Lunedì, 25 Novembre 2024
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#checlassico una nuova rubrica per riscoprire i grandi classici: Il Decameron di Boccaccio

La riscoperta dei classici: una nuova rubrica che terrà compagnia ai nostri lettori in questo momento in cui saremo lontani dal teatro. Iniziamo a scoprire cosa ha ancora da dirci oggi il Decameron di Giovanni Boccaccio. Il nostro # è #checlassico commentate sui social e buona lettura!

…pervenne la mortifera pestilenza (…) alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle (zone) d’innumerabile quantità di viventi avendo private, senza ristare, d’un luogo in uno altro continuandosi, verso l’Occidente miserabilmente s’era ampliata. E contro quella, non valendo alcuno senno né umano provvedimento, per lo quale (attraverso il quale) fu da molte immondizie purgata la città da persone destinate a quest’ufficio e vietato l’entrarvi dentro a ciascuno infermo e molti consigli dati a conservazion della sanità (…), quasi nel principio della primavera dell’anno predetto (1348), orribilmente cominciò i suoi dolorosi effetti, e in miracolosa maniera, a dimostrare. (…) E fu questa pestilenza di maggior forza per ciò che essa (attraverso la quale) dagl’infermi di quella, per lo comunicare insieme, s’avventava ai sani (…) chè non solamente il parlare e l’usare con gl’infermi dava ai sani infermità o cagione di comune morte, ma ancora il toccare i panni o qualunque altra cosa da quegli infermi stata toccata (…).

                                                                                                                                         Decameron, Prima giornata

Ritornare su un classico della letteratura del 1300 come il Decameron, in questo preciso momento storico in cui il villaggio globale è attanagliato dalla pandemia Covid-19, ha un effetto agghiacciante. Se non fosse per la differente velocità del contagio su scala planetaria nel periodo medievale, sembrerebbe parlare di oggi. Come molti rintracceranno nei ricordi scolastici, la peste del 1348 che sconvolse l’Europa all’epoca, fa da sfondo alla raccolta delle cento novelle riunite in una cornice che le scansiona in dieci giornate. Quest’opera è in primis una testimonianza storica di come venne affrontata l’emergenza di una violenta ed inaspettata epidemia con i pochi strumenti a disposizione al tempo. Da un punto di vista storico, il confronto tra epoche così distanti, anche oggi, può risultare interessante.

Ma non è solo quest’aspetto che ci spinge alla rilettura di questo classico, possiamo riferire molte motivazioni per farlo. La straordinaria modernità dell’opera è rintracciabile prima di tutto nella dedica al mondo femminile e nella scelta dei protagonisti: sui dieci appartenenti all’allegra brigata, sette sono donne, caratteristica inconsueta in un’opera medievale. Boccaccio riconosce i limiti e le imposizioni imposte al genere femminile e decide di scrivere le novelle per confortare le donne nei giorni di dolore, giorni in cui l’unica consolazione è la lettura. Allo stesso tempo le allieta rendendole protagoniste delle giornate di reclusione, allontanandole così dal flagello della peste. Un altro punto di originalità risiede nel contrasto tra la cornice della peste e il contenuto delle novelle. Infatti da una parte dilaga la morte e l’umanità tocca infimi livelli di abiezione per salvarsi, dimenticando i valori, la solidarietà, il rispetto e ordine sociale, dall’altro abbiamo un luogo isolato in cui dieci ragazzi e ragazze, scappano dal flagello e convivono a stretto contatto ricercando la vitalità e la spensieratezza nella narrazione di brevi racconti organizzati in base al tema della giornata. Abbiamo più livelli: un esterno basato sullo sfacelo e un interno che cerca di ricostruire il benessere e l’ordine sociale perduto. Le novelle raccontano in modo realistico e spregiudicato un’umanità che si esprime in tutte le sue sfaccettature. Senza il velo dell’ipocrisia, Boccaccio narra avventure e disavventure con protagonisti appartenenti all’emergente borghesia, ci parla di amori fedifraghi, di amori infelici, del clero poco dedito alle faccende spirituali, dell’intraprendenza e dell’astuzia di alcuni animi a cui è perdonata anche la mancanza di un’etica, senza lesinare di soffermarsi sull’aspetto licenzioso.

È uno scandaglio a tutto tondo della mentalità mercantile medievale, senza filtri e perbenismi, ma soprattutto senza giudizi. Boccaccio si astiene da moralismi, racconta la realtà umana tentando di essere il più possibile obiettivo. Il Decameron si struttura, in un’ultima analisi, sull’antitesi tra la vita e la morte. I dieci protagonisti rappresentano la risposta della vita davanti alla morte e la letteratura ci appare come una soluzione vitale alla dilagante sofferenza e alla reclusione forzata. La bellezza di questo componimento può essere sintetizzata in tutte queste ragioni e anche i lettori contemporanei possono continuare a trovare spunti e interessi per accostarsi a questa lettura, ancor di più nelle odierne traduzioni che rendono più fruibile il testo rispetto al fiorentino del 1300. 

 

Mena Zarrelli

14 marzo 2020

 La Platea, la rivista dedicata al mondo del teatro e dell'arte. Registrata al Tribunale di Roma, n° 262 del 27 novembre 2014
 

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