Recensione del Terzo concerto stagione “Specchi del tempo”, al Teatro Costanzi il 31 gennaio 2016
Apre la serata il Concerto per pianoforte e orchestra n.4 di Ludwig van Beethoven che vede il debutto di Sunwook Kim al pianoforte sul palcoscenico romano.
Il noto brano di Beethoven datato 1806 è formato da tre movimenti che lasciano già intravedere gli spunti compositivi che porteranno da lì a un paio d'anni alla composizione della Sinfonia n. 5. Palese è in questa partitura, che apre con il primo movimento in forma di sonata per poi alternarsi dialogando e sovrapponendosi all'orchestra, quanto Liszt prenderà poi da Beethoven sia sul livello espositivo che espressivo.
Il pianista coreano nella prima parte mantiene un certo rigore tecnico ed espressivo che nella seconda parte dell'esecuzione cede il passo a minori tecnicismi (pesta letteralmente i tasti del pianoforte) in luogo di un maggiore impatto emozionale col pubblico.
Dopo la pausa si riprende con Prom di Franco Donatoni del 1999. Penultima composizione del Maestro italiano prima della morte avvenuta poco meno di un anno dopo. Commissionatagli dalla BBS questa breve opera è emblematica di tutto il disordine interiore che fin dalla giovinezza aveva minato periodicamente la salute del compositore veronese. Si nota come nell'ultima parte Donatoni abbia avuto grande difficoltà a portare a termine l'atto compositivo e nonostante siano intervenuti in in più riprese i suoi assistenti il risultato finale è comunque lacunoso. Questo non priva comunque di fascino, espressività e bellezza questa composizione nella quale il Direttore Tito Ceccherini ha voluto sottolineare i vuoti compositivi con un vero e proprio soffio.
Ha chiuso la serata la Sinfonia n.5 di Jean Sibelius . Composizione controversa del violista finlandese che vide una prima stesura nel 1915 e poi successivi rimaneggiamenti nel 1916 e nel 1919. Anche in questo caso un artista con un rapporto molto tormentato con l'atto compositivo, basti pensare che passò gli ultimi 30 anni della sua vita senza comporre nulla a parte un paio di episodi isolati e che come ricorda la moglie "si liberò letteralmente di questa sua sofferenza interiore e fisica il giorno che gettò nel camino acceso tutte le sue partiture". Una sinfonia che risente della cultura e della tradizione nordica; un lavoro intimo, dall'andamento allegro ma a tratti solennemente eroico.
Interessante il pianoforte di Sunwook Kim, brillante la direzione di Tito Ceccherini noto al pubblico per le sue direzioni di compositori slavi del '900, in ultimo buona l'esecuzione dell'orchestra del Teatro dell'Opera di Roma che riesce piacevolmente a passare di autore in autore e di stile in stile senza alcuna difficoltà tecnica e formale.
Fabio Montemurro
2 febbraio 2016