cannes seguito alla morte dell'amato Lucien dovuta alle complicazioni di una pleurite. 

Tutta la composizione è pervasa da una malinconia di fondo tratteggiata dalle timbriche sognanti del flauto che primeggia sul pianoforte rilegato all'accompagnamento ma che nonostante tutto a più riprese emergerà (sopratutto nel conclusivo Presto giocoso) costellando il disegno melodico di ribattuti e sincopati, figurazioni ritmiche che slacieranno la melodia principale verso registri sempre più acuti, metafora della malsana nevrosi dei tempi moderni.

Prosegue con la Sonata in re maggiore op. 94 di Sergej Prokof'ev. Una composizione dell'ultimo periodo artistico del grande pianista russo che colpisce sia per la sua strutturazione (è molto tradizionale essendo suddivisa in quattro movimenti) sia per l'esecuzione di Pahud che fin dalle prime note è calda ed avvolgente e mantiene queste sfumature timbriche anche quando il ritmo si fa più serrato e il pianoforte a tratti spigoloso.

Dopo la pausa riprende con la Sonatine di Henry Dutilleux, lavoro commissionato nel 1943 al compositore francese dal Conservatorio di Parigi per fini didattici. Un lavoro interessante sia a livello emotivo, risente fortemente dell'influenza negativa della seconda guerra mondiale, sia per quel che riguarda Dutielleux che nonostante i suoi 27 anni riesce già a far trasparire tutta la sua maturità artistica. La melodia portante del flauto sognante e misteriosamente rarefatta (richiama molto Debussy) viene improvvisamente rotta da una tesa inquietudine che si concretizza nel rincorrersi col pianoforte attraverso un ipnotizzante dedalo di arabeschi sonori e passaggi modali violenti e sinuosi.

Chiude la serata l'arrangiamento di Pahud della Sonata n.1 in la maggiore op. 13 di Gabriel Fauré per violino e pianoforte. Composta tra il 1875 e il 1876 nasce sull'onda della nuova voglia di rinnovamento promulgato dalla "Société nationale de musique". Articolata nei quattro tradizionali movimenti si discosta dall'ordinario per il suo intento di dare eguale varietà espressiva ad entrambe gli strumenti in gioco intessendo un dialogo che dalle prime battute sognanti e pastoroli evolve in atmosfere evocative che pur spezzate dai contrasti del rapido attacco del brillante terzo movimento riprendono per chiudere in cerchio, in  chiusura della sonata, riportandoci al puntato scherzo iniziale.

L'Aula Magna era gremita ed il pubblico talmente entusiasta che Emmanuel Pahud ed Éric Le Sage non hanno potuto non fare non uno ma ben due bis, continuando il discorso iniziato poco prima eseguendo la Papillon e la Sicilienne di Fauré.

 

Fabio Montemurro

17 marzo 2016

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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